LA BELLEZZA DEL DONO

da Camminiamo Insieme - anno 23, n.23 del 12 febbraio 2006

Riprendo il cammino della Croce come è proposto nella nostra chiesa Prepositurale dai 15 artisti che, con generosa sensibilità, hanno donato una loro opera per la nostra fede e cultura.

L'ottava formella, opera di Ugo Riva, rappresenta la sosta di Gesù con le donne di Gerusalemme. Una terracotta policroma è sempre carica di suggestioni, di piacere e, con tinte cosi tenui, apre al sogno sereno e al pensiero nobile.

Nella festa dei Santi Innocenti, i bambini uccisi da Erode nel tentativo di eliminare anche Gesù, il ritornello del Salmo Responsoriale propone "a tè grida, o Signore, il dolore innocente", chiaramente riproposto dalle due donne. L'una in ginocchio, stravolta, presenta tra le braccia l'innocenza del proprio figlio, quasi a riproporre quel grido. L'altra, in piedi, membro di un coro di tragedia greca, amplifica, con quella bocca spalancata, quanto la prima donna, grembo per la propria creatura , non riesce a far risuonare sulla terra e nel cielo. Il genio femminile che, come annotava Giovanni Paolo II può salvare il mondo, qui è sconvolto dal dolore, fino a imporre figure in abiti enormi, quasi esagerati, volti stravolti, chiusi in una sofferenza e tormento, dolore e angoscia senza speranza. Ma ci può essere dignità e bellezza nel dolore? Se, come diceva Dostojewski, "la bellezza salverà il mondo", qui non c'è bellezza alcuna, qui c'è un disperato soffrire, senza cielo. La bellezza è in Gesù che ci è offerto non di fronte, ma di spalle con lineamenti, armoniosi e dolci, più femminili che maschili. Il corpo non è devastato da ferite e piaghe e, se ci sono, sono elementi che ingentiliscono, nobilitano la figura. Sono ormai i segni distintivi, le "onorificenze" di un amore che non può ignorare la croce, perché scelta e voluta.

Perfino la croce è lì gentile e graziosa, sotto gli archi di un colonnato, collocato per richiamare la concretezza di un amore donato per chi vive nella città e tra le case.

Il dolore ha quindi una bellezza? Secondo una lettura che perdura nella chiesa ortodossa e da noi fino al Medioevo, il Cristo in croce è una maestà. La liturgia latina sintetizza questa scelta con quel "regnavit a ligno Deus" (Dio regnò dalla croce).

Dal cinquecento l'umanità di Cristo in croce, è bene evidenziata, con un'accurata anatomia, segnata da piaghe e ferite capaci di sconvol- gere e portare al pentimento per i propri peccati. Gli anziani ricordano questa preghiera: "eccomi, o mio amato e buon Gesù... che alla vostra presenza prostrato considero le vostre cinque piaghe".

L'arte cristiana, a differenza di molti monumenti ai caduti, evidenzia l'animo più che il corpo, sempre trasfigurato. Così Santa Lucia è piena di dignità con quel piattino su cui ci sono i suoi occhi, San Sebastiano, pur trafitto dalle frecce, è sereno... C'è quindi quella bel- lezza dell'amore che si dona che faceva esclamare a Tertulliano, autore cristiano del 11° secolo: "il sangue dei martiri è seme di cristiani".

Allo stesso modo il cuore di Madre Teresa di Calcutta, il suo amore, la sua dedizione rendeva amabile e pieno di fascino un volto devastato da rughe e il corpo segnato da deformazioni.

Ho bisogno di sostare davanti a questa bellezza, risposta eterna ad una bellezza apparente ed effimera.

don giorgio

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