da Camminiamo Insieme - anno 24,
n.25 del 25/2/2007
Fin da piccoli ci
battono le mani per una poesia o una canzoncina imparata all'asilo. Ci premiano
o rimproverano per i risultati ottenuti a scuola. Ci lasciano in panchina
per inserire in squadra i migliori. In un crescendo continuo siamo stimolati
a migliorare, produrre, guadagnare, far carriera, ottimizzare, eccellere,
raggiungere traguardi, ottenere consensi, superare prove, battere la concorrenza.
Il risultato di tutto questo gran daffare il posto, il denaro, la considerazione
ma anche tanta tensione, irascibilità, diffidenza, senza dimenticare il rischio
che l'unica vera tensione è il risultato individuale, il resto è funzionale
cioè o mi favorisce o lo lascio perdere. Si chiami matrimonio, amicizia, onestà,
figli, colleghi, ambiente, non fa differenza.
Diventa difficile
fermare questo programma di vita anche perché è entrato nel sangue, ti colpevolizza,
ti fa star male se arrivi a sera e non hai combinato, ottenuto qualche risultato.
A volte davanti sta il comportamento granitico, irreprensibile di qualche
educatore sempre pronto ad indicare l'insignificanza, superficialità, fallimento
di chi perde tempo, si trastulla, fantastica, non matura, non assume responsabilità.
Anche la Chiesa non
è stata da meno nel trasmettere questa cultura di un'esistenza che deve essere
valorizzata. I talenti, lo dice il vangelo, bisogna moltipìicarli, non si
può seppellirli per timore, pigrizia, mancanza di iniziativa. Anche i salmi
puntano frequentemente sulla figura dell'impegnato e lo definiscono bravo,
l'altro è malvagio o stolto.
Nell'imminenza della
Quaresima sento di dovere leggere e praticare la vita secondo un'altra ottica,
diversa da quella dei frutti da raccogliere, anche se non sono per nulla intenzionato
a lasciarli a terra per marcire, dopo tanto lavoro.
Mi ha aiutato un
altro riferimento evangelico che non solo parla di raccolto, ma di semina.
Mi propongo, in questa
Quaresima, per ridare un volto vero alla mia vita, di fermarmi ogni sera a
considerare quali semi ho piantato. Se ho grinta da vendere, un sorriso non
guasta; se non perdo mai tempo, una passeggiata mi farà bene; se ho la testa
tra le nuvole, è doverosa un po' di applicazione; se abbaio sempre degli ordini,
mi fermo ad ascoltare una persona; se di fronte a delle difficoltà accuso
gli altri, è opportuno chiedere un consiglio; se dico di corsa le mie preghiere
per tenere buono Dio, entro in una chiesa e mi siedo per fermare la girandola
dei miei pensieri. Forse in questo modo comincerò a vivere senza più essere
ossessionato dal pensiero della fine.
Certo in Quaresima
avrò un susseguirsi di impegni spirituali, propositi per togliere questo o
quel difetto, di penitenze e mortificazioni, silenzi e ascolti...
Non mi mancano nuove
idee, sento terribile e pesante guardare in faccia a quelle convinzioni e
abitudini che hanno guidato e guidano la mia esistenza, per considerare se
a Pasqua resterò nel sepolcro o con Cristo ne uscirò.
Santa Teresa di
Gesù Bambino questa faccenda del seminare l'aveva capita nella clausura del
suo monastero con sempre le stesse consorelle: "semina, semina amore e prima
o poi spunterà amore".