CITTA' DELLA MIA
GIOIA
da Camminiamo Insieme - anno
25, n.9 del 28/10/2007
di Don Piergiorgio Solbiati

II ritornello del
Salmo Responsoriale "Gerusalemme, città della mia gioia!" di un giorno d'inizio
ottobre mi è parso particolarmente ricco di suggestioni. Anche Quasimodo rimase
catturato dal salmo 136 a cui appartiene questo versetto. L'esilio del popolo
ebreo a Babilonia fu di certo esperienza pesante dopo la distruzione totale
di Gerusalemme ad opera di Nabucodonosor. I libri biblici di Esdra e Neemia
esprimono riconoscenza ai re persiani per la possibilità di ritornare a ricostruire
la città e ad abitarvi.
Per tener lontani
i nemici, l'impresa deve iniziare dalle mura e dalle porte.
Noi oggi non fortifichiamo
più la nostra città con torri e baluardi, occorre però preservarla dai pericoli
antichi e sempre nuovi. L'idolatria che è porsi al servizio di una realtà
importante, ma segnata dalla precarietà. Anzi appunto per darsi sicurezza
da questo spauracchio ci si inoltra sempre più in nuovi legami.
Inevitabile esito
è quell'individualismo capace di rovinare anche scelte fondamentali e volute,
come la famiglia.
Si approda inevitabilmente
sulla sponda delle lottizzazioni di potere non più al servizio della città,
ma della riuscita della propria linea o parte.
Così non si ha "la
città della mia gioia" in senso generale ma solo in termini funzionali a quanto
io ritengo.
Una città si presenta
come insieme di famiglie che nella casa riconoscono l'ambito privilegiato
per crescere in armonia, educare i figli secondo la legge dell'amore che li
ha generati, allacciare relazioni di collaborazione con vicini e parenti.
I luoghi di lavoro,
sanità, istruzione e divertimento si collocano nella città a vantaggio dei
cittadini, se gestiti con professionalità e competenza, onestà e tensione
a favorire il buon vivere di tutti.
Le istituzioni hanno
sempre da rinnovarsi per offrire risposte adeguate alle urgenze della vita
civica, religiosa e di ordine pubblico.
Diversamente si gestiranno
solo ambienti ed ambiti senza offrire quella bontà di vita che è garantita
dal bene comune.
Segnati da una mentalità
idolatrica, individualista e di sicurezza ad oltranza si arriva, al più, ad
un percorso ad ostacoli, messi non dalle reali difficoltà, ma da noi stessi.
II comportamento
diventa stile che non favorisce certo il buon vivere in una città.
Una seria attenzione
alla famiglia, agli ambiti socio-educativi penso possano essere il bene comune
per cui lavorare tutti insieme, con scelte concrete che favoriscano il superamento
di pericolosi fattori disgreganti e spersonalizzanti.
Ogni persona si vedrà
crescere e si sentirà trattata con dignità. Ne nasceranno relazioni significative
e utili per tutti.
Luino città della
mia gioia.
don giorgio