Da niente nasce niente

da Camminiamo Insieme - anno 21, n.9 del 26 ottobre 2003

 

Mi hanno chiuso un occhio per rimediare delle piccole scalfitture, ho un tutore all'anulare destro, mi tengo il ghiaccio sul mento e sul polso e mi accorgo che non è il caso di compiangermi: riesco a scrivere veramente male. Non uso il computer perché quel tutore che protegge l'anulare non riesco proprio a governarlo mi fa schiacciare un tasto non voluto. Mi chiedo che gliene può importare alle persone come sto con i miei guai e però continuo in questo soliloquio senza chiedermi cosa produrrà. Ogni tanto qualche fitta si fa sentire quasi a dirmi: ricordati che hai un ginocchio, una spalla, una mano. Passando in ospedale più volte era affiorata sulle labbra la ovvia constatazione: in un attimo arrivi a farti un danno tale che a ripararlo ci vuole poi tempo. Ricordo di aver invitato a fare i conti con la debolezza e la precarietà e ora sono io a toccarle con mano. Mi accorgo anche che sto impegnandomi troppo in questo scritto e forse i medici mi ripeterebbero che il mio corpo ha bisogno di attenzioni perché è impegnato a rimediare ad una situazione imprevista. E' una compagnia questo scrivere, come lo sono le telefonate che mi arrivano. So che tanti non vogliono disturbarmi ma non sarebbe un disturbo, anzi un piacere. Non conosco i volti dei ferrovieri che mi hanno soccorso, ne dei volontari della Croce Rossa, ricordo invece bene il nostro caro ospedale come un premuroso familiare. C'è stato un momento in cui mi sono detto che dovevo avvisare qualcuno, ma ero tra la mia gente nel loro ambiente di lavoro. Arrivano poi i preti e le suore; i miei fratelli a cui voglio molto bene, li avviso dopo due giorni, li tranquillizzo: non mi manca niente, anzi ho troppo, anche l'affetto e la premura. Mi dico che cosa faccio di meglio o di più di chi nella difficoltà non ha un cane che lo aiuti. Adesso capisco che non posso più continuare, ho scritto di filato un'ora,ma sento che devo fermarmi e fare i conti con il mìo corpo che ha bisogno di una pausa. Dopo 48 ore dallo incidente mi aspetto di poter riprendere, visto che la testa non ha accusato problemi e per la faccia, segnata da tumefazioni e punti, non è proprio il caso di attenzioni estetiche. Mi raggela il medico con l'obbligo di rimanere a casa. Allo scoramento e all'impazienza succede che le giornate acquistano un loro volto domestico ma non pigro, anzi con tante esperienze nuove fondamentalmente legate all'imparare a dipendere e a fidarmi. Per me non è facile, ma riesco ad attendere chi mi aiuti, a gioire di un buon risultato pastorale, a comunicare per telefono con un confratello sacerdote, ad ascoltare senza avere già il pensiero altrove, a gestirmi con altri tempi e attenzioni, a vivere la preghiera, la riflessione senza l'impegno di programmare, a convincermi che mi è andata bene e poteva essere peggio.

Per i ragazzi che in questa domenica riceveranno il sacramento della cresima ero solito scrivere un pensiero. Prendo lo spunto da un canto che in questi giorni mi ritorna dentro: "da niente nasce niente". Caro ragazzo, ti sembra che lo Spirito Santo che ti è dato in dono sia un niente perché non lo vedi, ne senti: accoglilo e sta sicuro che opera. Non lo vedrai mai ma coglierai la sua azione in te e negli altri. Rifuggi invece da tutto ciò che appare ma è niente e quindi ti svuota.

Io in questi giorni ho lasciato agire un po' lo Spirito Santo e spero di aver capito qualcosa.

don giorgio

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