INSIEME PER UNA SOCIETA' MIGLIORE

da Camminiamo Insieme - anno 22, n.11 del 14 novembre 2004

 

Mi telefona il direttore dell'ASL di Varese per invitarmi lunedì 11 ottobre per la benedizione della nuova TAC del nostro ospedale. Le lunghe relazioni ruotano attorno ad una buona notizia: il presidio ospedaliere del Verbano viene mantenuto nei suoi due poli di Luino e Cittiglio. Una notizia tanto attesa che ci pone al sicuro, uscendo da uno stato di precarietà. Gli applausi dei presenti, il volto sereno e rassicurato degli operatori ospedalieri, la soddisfazione di chi ha lavorato per questo, trovano nel sole, che si è aperto un varco tra le nubi, l'efficace allegoria. Prima della benedizione, prendo spunto dalla meditazione del mattino: parlando dell'anima, un antico monaco, la paragona al frutto che giunge a maturazione per farsi dono, dopo una lunga serie di eventi favorevoli, tra cui le foglie che l'hanno protetto. Un albero di sole foglie è apparenza, come di soli frutti, non può portarli a maturazione. La benedizione è per ricollocarci in quell'umiltà che, mentre si rallegra dei risultati, mantiene la sapienza di non attribuire tutto a sé e mentre offre uno strumento si ricorda di porlo a servizio della persona sofferente con premura e umanità evangelica. Mi sento confermato nel compiere il segno di benedizione dai cenni del capo dei presenti. A volte mi sembra di porre, fuori di chiesa, gesti e parole che, in una società secolarizzata, forse sarebbe meglio non compiere e poi mi ritrovo con un consenso anche da parte di chi, da tempi più o meno lunghi, non pratica più. Tornato a casa mi telefonano dalla Provincia per invitarmi lunedì 18 ottobre all'inaugurazione della nuova struttura per la mensa delle scuole superiori. Parlo con queste impressioni e trovo puntuale una contestazione. Mi parlano del rifiuto di quei principi cristiani legati a famiglia, scuola, lavoro, vita attaccati in dibattiti televisivi, irrisi in cortei, posti in minoranza da referendum. Mi sembra saggio l'intervento di chi sottolinea la libertà personale e sociale delle proprie idee e valori. Il modo migliore per farli valere non è certo quello di barricate contrapposte ma quello proposto da San Paolo nella lettera ai cristiani della Galazia che vivevano in una società segnata da grossi problemi: "il frutto dello Spirito è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, dominio di sé, mitezza". Una società su misura dei più forti, intelligenti e belli non mi sta bene perché è sensibilmente vuota e prepotente, saccente e scettica, capace di idealizzare per sé, pronta a vantarsi di alcuni successi, abile nell'affermarsi in dibattiti. Mi piace una società che, nella diversità, non trova un ostacolo, ma una risorsa, di fronte all'incapacità si impegna nella promozione della persona. Sogno una società disposta all'ascolto e ricca di una sapienza che parla al cuore, pronta a farsi carico della fragilità del momento per avviare verso una sicurezza che offra riparo, sensibile e generosa di fronte a volti puliti e onesti che sperimentano l'umiltà di aver bisogno, aperta al contributo di ogni cultura, sensibile alla gratuità al punto da incoraggiare le esperienze di volontariato, riconoscente verso le radici di un passato da valorizzare, ricca di discernimento al punto da individuare e preparare chi possa condurla per mano. Sognare una società ampia come il mondo può scoraggiare, considerare la nostra città e lavorarci con amore può essere obbiettivo interessante e bello da perseguire.

don giorgio

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