CREDO NELLA RISURREZIONE DELLA CARNE
da Camminiamo Insieme - anno 23, n.31 del 9 aprile 2006
La 14° formella di Tomaino non è di facile lettura anche se
non esiste realtà più semplice, evidente e chiara di un cadavere che viene
collocato in un sepolcro. Alcuni elementi possono differenziare una sepoltura
dall'altra ma al nocciolo tutto converge solo su ciò che è statico, fisso,
inequivocabile: la bara e il sepolcro. Nella formella questi due elementi
sono certo presenti in un intersecarsi di linee, sprazzi di luce, ripetersi
di poche tinte, dentro e fuori, fissità e movimento, volti e gesti, silenzio
e grido.
Tutto sembra condurre verso l'ineluttabilità del sepolcro
a cui neanche l'uomo più giusto e onesto, buono e generoso può sfuggire. Entrare
in un sepolcro è gesto di pietà che oggi viene donato e domani si spera di
ricevere. Sulla parete c'è una verticalità che va ben al di là di un necessario
muro. Qui linee chiare e scure, larghe e irregolari, più spalmate che curate,
parlano di un'ascesa che chiama sempre più in alto con una consistenza e insistenza
che reclamano ascolto. Il tutto di questo uomo non resta qui, anzi sembra
proiettato con imperiosità verso l'alto da quel bianco che assume la forma
di un braccio esteso con la mano che attende di essere stretta per un'ascesa
non solo spirituale me anche materiale.
Si evoca, immediato, il salmo 129 "dal profondo a te grido,
o Signore, ascolta la mia voce" che la liturgia colloca sulle nostre labbra
per una invocazione accorata per i defunti. Quel cadavere che sta per essere
introdotto nel sepolcro è l'unico elemento orizzontale che bisogna continuamente
tentare di strappare alla forza di gravita con quei teli bianchi, inadeguati
per una lotta che lascia a terra.
In questa sinfonia la melodia è pacata e calma, consolatoria
e mesta, lamenti lontani, rimpiar.to, brezza della sera con il sottofondo
di un passo cadenzato e lento che termina lì nella figura di una madre con
il bambino tra le braccia, loro sono nella vita e lì c'è le morte.
E' segnata dal lutto la figura che sta sulla soglia del sepolcro,
volto in ombra per un'invisibile ala nera.
Le poche tinte, scelte tra i bianco, nocciola e marrone offrono
uno strano effetto, diverso dalla normale colorazione richiesta da un paesaggio.
Quella camera mortuaria è una dimora che si vorrebbe ancora
segnata dall'amicizia, lo dice il tenue nocciola, subito contrastato dal marrone
scuro che richiama alla realtà.
Non è però una dimora dei morti, è il cimitero cioè il dormitorio,
il luogo del riposo, lo impone quel bianco disposto con arte e intuizione
per una vita che sta per ritornare.
Il "credo nella risurrezione della carne e la vita eterna"
è il titolo più appropriato per quella che normalmente viene indicata come
la stazione "Gesù è posto nel sepolcro". Un aiuto per la fede, un orientamento
per la visita alla tomba dei nostri defunti, uno sguardo su un sepolcro che
si chiude ma è già spalancato per l'amore di Dio, amante della nostra vita.
don giorgio