C'È PIÙ GIOIA NEL DARE CHE NEL RICEVERE
da Camminiamo Insieme - anno
25, n.25 del 24/02/2008
di Don Piergiorgio Solbiati

Sarà il
clima, sarà qualche pensiero, qualche mancato risultato o altro ma arrivo,
a volte, a toccare con mano una insoddisfazione che tende ad allargarsi come
i cerchi nel lago quando vi butto un sasso. Un simile stato d'animo non mi
piace, non posso tenerlo come compagnia, né mi va di provocare domande sulla
salute. Ne deriva una malavoglia e pigrizia che fanno rimandare, accantonare,
sopportare, subire, giustificare, incolpare... Dai tempi della giovinezza
mi sono imposto, al sopravvenire di simili stati d'animo, di guardarmi allo
specchio e chiedermi a chi voglio "farla pagare". Ora, non mi basta più una
simile accortezza, ho iniziato a capire la verità di una frase del Vangelo
"c'è più gioia nel dare che nel ricevere". Mi fermo sulla parola "gioia" che
non ha spazio in chi è triste o zeppo di malavoglia. Scrivo questi miei pensierini,
mentre sto in attesa, come ogni sera, di chi possa avere bisogno di me. Potrei
occupare il tempo in tanti modi, ho scelto questo di scrivere anche se sono
stanco. So che, nel procedere mi appassiono all'argomento al punto che, alla
fine, sono contento. Chiedo scusa per la banalità di questa gioia, ma sto
facendo proprio l'esperienza che la gioia non arriva addosso chissà da dove
o chissà perché, ma se non le preparo la strada, non le faccio spazio e non
provo lei resta fuori di me. Siamo in Quaresima e tutto congiura a deprimerti:
il colore dei paramenti che il sacerdote indossa per la messa, l'assenza di
fiori in chiesa, ma soprattutto quelle parole digiuno, sacrificio, elemosina,
penitenza, preghiera, riflessione... Non per niente quando uno è depresso,
gli si attribuisce una faccia da Quaresima. Mi fa "rabbia" pensare che i cristiani,
da tanti, vengano visti così. Se riesco a digiunare, limitando in modo consistente
il mio nutrimento, avverto che questo dominio fa bene a me spiritualmente
ma anche fisicamente. Esprimere controllo e padronanza su sé stessi era già
fonte di soddisfazione per gli stoici. Si aprono orizzonti nuovi mai sperimentati
che mi conducono ad un digiuno che va oltre gli alimenti e prende in considerazione
i miei sensi a cui posso offrire alternative significative e non ripetitive.
Mi ritrovo ad utilizzare serenamente il tempo come bene che .attende inventiva
e sacrificio. E' chiaro che, per andare al Carmine a celebrare la messa ci
arrivo prima in auto. Ma vuoi mettere andarci a piedi accompagnato dal saluto
dei passanti, dal lago e dai monti e con dentro una serenità che passo dopo
passo prende consistenza? Conosci anche tu la bellezza di tenere un fiore
sul tavolo mentre lavori o sentirti strattonare da un bambino che ti vuole
dire che c'è anche lui? Mi ritrovo solo in chiesa non a dire preghiere ma
a' stare un po' con il mio Signore perché forse Lui ha qualcosa da farmi capire.
Questa è un'esperienza che sto facendo da tempo e di cui sto prendendo coscienza
e so che altro mi attende per una gioia che nessuno può rapirmi.
don giorgio