da Camminiamo Insieme - anno 24,
n.6 del 08/10/2006
Nel nostro cammino di vita umana e cristiana cerchiamo di
riuscire, di essere delle persone realizzate, che non fanno fallimento. Non
solo, ma ci mettiamo con accanimento anche sulla via spirituale. So che molti
dicono tante preghiere, rosari, dedicano magari al mattino un'ora alla preghiera
vocale o a meditare. E questo è senz'altro buono. Ci sono persone che dedicano
tempo per visitare infermi. E anche questa è una bellissima cosa. Ci sono
persone che mettono nella propria giornata, ogni cosa al suo posto, sono veramente
determinate nell'organizzarsi così da non perdere tempo. Ci sono persone che
cominciano un cammino di ascesi, e quindi migliorano la propria vita, non
dicono "ho questo carattere, me lo tengo", ma dall'ira arrivano alla mitezza,
dal parlare a vanvera e a vuoto arrivano a vedere i lati e gli aspetti buoni.
Ci sono persone che cercano la virtù dell'umiltà o sviluppano la propria fede.
Tutto questo è bellissimo.
Però, carissimi, quando Gesù ci dice: "siate perfetti come
è perfetto il Padre vostro che è nei deli" vuoi forse dire che noi dobbiamo
sentirci senza peccato?
I grandi santi quanto più avanzavano sulla via della santità,
tanto più si sentivano peccatori, al punto da non meditare più sui libri,
dire più chissà quante preghiere, ma fermarsi davanti al crocifisso e piangere
i propri peccati. Ma che peccati potevano fare? Si accorgevano che tutte le
preghiere, opere buone, virtù da acquisire, erano senz'altro una cosa importante.
Ma "se anche avessi fatto tutto questo" san Paolo dice "non
mi giova a niente".
Ma come non mi giova a niente? A me giova, uno dice, perché
posso far vedere che la mia vita è coerente, che la mia vita è giusta, che
io non sono come quelli là. E san Paolo dice "non mi giova a niente se non
ho la carità". Cioè se non faccio spazio a chi? A colui che è il mio Dio e
al mio prossimo.
Quando uno si sposa cosa fa? Si è attrezzato per tutta la vita,
si è preparato, ha un mestiere, ha una cultura, ha migliorato magari il proprio
carattere, per far che cosa? Per vivere da solo? No.
A un certo punto dice: ecco, sono pronto per condividere la
mia vita con un'altra persona. Chi si sposa, fa spazio a un'altra persona,
ecco cos'è l'amore: fare spazio. E per fare spazio, il mio io deve ritirarsi.
Perché se continuo a dire: io, io, c'è spazio per chi? Per
me e basta, sono pieno di me. Non c'è spazio per l'amore, per l'altro, per
il mio Dio.
Capite? Mi chiudo nel mio io, e lo rendo dio.
Il cristiano è uno che vive una relazione di riconoscenza:
grazie perché mi hai preso in considerazione, mi hai amato e mi ami. Scopre
che Gesù in croce è colui che fa spazio totale al Padre: "nelle tue mani consegno
il mio spirito", e non trascura il ladro che gli chiede di ricordasi di lui:
"oggi sarai con me in Paradiso".
Tanti cristiani sono persone integerrime e coerenti, ma gelate.
Chiediamo al Signore di essere presi proprio da questa carità, da questo fare
spazio a Lui, al suo amore, e da questo fare spazio agli altri.