La difficile strada di ogni autorità

da Camminiamo Insieme - anno 21, n.6 del 5 ottobre 2003

 

Le ferie sono ormai un ricordo per tutti. La scuola ha riaccolto gli alunni; le fabbriche e gli uffici i lavoratori. La libertà delle vacanze, fissata nei colori delle foto, ora conosce tante limitazioni di orari, luoghi, abiti, compagnie e soprattutto riferimenti che non scelgo ma ritrovo pronti e confezionati. Maestri o professori, capi reparto o direttori, capi ufficio o principali, presidi o dirigenti sono le autorità con cui relazionarsi. So di tante persone che vivono queste relazioni a muso duro senza timore di dire quello che pensano; altri sopportano con pazienza; non manca chi, fuori dall'ambiente, ne dice di "cotte e di crude"; qualcuno assume indifferenza o compassione; c'è chi fa il suo lavoro e, calata la saracinesca, è un'altra persona; a tanti manca la scuola e ci ritornano con gioia e molti lasciano il lavoro con rimpianto e mal si adattano alla vita da pensionati. Insomma il lavoro e lo studio possono piacere, i compagni pure, anche i docenti o dirigenti, però in quest'ultima categoria c'è qualcuno che non è proprio simpatico perché fa sentire le limitazioni che l'autorità porta con sè.Non è facile vivere questo riferimento. Tenterò di offrire una visione dell'autorità, tenendo presente che perfino i ragazzi tra loro riconoscono o rifiutano la figura del capo. C'è sempre qualcuno che sta sopra o sotto di noi. Ho trovato interessante l'approccio al tema compiuto dal Cardinale Martini proprio in un convegno sull'autorità. Ha proposto tre norme per chi ha il compito di guidare altri:

* rispetto della persona e della sua intelligenza.

Ricordo il tratto tipico delle motivazioni del Card. Martini: riferirsi alla Parola di Dio, leggerla con particolare cura così da lasciarla riecheggiare in sé per poi proporla dopo un'attenta e diligente pratica. Nel suo linguaggio si apre sempre uno spaccato dello spirito che si è lasciato piegare e modellare dalla Parola del Signore. Mentre la propone agli altri, si percepisce il cammino con le motivazioni e le perplessità, le mete e le difficoltà, le consolazioni e gli stimoli, le aperture e le prospettive. L'altro si sente trattato non da spettatore o da scolaro, ma da interlocutore, impegnato a reagire con la propria intelligenza.

*attenzione alla singolarità della persona da amare e capire prima di indirizzarla con comandi e precetti.

Siamo cresciuti un po' tutti con il senso del dovere, dimenticando l'evangelico "se vuoi". Basterebbe leggere il brano del così detto "giovane ricco" che Gesù vede e subito chiama, per cogliere che non servono le imposizioni. A volte serve una pausa di riflessione che imporrei subito una sorta di griglia con le maglie più o meno larghe e comunque selettiva. Le regole ci vogliono, nascano però da una premura che prevede e accompagna ogni persona nella sua individualità.

*attenzione alla diversità delle situazioni.

Rimango piuttosto indispettito quando sento dai così detti "capi", espressioni che penalizzano l'oggi per esaltare il passato. Potrebbe anche essere vera l'analisi, pecca però di incapacità nell'approntare proposte e risposte adeguate alla situazione in cui ora siamo chiamati a vivere. I problemi si risolvono partendo dai dati e non in forza di recriminazioni, capaci solo di produrre ristagni di energie e capacità.

Non è certo facile guidare e orientare, formare e promuovere, rispettando e praticando queste indicazioni, ma così escono degli uomini veri che a loro volta cercheranno di vivere nel modo giusto l'autorità. Dietro ad una pedagogia sbagliata sono in agguato tanti disagi e frustrazioni che finiranno per produrre altro male.

Donami, Signore, un cuore mite ed umile.

don giorgio

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