UN PASSO CONCRETO VERSO LA VITA
da Camminiamo Insieme - anno 23, n.22 del 5 febbraio 2006
La festa della Santa Famiglia e quella di San Giovanni Bosco
hanno offerto più volte l'opportunità di coniugare il verbo educare con continui
ping pong tra genitori ed educatori.
Incontro una frase che mi costringe alle corde: "i genitori
dovrebbero essere considerati le persone meno indicate ad educare i propri
figli". E' una frase di Swift. Non è la sua autorità a interessarmi ma la
provocazione che ha prodotto in me. Ma allora la famìglia che cosa diventa?
Hanno ragione i molti che oggi intraprendono soluzioni diverse?
Non entro nel merito di queste scelte che conosceranno una
stagione breve e senza esito proprio perché vogliono educare se stessi e gli
altri solo all'esercizio della libertà, dimenticando che a furia di "liberarsi
da", si finisce "schiavi di".
Sono ben presentì a tutti gli esiti di pratiche educative
che approdano a figli che rinfacciano ai genitori di essere egoisti, opportunisti,
di pensare prima alla propria realizzazione che alla loro crescita.
Conta educare alla libertà, con l'accento sull'educare e puntando
su veri educatori che continuamente si avvalgono di testa e cuore, fede e
ragione, senza mai ritenersi un assoluto, un a sé, una continua rivendicazione.
E' a questo punto che compare Dio, non come il deus ex machina
della tragedia greca, ma come il Figlio di Dìo che vìve la relazione con il
Padre e lo Spirito Santo e si fa uomo per darci la certezza che la relazione
è fondamentale nell'educare, cioè nell'aiutare ciascuno, grande o piccolo,
a vìvere.
Troppo spesso sì è a questo punto, calato un altro importante
tema della predicazione e del vivere quotidiano "amare", dimenticando che
"amare" è un verbo coperta sotto il quale non si sa quale corpo e anima, cuore
e volontà si nasconda. Una buona relazione, se non è malata, ha bisogno della
verità. Fare la verità è il primo gesto dell'amore, è la prima mossa pedagogica.
Si intende fare luce su se stessi e sull'altro, cogliendo la posta in gioco
che è la dignità che non si identifica con il non sporcarsi le mani, o con
"c'è un lìmite a tutto" ma con il gesto dì Gesù che si cìnge un grembiule
e lava i piedi dei discepoli: "se io vostro maestro ho fatto questo, anche
voi dovete compierlo gli uni per gli altri". Continuare su questa linea porterebbe
ancora a tante considerazioni.
Mi basta aggiungere che anche Gesù ha fallito non solo con
Giuda, ma con tutti i discepoli. Solo Lui è rimasto coerente con il suo cammino,
sintetizzato da quel "sapendo che da Dio veniva e a Dio ritornava" sì recò
a Gerusalemme per esservì crocifisso. Siamo di fronte ad un altro mondo, ad
un diverso stare nella vita proprio come è diverso il modo di guardare le
cose e le parole, di ascoltare e comprendere del bambino nei confronti dell'adulto.
Non è il caso di disporre i quadri di casa ad altezza di bambino, ma, se li
vuole vedere, è possìbile prenderlo in braccio ed è un altro passo verso la
vita.