UNA MATERIA CHE SI ANIMA

da Camminiamo Insieme - anno 23, n.10 del 6 novembre 2005

 

Se l'opera di Bodini mi è apparsa ricca di messaggio e di squisita fattura per la lucida e graziosa lavorazione della pietra di Saltrio, di fronte l'opera di Rivadossi mi sconcerta. Ho ascoltato l'apprezzamento di alcuni, ma non ho chiesto il motivo, c'è sempre in agguato il timore di apparire incompetente. Mi impongo di sostare davanti a questa terracotta. Le figure si evidenziano per solchi e incisioni di diversa profondità e dimensione.

A poco a poco vedo affermarsi la materia con la sua luminosità, imponenza e forma.

Il nero delle incisioni permette il definirsi e l'affermarsi di figure, strappate dalla forza del dolore, per una nascita dal ventre sempre fecondo della terra che è madre perché genera da sempre per il bene di tutti.

Ora la materia non è più rozza, ingombrante, pesante, è liberata dalla sua materialità per uscire dall'abisso del nulla e proporsi come essere, presenza, fatto.

Centrale è la croce nella sua discontinuità che cattura la corporeità di Gesù di spalle. Lui non riceve la croce, è la croce che non è più uno strumento crudele di morte ma incontro con un'impronta che propone una direzione.

Trovo la strada se fisso l'occhio su questa impronta che mi dona la presenza invisibile di chi ha detto: "Io sono la via, la verità, la vita".

C'è attorno a questa evidenza evangelica il serrarsi di volti, il costituirsi "Chiesa" in forza di una certezza "dove sono due o più riuniti nel mio nome, là ci sono anch'io".

Nella profondità di un solco si intravede che il personaggio dì destra tiene presso di sé un bastone. Nel cammino della vita si è accorto di avere un appuntamento che lo fa uscire dalla solitudine per stare faccia a faccia con una compagnia che anche altri cercano.

Non sono più volti definiti, ne corpi identificabili, nascosti da barbe e mantelli, ma offrono chiara la necessità di aprire il proprio animo per svelare un'angoscia, problema, inquietu- dine, sofferenza, perplessità o dubbio.

Anche se non portano la croce si capisce che la stanno sperimentando nella mente e nel cuore, con familiari o estranei. Un antico detto della sapienza popolare sembra essere sot- teso: se dovessimo andare in piazza per cambiare la croce, torneremmo a casa ancora con la nostra.

Croce perché al fondo si respira il bisogno di trovare con Lui il significato e il valore di un'esperienza che segna, prima o poi, la vita di tutti, e non può essere sciupata.

C'è un desiderio dì ascoltare la parola che può indicare l'occasione di maturità e vita nuova nel dolore. E' una materia, una serie di corpi animati da una spiritualità pronta a ripetere con Cristo: "questo e il mio corpo daro per voi".

Sostare nella prova o nel dolore con il Signore è ritrovare se stessi, è provare ancora una volta che tutto coopera al bene, se uno si affida,

don giorgio

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