UN ALBERO GENEALOGICO
da Camminiamo Insieme - anno 23, n.13 del 27 novembre 2005
La prima suggestione davanti alla scultura di Auslender mi
ha rilanciato nello spazio a riprendere le metope del Partenone di Atene,
osservate con stupore al British Museum di Londra! Certo non si tratta di
marmo di Paro ne di episodio mitologico, ma del Cireneo che aiuta Gesù a portare
la croce e di una terracotta ben trattata con un bianco giusto, ad effetto
marmoreo. E' l'imponenza e la maestà quasi divina dell'uomo di Cirene che
"viene dalla campagna" ad orientare e collocare la mia suggestione. Bellezza
e possibilità che l'uomo esprime ed interpreta quando sta come presenza benefica,
come forza posta a disposizione, come roccia a cui aggrapparsi. Grandezza
e sublimità dì uno che soccorre chi è a rischio, in pericolo, sotto il segno
fallimentare, con una maledizione che non lascia scampo. Può trattarsi di
un essere piccolo di statura, meschino per cultura, rozzo nei gesti, trascurato
nel parlare ma, agli occhi di chi è soccorso, chi aiuta o soccorre è sempre
bello e grande, sublime e meraviglioso.
Il Cristo è sfigurato, prostrato, distrutto, affranto, debilitato,
sfinito, afono, uomo del dolore; non si regge, sta per afflosciarsi e quell'enorme
tunica è pronta a coprirlo, a nasconderlo una volta a terra. C'è quella vicinanza
e quella mano a tenere in piedi, a portare ancora più avanti per un altro
passo. La croce che l'uomo di Cirene deve portare al posto di Gesù, è nella
mano e, se la parte orizzontale è sfumata e quasi si perde sullo sfondo, quella
verticale è un vero e proprio albero vivo che butta i suoi germogli. E' possibile
"fare la carità" come assistenza e compassione, come gesto isolato e funzionale,
ma così dò una mano, ma non la vita. Appoggiarsi alla croce è accogliere la
Parola di Gesù: "chi vuole venire dietro di me, rinneghi se stesso, prenda
la mia croce e mi segua". La croce diventa così il bastone e il vincastro
di cui parla il salmo che presenta Dio come Buon Pastore. Ho davanti un uomo
distrutto dalla prova e, invece di provare paura lo aiuto, con uno sforzo
che mi è possibile solo per il benefico contatto con la croce.
La croce è il vero albero da cui viene a noi la salvezza,
ben diverso dall'albero del Paradiso Terrestre da cui venne la morte. Questa
croce antica, stagionata, pronta per l'uso è ancora viva e piena di vita:
lo testimoniano i germogli che promettono una stagione nuova, ricca di inattesi
frutti.
Il Cireneo è il primo a ricevere da questo albero l'energia
della vita, pronto a donarla non solo nell'episodio del Calvario a Gesù. Il
vangelo di Marco annota che l'uomo di Cirene è il padre di Alessandro e Rufo,
padre non solo biologico, ma anche nella fede. Qui allora è già albero genealogico
che annovera tra i suoi rami i primi nomi a cui se ne aggiungeranno altri,
sicuri della parola di Gesù : "rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti
in cielo". Raccolgo le diverse testimonianze e mi scopro non più come spettatore
ad una rappresentazione teatrale, ma come partecipe del misterioso e grande
intreccio di gioie e sofferenze. Non è ancora la pienezza ma già la vita vibra
in quella tunica, non più lenzuolo per un defunto, ma meraviglioso stendardo
di vittoria.
don giorgio