CREDI ALL'AMORE

da Camminiamo Insieme - anno 23, n.24 del 19 febbraio 2006

Una lastra di travertino paglierino con il consueto corredo di buchi che caratterizzano questa pietra. Lo scultore Girolamo Giulla, nella terza caduta, si colloca come attento lettore e selezionatore delle porosità per unirle poi con incisioni che non scolpiscono ma fanno emergere il soggetto.

Occorre la pazienza di una sosta per andare al di là del viso o delle mani che, poste in primo piano, sono evidenti ed arrivare a individuare il corpo a terra che si allunga. Protagonista non è né il volto né il corpo, né la croce ma sono le corde grosse, esagerate, invadenti, tenaci che, senza pietà, bloccano, fissano quelle braccia alla croce. La visione del mondo e dell'uomo che Cristo ha presentato con le braccia aperte per accogliere e perdonare, rialzare e guarire, abbracciare e sostenere non può essere tollerata dal sistema, perché libera e innalza, valorizza e incoraggia, fa prendere coscienza e orienta. Non rimane che bloccare questa vita che si dona, per concludere: almeno adesso pensa a te stesso, smetti di spezzare catene che non possono essere eliminate.

Il Cristo è a terra, non per la fatica o per il peso della croce ridotta solo ad un trave neanche ingombrante o pesante, è a terra perché avviluppato da quelle corde, quasi stretto tra le spire di un antico serpente che non ha per lui la forza della seduzione.

L'Adamo primitivo nella sua voglia di affermazione si è lasciato sedurre, ha ricondotto tutto a sé, si è raggomitolato quasi a trattenere per sé ogni energia vitale. Il Cristo invece è l'educatore, cioè colui che fa uscire da sé tutto (e-duca), per Lui amare vuoi dire far esistere l'altro. Ora il serpente antico che non può sedurre, vuoi però impedire di e-ducere, di essere guida. Per questo Gesù è a terra, bloccato con quel volto attonito, sorpreso di fronte ad un simile assurdo impedimento e invoca fiducioso un ascolto che non è possibile negare. Di segno opposto perché rassegnate, stanche sono le mani che penzolano. Mani che hanno tradotto, concretizzato il cuore con il tocco che risana, rinfranca e rincuora, con una prossimità vibrante e calda, ben più efficace di ogni parola. Tanto impegno e dedizione non le hanno paralizzate, né i chiodi riusciranno a bloccarle perché la relazione può conoscere la sosta che il grano compie nella terra, ma in quello stare, di apparente morte, c'è già la vita del germoglio. Le porosità del travertino, al di fuori di questo disegno, sono lasciate libere, non collegate da tratti artificiali né per suggerire un paesaggio, né un elemento decorativo. Sono lì come sono, nel loro ascendere o nella loro orizzontalità, quasi a suggerire cielo e terra, materia e spirito, tensione e quiete.

E' un'altra caduta sulla strada dell'amore, ma c'è già chiaro un oltre che invita, sollecita e chiama in quella mansuetu­dine che sembra riprendere l'espressione biblica: "come un agnello è condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori". Non c'è gesto di ribellione o di sfida, c'è solo questo corpo che si perde nella terra. Una vita bloccata da corde spietate parla della forza di colui che è mite e umile di cuore, mentre è umiliato e offeso, bloccato e buttato a terra. La mano sinistra pende, nel vuoto, docile e sottomessa e richiama l'attenzione con evidenza, mentre la mano destra quasi in disparte, timida ma decisa, si appoggia sul terreno per riprendere il cammino. Bellezza dell'uomo che, pur messo a terra, può contare sulla forza dello Spirito che lo anima perché crede all'Amore.

don giorgio

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