FIGLI SI È E FIGLI SI RIMANE

da Camminiamo Insieme - anno 22, n.26 del 6 marzo 2005

L'Associazione Genitori propone una conferenza; arrivo a Maria Ausiliatrice mentre la relatrice sta chiudendo con queste parole: "il figlio è un dato oggettivo". Le domande urtano come onde contro questo dato di fatto, quasi a smussarlo, renderlo meno incombente, accoglierlo in modo più dolce. Eppure è lì con la dura realtà di un esempio: il papa di Erika, la ragazza di Novi Ligure che qualche anno fa uccise la madre e il fratellino, cerca la figlia in carcere perché è sempre sua figlia. Non si tratta qui di stare dalla parte del figlio come terra da difendere ad oltranza in ogni sua marachella più o meno vistosa, incolpando scuola, compagni, situazioni, ma di assumere con calma e responsabilità questa storia con zavorre e ritardi, errori e testardaggini, provocazioni e aridità. Ci sono certo anche pregi e doti, virtù e qualità, ma quando qualcosa non è secondo i nostri principi anche veri e sacrosanti, c'è la delusione e il penalizzarsi per un eventuale errore educativo.

Una mamma mi racconta della sua frustrazione di fronte a Dio che non l'ascolta, di una preghiera anche insistente che non cambia niente; della voglia di smettere in questa invocazione che non presenta vie d'uscita.

Le chiedo che cosa si aspetta da Dio. "Mio figlio è separato e anche mia figlia ora è in crisi con il marito". La volontà di questa mamma di salvare questi matrimoni è buona. Anche il volere di Dio non è per il fallimento ma per la riuscita di ogni vita. Con tutto questo il figlio è libero di scegliere e può scegliere anche di sbagliare. L'importante è aiutare questa madre ad uscire da questa sofferenza per tornare a riaccogliere sempre e di nuovo con fiducia i figli. In questo Dio le sarà vicino e l'accompagnerà così da essere segno e presenza del suo volto di misericordia.

Siamo talmente preoccupati dei risultati e dei fatti da dimenticare che ogni persona è responsabile delle proprie azioni ma non è da ridurre ad esse. Amy, una ragazza quindicenne degli Stati Uniti, prima di suicidarsi a causa di un brutto voto, lascia scritto: "Se fallisco in ciò che faccio, fallisco in ciò che sono".

Non è più l'uomo che da valore al prodotto, al contrario il prodotto, il risultato da valore all'uomo. In questo modo si inaugura una società commerciale, ben diversa da quella conviviale voluta da Gesù nell'Eucaristia. Qui ci si trova per fare l'esperienza di acco- glienza da parte di Cristo che è venuto a cercare e salvare ciò che era perduto; qui si può toccare con mano un nuovo modo di stare insieme dove tutti si è con la stessa dignità di figli e con legami di fraternità tali da sentirsi uguali senza le distinzioni più o meno evidenti, i risultati più o meno marcati, le soddisfazioni più o meno vistose.

Mi piace ritrovarmi a messa perché c'è questo dato oggettivo: siamo tutti figli di Dio e questa è la più grande dignità.

Il mio servizio sacerdotale consiste nell'offrire la mia povertà e indegnità, al Figlio per eccellenza che è Cristo Signore perché operi tra noi i gesti di salvezza e ripeta la Parola di vita.

don giorgio

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