CHE FATICA IMPARARE!
da Camminiamo Insieme - anno
25, n.8 del 21/10/2007
di Don Piergiorgio Solbiati

"Durante la vita
c'è sempre da imparare" è un'affermazione che tutti siamo pronti a sottoscrivere
salvo poi impiantarci come maestri che hanno sempre da insegnare.
Mi accorgo di questa
grossa distanza tra il dire e il fare dopo ogni discussione, l'evidente provocazione
di un adolescente, la chiara pretesa di chi vuole a tutti i costi qualcosa,
la sicurezza di chi perentorio afferma l'immancabile giustificazione per un'inadempienza,
l'astuzia di chi decanta un prodotto. Un giovane papa legge la mia stanchezza
e annota che però lavorare in fabbrica è ben più duro. Ha certamente ragione
per la fatica fisica che per lui è ben superiore a quella della testa: questa
che fatica è?
Ascoltare è una grande,
bella ed edificante attività se il racconto è segnato da confidenza di uno
stato d'animo, animato dal desiderio di un confronto, interessato a fare chiarezza,
aperto ad una collaborazione, maturo e pronto per una corresponsabilità.
Qui c'è una salutare
fatica.
Di ben altra natura
è la fatica che occorre affrontare dall'alba al tramonto. Una mamma mi confida
che non vede l'ora in cui i figli vanno a letto, per un po' di quiete, dopo
un continuo assalto di richieste, considerazioni, battute... Anche a questo
livello si può reggere perché, come annota questa mamma, è bello convivere
con questa confidenza. Se c'è qualcosa che indispone è l'essere trattato alla
pari da chi non riveste lo stesso ruolo. Ogni professionista è geloso del
suo ambito, sapere, competenza, conoscenza e non accetta interferenze, generalizzazioni,
intromissioni, pressapochismi... L'atteggiamento del cattedratico, dello scienziato,
del tecnico, dello specialista... mi segna al punto da farmi reagire, lasciandomi
coinvolgere in discussioni che potrebbero continuare all'infinito senza costrutto
con tanti: "tu hai detto e ora ti contraddici; ma conosci il significato delle
parole? aggiornati!". La polemica non aiuta, anzi spesso scava fossati di
diffidenza tali che non è facile colmare, anzi possono rimanere aperti per
tutta una vita. Questo logora, rovina la vita, rende irascibili, capaci di
reazioni esagerate. Allora il ruolo e l'età, la condizione sociale e la competenza,
la capacità e la professionalità uno non può dimenticarli. E' importante non
assumerli come unica risorsa a cui aggrapparsi.
C'è la risorsa dell'imparare
che mi sta interessando e per sfruttarla mi occorre deporre la toga della
mia condizione e, zeppo di voglia di apprendere, stare in ascolto. Ma c'è
un sottofondo di orgoglio che si fa strada, mi blocca e preferisce la discussione,
la contrapposizione, l'indifferenza; ho provato a riconoscere la bontà dell'idea
di un'altra persona, subito sono passato alla collaborazione; abbiamo suonato
a quattro mani una melodia appassionante.
E' difficile ma il
risultato è totalmente diverso dallo zittire, alzare la voce, allontanarsi
immusonito... Mi riprometto, da qualche giorno, di non dissertare sull'importanza
di imparare, ma di mettermi nei panni dello scolaro. Questo mi sta giovando
nell'esercizio della responsabilità che mi ritrovo addosso e che mi porta
a delle decisioni che riesco a prendere per il contributo di tante persone
che non si impongono ma si propongono con sapienza.
don giorgio