da Camminiamo Insieme - anno 24,
n.23 del 11/2/2007
II vangelo di Marco
racconta di un'uomo che, con la mano paralizzata, probabilmente la destra,
incapace quindi di qualsiasi lavoro, non ritiene una vergogna la sua menomazione
e sta in mezzo agli altri.
Quando siamo in difficoltà
per la nostra salute ci blocchiamo in casa e non vogliamo più vedere nessuno.
Che esempio grande riceviamo da persone che, con delle menomazioni legate
alla salute, continuano a frequentare la chiesa. Cioè non hanno paura, non
vogliono nascondere la loro condizione perché si sentono parte di questa comunità.
Non solo sei parte, ma Gesù ti mette nel mezzo.
Ho celebrato la messa
del centenario del Monsignor Comi, colui che ha disposto una consistente somma
di denaro per iniziare la casa di riposo. Lì ci sono delle persone che mettono
al centro questi nostri cari anziani e vanno a trovarli. Altri non ci vanno
perché "mi fa senso", "paura", "mette sgomento", "fa stare male". Ciascuno
di noi è importante che prenda coscienza della propria precarietà e debolezza.
Quando non stiamo
bene vogliamo essere al centro, diventiamo nervosi, facciamo le vittime, ci
mettiamo in tensione. E' importante che ci mettiamo al servizio per vivere
la bellezza di poter rendere contenta una persona in difficoltà.
Signore, aiutami
a capire che ho lezioni di vita da tante persone che vivono momenti difficili
e a capire che la fede mi deve portare lì. La fede mi porti a dire: grazie.
Signore, per questi esempi, e a chiedermi: io come posso mettere al centro
della mia vita il dolore, la sofferenza, la prova degli altri?
Nel vangelo Gesù
tante volte guarda tutti ed è rattristato per la durezza del cuore. Perché
vede la gente preoccupata di osservare il sabato, non ha a cuore la sorte
degli altri non sente che quell'uomo, presente nella sinagoga, fa parte del
popolo di Dio ed è caro al Signore. Perché non deve essere caro anche a noi?
Il popolo di Dio
è formato da tutti i battezzati, che siano sani o malati, giovani o vecchi,
intelligenti o ignoranti, ricchi o poveri. E se c'è una predilezione, un'attenzione
particolare da mettere al centro è proprio la debolezza. Non possiamo guarire
come fa Gesù, ma una cosa possiamo fare: avvicinare una persona, compiere
un pezzo di strada insieme, ascoltarla. In quel momento abbiamo rotto il suo
isolamento e ci siamo fatti prossimi. Tante volte questa prossimità è già
una guarigione. Il Signore ci aiuti a capire che se il nostro più grande desiderio
è essere sempre trattati come persone, altrettanto desiderano gli altri. Attraverso
la nostra scelta Gesù continuerà a risanare, guarire, nel corpo e nello spirito
tante persone e guarirà anche noi.