MANDARE A QUEL PAESE O...
da Camminiamo Insieme - anno 23, n.39 del 4 giugno 2006
Mi sorprende il "rimanete nel mio amore" che Gesù rivolge
ai suoi discepoli e a noi oggi. Tutti conosciamo tanti episodi di bontà, premura,
attenzione, accoglienza, disponibilità, generosità, cordialità insomma gesti
di amore che ci fanno bene.
Non dico nella stessa giornata, ma voltato l'angolo un incontro
con una persona per una parola, sguardo, ricordo può risolversi in uno scontro
segnato da violenza o indifferenza. E così uno conduce la propria esistenza
costellandola di episodi positivi e negativi per approdare ad un certo punto
a quel classico "farsi i fatti propri" che chiude porte e finestre sul mondo
che ci circonda.
Amicizie ricche di promesse e già confermate da tanta continuità
si spaccano con pesanti conseguenze per un'insinuazione, sospetto, dubbio,
incomprensione.
La routine stende la sua pesante coltre di polvere perfino
sull'amore più generoso ed entusiasmante.
Sono le prove a cui è sottoposto ogni giorno l'amore.
A volte, preso dallo sconforto per contrarietà e difficoltà,
apro il vangelo alla ricerca della buona notizia.
Così proprio di fronte a questo "rimanere nell'amore" sfoglio
le pagine e Ti vedo sostare con peccatori e malati, ignoranti e orgogliosi,
con Pietro che Ti rinnega e con Giuda che, mentre Ti tradisce, Tu lo chiami
amico.
Non Ti importa altro che dire la forza della Tua esperienza
che trae origine da lontano ma che si vuole fare presente: "come il Padre
ha amato me, anch'io amo voi".
Un cuore segnato dall'amore non può che amare.
Lo dico alla messa del Grazie il 21 maggio, ricordando ai ragazzi
della nostra scuola parrocchiale la frase guida di due anni fa che poneva
l'accento sul porre domande e ciascuno, grande o piccolo, ha la sua richiesta
quotidiana di amore che non vuole andare deluso.
La riconoscenza, tema dello scorso anno, è la risposta dovuta
all'amore.
Ora indico per il prossimo anno: ciò che conta è lo stupore!
In questa Pentecoste, Spirito Santo, aiutami a leggere, con
rinnovato stupore, i tuoi segni di amore nella preghiera; nelle persone care
che non si stancano di testimoniarmi la loro presenza premurosa; nei fatti
di ogni giorno che attendono di essere accolti come respiro e opportunità
nuova.
Mi fa una certa "rabbia" il fatalismo, il cercare il negativo,
ciò che manca, ciò che è sbagliato.
Vorrei tanto poter sempre dire con la mia vita che ciò che
conta è stupirmi di nuovo e sempre perché c'è in me una voglia di ri-manere,
re-stare nell'amore, anche se me la prendo perché non è facile ed è più istintivo,
mandare a quel paese.
don giorgio