da Camminiamo Insieme - anno 24,
n.18 del 7/1/2007
Pioggerella d'autunno,
nuvole basse, Luino isolata dal mondo. Le auto, unico segno di movimento,
cercano una via d'uscita. Non mi rattrista. Ho bisogno di questa intimità.
A casa il fuoco del camino richiama il calore e la luce incontrati nello scorrere
di questo giorno feriale. E' una selezione importante per non lasciare spazio
alla parola sgarbata, allo sguardo indifferente, alla dubbia cordialità, al
commento inopportuno, all'insoddisfazione per un disagio. Guardo per un istante
queste negatività. Sono episodi. Nella storia di ogni persona colgo la fatica,
assaporo l'amarezza, mi riconcilio con tutti. Cosciente del mio modo di essere,
carattere, responsabilità, storia e quant'altro, avvicino questo mio io al
fuoco dello Spirito. Mi fa bene ascoltare la purificazione scendere in me.
Lascio in disparte, nei rifiuti, le giustificazioni, scuse, i ma e i se, le
attribuzioni di colpe. In sintonia ora la cappa di nubi offre qualche squarcio
con il chiarore di una stella. C'è già un po' di luce nel cielo, domani avrò
ancora tanto calore. La mia disponibilità e accoglienza potranno fare spazio
ad atteggiamenti, sguardi e parole d'altro sapore, proprio da chi mi ha dato
il contrario. Non è naturale e spontaneo stare con la mia piccola storia di
ogni giorno. Gesù l'ha detto: "avrete forza dall'alto". Non sono né la posizione
astrale, né la classica scrollata di spalle che potranno determinare questa
scelta di campo, ma proprio quello Spirito che Gesù ha promesso, come presenza
ogni giorno fino alla fine. Mi chiedo se sono un inguaribile ottimista, un
impenitente idealista, uno sganciato dal reale, uno carico di suggestioni,
un sacerdote che deve a tutti i costi fare così? A volte mi ritrovo con questa
serie di domande che quasi mi bloccano. Mi basta una sosta come quella di
stasera. E' di nuovo presenza, più forte delle mie perplessità, è ancora ascoltare
quel "non avere paura, ci sono anch'io", ed è rinnovata possibilità di vivere
per la comunione con tutto. Un uomo, solo nella sua casa, mi parla della moglie
morta da un po' di tempo, della sua mancanza, del perché il Signore li ha
uniti per sempre e non li ha presi insieme. Mi apre il cuore perché sono lì
per la benedizione. Sono sacerdote come quello che ha celebrato le nozze,
sono segno di Colui che ora non è sentito come Amore. Mi ritrovo con la mano
sulle sue spalle, non gli dico niente di commovente. Mi abbraccia. Sento che
la moglie di quest'uomo non se ne è andata da quella casa, è ancora presente
e ci rimarrà, non come fantasma, ma dono di quel Gesù che è risurrezione e
vita anche del corpo. La stella che è nel cielo continua a vegliare, pronta
a lasciare il posto al sole del nuovo giorno.