NON BASTA UN COLPO DI RENI
da Camminiamo Insieme - anno 23, n.19 del 15 gennaio 2006
Presepi, alberi, novena, benedizione delle case, concerti,
melodie, addobbi, luminane, vetrine, mercatini, lettere, biglietti, recite,
rappresentazioni, cene, ritrovi, manifestazioni, pubblicità, colori, stelle,
freddo, neve, desideri, delusioni, attese, felicitazioni, pace, tranquillità,
calore familiare, amicale, rammarico, ricordo, suggestione, piacere, voglia
di regali, doni...
Mi accorgo di avere sulle spalle una gerla zeppa di un po'
di tutto questo e altro ancora non ben definito e catalogato e ogni voce invoca
una riflessione, un giudizio, un atteggiamento, con la constatazione più che
ovvia che non è giusto sottoporvi le mie considerazioni.
Scelgo di proporvi qualcosa che ho capito in questi giorni,
per cui ho pregato e mi sono fermato.
Sono in ospedale nel reparto di medicina riabilitativa a celebrare
la messa di Natale per gli infermi, tutti in carrozzina. Il vangelo parla
dei pastori, che lasciano il lavoro per andare a constatare l'avvenimento
presentato dagli angeli e trovano la nascita di un bimbo.
Tanti e vari sono gli avvenimenti che caratterizzano un'esistenza.
Per queste persone c'è una grave infermità dentro la quale è urgente nascere
ad un'altra visione e pratica di vita. C'è anche il giovane figlio in carrozzina,
una madre piange mentre guarda. Anche lei sta volgendo una preghiera per avere
la grazia di frequentare la vita che le sta lì davanti e che non avrebbe mai
pensato in un simile stato.
Anche se questa nascita a nuove visioni è importante e decisiva,
avverto che di Natale in Natale, di nascita in nascita arriverò al mio Natale
definitivo, al termine di questa vita.
Non mi basta, dì fronte alla morte, il colpo di reni per un
salto ne la determinazione a ricominciare da capo o la forza di abbandonare
il caldo grembo materno dì una fissità più o meno stupita, mi occorre quella
fede che è abbandono, simile a quello di Cristo che, dopo aver gridato: "Dio,
Dio mio perché mi hai abbandonato" esclama: "Padre nelle tue mani consegno
il mio spirito".
Entro in crisi perché mi accorgo di essere stato educato e
di avere educato proprio al dovere, a non arrendersi, a sentirsi protagonista,
al sacrificio, alla mortificazione.
Mi ha confortato tantissimo una signora che pari pari mi dice
"non pensi che i luinesi siano freddi e insensibili; nella mia malattia, ho
avvertito di essere accompagnata e sostenuta dalla preghiera, ricordo, attenzione
di tante persone".
Così penso di continuare in quella scelta che gli esperti dì
vita spirituale chiamano via mistica, cioè via in cui è la fede a crescere
e a guidare il cammino di adesione a Cristo. Ho molto da imparare, sono aperto
a tutti i contributi.
Diamoci una mano per un cammino che senza dubbio ci porterà
al Natale definitivo che ci introdurrà nella casa del Padre.
Toccherà anche a me quel sudore e tremore, sofferenza e dolore,
ma sono sicuro che seguirà quella pace inferiore provata da quanti si sono
lasciati condurre per mano, in tutta la vita, dalla fede.don giorgio