LA CARTA GIOCATA DALLA FEDE
da Camminiamo Insieme - anno 23, n.4 del 25 settembre 2005
Non so anch'io perché scrivo di un incontro che forse dovrei
tenere riservato. Un trio di flauto, violino e organo diffonde melodie nella
prepositurale, ma non sono sollecitato da questo clima che certo mi accompagna.
Forse è la richiesta di vivere una comunione di preghiera con due Suore e
il Padre Carmelitano che da poco mi hanno lasciato. Mi hanno chiesto di aiutarli
a trovare sul nostro territorio una casa che possa diventare un monastero.
Faccio notare che già il Cardinale Martini aveva chiesto di aiutare i monaci
benedettini che tra poco vivranno sopra Dumenza.
Perché chiedono ospitalità in questo territorio? Di fronte
a tanti abbandoni è interessante questa richiesta di contatto con il monte
e l'acqua, il bosco e il prato troppo spesso individuati solo come mete per
scampagnate o per importanti relax, ma non per vivere! dal momento che mancano
comodità e possibilità che solo la caotica, ma indispensabile città offre.
L'esperienza cristiana ha già compiuto scelte importanti e
rischiose quando la paura, nel Medioevo, spingeva a lasciare la campagna per
chiudersi in città cinte da mura e difese da soldati. Allora i monaci non
hanno esitato a iniziare una presenza di riscatto della campagna con l'edificazione
progressiva di monasteri che divengono veri centri da cui si diffonde una
possibilità di vita non più catturata dalla paura, ma libera e generosa nelle
varie espressioni agricole, culturali, religiose, tecniche.
Non siamo più nel Medioevo e oggi gli studi si sommano ai
progetti, i piani di riqualificazione si aggiungono a destinazioni diversificate
per cui quale significato può avere nel nostro territorio un altro insediamento
monacale dopo quello delle Romite di Agra e dei monaci benedettini? A noi
è posta davanti una mediazione importante per seguire Cristo, per inaugurare
una cultura della vita che non obbedisca alle logiche della pubblicità o del
comune modo di sentire e valutare. Cristo, il Figlio di Dio che racconta all'uomo
quale sia il suo destino di vita buona, vera e piena, non è più lontano, si
fa ancora vicino nelle scelte di altri uomini e donne che oggi continuano
a credergli e a offrirgli se stessi.
Il trio continua a riempire di note la chiesa, qualche tedesco
sosta e ascolta, volgo lo sguardo a Te, o Signore, per avere luce e conforto.
Scopro che scrivendo questi appunti e riflessioni, sto coinvolgendo
altre per- sone attorno ad un pensiero, ad una preoccupazione, ad una comunione
e questo non mi pare poco.
Magari qualcuno potrà dire che questi non sono i problemi.
Nel giugno scorso sono stati con noi dei ragazzi del Madagascar
con la loro realtà pesante e drammatica. Li accompagna Suor Maria, di origine
spagnola, che ha scelto di stare in una terra lontana e diversa dalla propria.
L'incarnazione è la carta giocata dalla fede ieri e oggi;
è la parola detta da uomini e donne che nei monasteri o nelle case, negli
oratori o nelle scuole, in famiglia o in comunità, da laici o da sacerdoti
viene continuamente ripetuta e raccontata nel quotidiano; è una decisione
per dire che l'amore di Dio continua ad operare ed è vivo perché coinvolge.
don giorgio