IL CALORE DELLA FEDE E LA PAURA
da Camminiamo Insieme - anno 23,
n.43 del 2 luglio 2006

LUINO - SANTUARIO DEL CARMINE
Una domenica di
maggio vivo un paio d'ore con una ventina di coppie di fidanzati, prima di
celebrare la messa con loro e con gli sposi che ricordano un anniversario
di matrimonio. Prendo spunto da una frase della Bibbia: "principio della sapienza
è il timore del Signore". E' strano e fuori luogo parlare di timore a chi
vibra di amore, però avverto presente la paura di deludere, di non essere
all'altezza, di non essere degno. Ho visto molte coppie affrontare il matrimonio
con sicurezza di sé e spavalderia di fronte agli altri. Dopo non molto tempo
si frantuma e spezza ciò che sembrava saldo e forte. Qui non c'è sapienza,
coscienza dei valori ma superficialità sconcertante.
Ben diverso è chi
si pone domande, non per tormentarsi, ma per non deludere. Il timore allontana
la paura e la supera. Rende coscienti, responsabili e decisi.
Mi accorgo che mi
stanno seguendo perché sentono di portare dentro di loro un tesoro che chiede
di essere sempre più valorizzato. E a mano a mano che emerge lo splendore
del tesoro aumenta la preoccupazione, il timore di perderlo, che sia banalizzato,
non tenuto in conto. Portiamo veramente dei tesori in vasi di creta fragili
e pronti a rompersi.
Passo in ospedale
e incontro giovani pieni di forza costretti all'immobilità da un incidente.
Ascolto il rammarico per un istante di distrazione o scorrettezza altrui.
Ora vibrano per la tensione di una situazione che chiede tempo, pazienza,
sofferenza. Ci accorgiamo dell'importanza della salute quando qualcosa vacilla
e non rientra nei parametri fissati dalla norma. Alcune persone sono vittime
di continue paure per sé o per gli altri. Non solo non vivono bene, fanno
vivere male. Sono sempre preoccupati per ciò che può venire a mancare.
Sono andato, dopo
tanto tempo, al cinema a vedere : "il grande silenzio". La cinepresa familiarizza
con la vita di monaci che, nella grande Certosa vicino a Grenoble, sommano
giorno a giorno per concludere l'esistenza in una condizione per lo meno impensabile,
per non dire assurda. L'unica conversazione tra monaci si sviluppa sul valore
dei segni, posti in evidenza da un'inquadratura, da una particolare luce,
con angolature che sottolineano la capacità dell'operatore nel proporli. La
campana regola la vita del monastero e si fa sempre meno suono e sempre più
diviene voce di Dio che, ascoltata con naturalezza fino al chiudersi della
vita, chiamerà a sé, trovando anime pronte all'incontro. Questi monaci non
realizzano cose grandi, non compiono lunghi viaggi, non trascorrono ore su
ore in laboratori di ricerca o officine, semplicemente vivono valorizzando
le piccole occupazioni terrene, ben coscienti di sentire il germe della bellezza
e forza eterna. Sgombrare dalla neve delle aiuole per seminarvi ortaggi e
fiori, è favorire lo sciogliersi del terreno al primo sole, senza il timore
del freddo e del gelo. L'anziano e fragile monaco, che con religiosa calma,
spala la neve, sa che la sua fatica e il suo senso del sacro già stanno operando,
ancor prima di fare scendere nella terra il seme.
don giorgio