DA DOVE VENGONO?

da Camminiamo Insieme - anno 24, n.20 del 21/1/2007

 

 

Mi piace questa nostra città che da ottobre a marzo si presenta tranquilla e pacata con i suoi personaggi, le mattine zeppe di brina e le sere che ti avvolgono anzitempo di buio. Passi per strada e saluti, sicuro di ottenere una risposta. Ti infili in una chiesa e vi trovi la pace, senza quel va e vieni di turisti, l'occhio incollato alla telecamera. Sperimento tanta tenerezza in questo sole che anche a gennaio la vuole fare da padrone. Le mani infagottate nel giaccone, avverto il bene nascosto ma presente e vivo per la generosa dedizione di tanti. Mi fa quasi rabbia riascoltare una frase biascicata durante una lettura trasversale, non ricordo, di un articolo o di un libro. Pressappoco è così: "Mi sono spesso chiesto e non ho trovato risposta: da dove vengono il bene e la tenerezza? Ancora non lo so. E ora devo andarmene". Mi fa rabbia perché anche solo l'accorgermi di una Luino racchiusa tra le sue mura, con la sua brava gente, con i suoi ritmi mi fa un bene che non ti so dire. Certo ci sono e ci saranno sempre i fracassoni, i rompiscatole, i lagnosi, i menagramo, ma mi da tanta pace considerare che lo sono anch'io per la mia parte e che la vita non ha solo un volto sereno e disteso, come vorrei per me, sempre. Questa è la tenerezza che mi prende e mi fa attento e generoso verso chi si compiange, sicuro di trovarne altrettanta. Hai provato la tenerezza di un bimbo che ti grida: "Mi è nato un fratellino!"? Oltre a quella, segnata da meraviglia, mentre mostri ai bambini dell'asilo un simpatico castoro di peluche che chiamo Teodoro? Mi spiace se al telefono o per strada, mi dicono, "mi scusi per il disturbo". Sono troppo cari, mi leggono nel volto la preoccupazione o la tensione, mi chiedono una preghiera e me la offrono. Proprio non merito tanta tenerezza, vorrei ricambiarla con tutto me stesso. Mi trattengo dell'accarezzare le guance di una nonnina, dal mettermi per terra a giocare con i piccoli, dall'accompagnarmi per strada con un pensionato che cerca compagnia. Sento dentro di me una voglia matta di liberarmi da ogni convenienza e ruolo e starmene lì a sbloccare la vita di tanti o pochi che si avviano a chiudere i loro giorni con l'amarezza di intuire che esiste il bene e che la tenerezza da calore. Mi chiamano per un altro funerale e mi viene una tensione tremenda. Forse un'altra vita se n'è andata vedendo solo il male della morte e l'isolamento con l'estraneità della fine. Uscendo di chiesa, si scambieranno condoglianze mentre il feretro sta già sul carro funebre solo, con indosso un po' di sapore d'incenso e qualche buona preghiera, segno di una tenerezza che arriva comunque da quel Signore che accoglie chi si affida e confida in Lui. Io osservo e vorrei tanto vedere il mio Dio che apre le braccia per imparare un po' di bene e tanta tenerezza.

don giorgio

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