da Camminiamo Insieme - anno 24,
n.11 del 12/11/2006
Quale incidenza
abbia avuto questo anno che la festa di Cristo Re chiude e la prima domenica
di Avvento apre? Sono passato di festa in festa attraverso un quotidiano che
si è diffuso: ripetendo gesti e preghiere, rispettando scadenze, cogliendo
occasioni, vivendo opportunità, sperimentando novità, unendo le mie forze
a quelle di altri, condividendo aspirazioni, promuovendo iniziative...
Ma in questa revisione
si fa urgente una considerazione: ma dov'è il filo rosso che tutto unisce?
Ogni festa dell'anno
è l'incontro con un fatto della vita di Gesù che viene a me non solo per un
ricordo simile ad un anniversario, ma per un incontro del tutto speciale.
Ogni anno celebriamo il Natale, e del Natale non facciamo un anniversario,
ma facciamo di Natale in Natale una continua adesione a Gesù. Come? Con il
mistero della sua incarnazione. Allora il mistero che cos'è? Il grande amore
che Dio ha per noi. Vedete, si dice mistero perché ha una luminosità tale
che noi non possiamo contemplarlo. Ci metteremo tutta una vita, di Natale
in Natale, a contemplare il mistero dell'incarnazione e non riusciremo ad
esaurirlo. Non è una nostra riflessione, è questo fatto di Gesù che viene
a me e mi dice: come io mi sono fatto carne, mi sono fatto uomo in mezzo a
voi, così tu fatti segno d'amore in mezzo alle persone che sono con te. Incarnati,
vivi lì, nel tuo quotidiano con quella serenità e quella pace che dice: ecco,
sto facendo non una serie di opere mie, ma compio l'opera meravigliosa e misteriosa
dell'amore di Dio. A questo punto io vivo un mistero di Cristo. A questo punto
lo seguo, appartengo a lui, lo ripresento.
Se no siamo quelli
che fanno ogni anno una festa, e finita la festa si passa a quell'altra, con
un'attesa di un certo numero di giorni. Ricordiamo, certo, un fatto, ma soprattutto
il motivo di quel fatto. Sempre c'è un mistero d'amore che viene dalla grazia
a cui aprire con fiducia l'animo.
Quando due genitori
vengono a chiedermi il battesimo per il figlio, vedo quanto gli vogliono bene,
e dico: ma cosa provi? Come si fa a dire quest'esperienza d'amore? Ecco il
mistero! Una realtà così luminosa che non riesco a raccontarla. Però la vivo.
Quell'amore non rimane inoperoso ma mi spinge per tutta la vita, fa tradurre
quell'amore in tanti piccoli gesti: così nutrirà il proprio bambino, lo pulirà,
lo coccolerà e via dicendo. L'amore deve tradursi, deve vedersi, deve fare
le sue opere. Se faccio solamente delle cose per farle perché è mio dovere,
e non mi riferisco a ciò che illumina, a ciò che riscalda, a ciò che motiva,
prima o poi dirò: ecco, quello che ho fatto ha un prezzo... Non è una sorta
di mercato la vita. La vita che si alimenta a un mistero d'amore non teme
di spendersi gratuitamente, sa inventare ogni momento delle traduzioni concrete,
sa usare le parole capaci di incoraggiare, sostenere, aiutare. Sono parole
che non escono da un vocabolario formale, ma escono da un cuore che le ha
custodite prima, e le ha fatte diventare vita. Sono gesti che non buttano
là qualche premura o qualche attenzione, ma la collocano bene, la sanno mettere
in modo significativo. Quanto è importante allora che il nostro servizio non
sia un fare per fare, ma un fare illuminato, riscaldato dal mistero d'amore
di Dio che ha preso il nostro cuore e lo fa continuamente premuroso e attento
ad essere una presenza non qualsiasi, ma una presenza di Cristo.