TRAMONTO E ALBA

da Camminiamo Insieme - anno 23, n.6 del 9 ottobre 2005

 

Mentre accompagno il cammino scolastico di tanti ragazzi, ripenso ai lunghi anni in cui diversi insegnanti hanno cercato di prepararmi ad una professione e alla vita.

Raggiunta la meta, aggiornamento, perfezionamento, pratica, confronti, strategie, innovazioni, metodi, incontri, risultati, fallimenti, ostacoli, entusiasmi, routine si sono snodati per anni, fino a raggiungere competenze e capacità, orizzonti sempre più ampi e responsabilità.

Intanto gli anni passano e uno si sente pienamente inserito nella società, nel suo ambiente di lavoro, nella famiglia con qualche segnale che indica nuove possibilità. Arrivo a constatare che i figli formano una loro famiglia, la competenza professionale è arrivata al capolinea della pensione, le nuove generazioni si aggiudicano importanti spazi in politica, nel sociale, nell'economia.

La sindrome da Cincinnato prende un po' tutti con il sospirato desiderio per una vita tranquilla, sana, semplice, pulita, distensiva. Sull'orizzonte di questa beata esistenza non compare nessuno a richiamarmi con urgenza per risolvere problemi, portare contributi, offrire consulenze.

Fanno a meno di me. O meglio arrivano i figli con i nipotini che sono un amore, ma turbano la pace e bruciano tutto il tempo, le energie, gli spazi senza pietà. Il declino biologico si affaccia con i suoi primi segnali che richiedono immediati interventi per i denti, gli occhi, l'udito... La fragilità, la memoria, l'efficienza, la perdita di una persona cara, la malattia... che quadro impietoso!

Qualcuno più dotato e preparato può chiudere gli occhi, pensando che la sua opera continuerà ad essere presa in considerazione, ma tanti, i più, io e forse tu, saremo nel ricordo dei nostri cari per trenta o quarant'anni, sperando che qualcuno paghi la tassa per il posto al cimitero, se no...

Vedo su tante tombe nel nostro cimitero la croce. Perché questo strumento di morte crudele è così vistoso nella nostra vita fino a starsene lì anche sopra le mie ossa? La premura di Dio per l'uomo ha preso carne in Gesù, in Lui l'Amore si è fatto visibile e concreto come amore umano ed è cresciuto in dedizione e intensità al punto da morire sulla croce e portare la novità che l'amore è più forte della morte. Lui risorge per ricongiungersi, riconoscere e raccontare a me la propria vita nell'amore. Il venire da Dio e a Lui tornare di Cristo non è per noi solo modello, garanzia di risurrezione e pienezza di vita, ma forza d'amore che attende di prendere sempre più carne in me. Ritrovo questo amore che supera i lacci di un io possessivo nell'esperienza di tante persone. Il volto tormentato e il corpo piegato di Madre Teresa di Calcutta e di Padre Pio, non hanno spaventato ma attirato. Con loro ritrovo i volti di tante persone che mi hanno insegnato a fare spazio agli altri, e a favorire la disponibilità semplice e calda.

Se l'amore che Cristo ha vissuto prende carne, "non sono più io che vivo, ma Cristo in me" e con Lui vado verso la risurrezione di quella carne che ha saputo darsi all'amore anche se tutto comincia a degenerare. Donami, Signore, un volto, una storia che, nel declino, si apre allo splendore di un tramonto che già annuncia l'alba.

don giorgio

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