Mettersi nelle mani

da Camminiamo Insieme - anno 21, n.37 del 16 maggio 2004

Se c'è una giornata diffìcile da vivere, è il Venerdì Santo. Sto scrivendo in Chiesa, mentre la gente entra a baciare il Crocifisso e sento la necessità tra una confessione e l'altra, di starmene con i miei pensieri. Mi aiuta scriverli. Diversamente mi sembra di percorrere dei percorsi anche interessanti, ma senza esito. Normalmente non riesco a contenere in me la gioia, ma avverto urgente il bisogno di comunicarla e cosi avviene per il momento negativo. E' difficile questo giorno, perché è la sofferenza a segnarlo con un marchio che s'imprime nella carne al punto da farla friggere. E' la vicenda della passione di Gesù e mi fa male vederlo trattare così.

Da ragazzo mi colpiva la sofferenza fisica della flagellazione e della coronazione di spine. Ora mi fa' male la sofferenza dell'animo: Giuda preferisce il denaro all'amico, Pietro salva la faccia contando falsità, i soldati giocano a deriderlo, la gente passa e scuote la testa come a dire " te la sei cercata", Pilato intuisce l'innocenza ma lava le mani, i capi e i sacerdoti pensano al potere.

E' la giostra d'ogni giorno che mi trascina ad ignorare, quasi a voltare le spalle a qualcuno per rincorrere altro e non perdere tempo: ancora ho lasciato un pezzo di umanità nella solitudine.

In questo Venerdì Santo mi arriva addosso tutto il dolore che ogni giorno tocco con mano per strada, in casa, all'ospedale o al ricovero; mi preoccupano la violenza consumata tra le mura domestiche, l'inganno e la soprafazione nel lavoro, la furbizia e polemica politica, lo sfascio di tante situazioni educative; mi aggrediscono le notizie dei telegiornali con la tensione in Iraq, la guerriglia in Palestina, le decine di guerre che insanguinano l'Africa. A questa sofferenza si aggiunge io sgomento che, finito questo giorno, darò spazio solo alle grandi disgrazie o a quelle vicine.

La giustificazione arriva puntuale: il tempo è prezioso, deve rendere; non posso sempre rattristarmi/un poco di divertimento ci vuole; sono stressato, ho bisogno di rilassarmi; occorre mantenere le posizioni acquisite per non perdere terreno; ad essere troppo buono si sbaglia, fatti i fatti tuoi, tanto quando avrai bisogno non ci sarà nessuno. Un giorno mi stupirò di essere solo con la mia sofferenza. Anche se avrò la presenza di qualcuno capirò che gli costa stare con un ammalato, ascolterò le notizie del mondo e mi daranno fastidio, mi accorgerò che la vita continua anche senza di me e che la gente programma di divertirsi e lavorare senza pensare a me.

Ricordo la sensazione di disagio quando a Gerusalemme in gruppo percorrevo la Via della Croce attorniato da negozi, urla e grida di mercanti, cani e gatti randagi, odori e sporcizia e io a cercare di raccogliermi, senza ricordare che Gesù andava a morire con questa realtà attorno. In questo mare d'incoscienza e superficialità , mentre uno soffre, ho trovato una risposta in un verbo: "consegnare" che ritorna nella passione di Matteo: Gesù si consegna, sì fida, si mette nelle mani dei soldati, dei capi, di Filato, dei sacerdoti, della gente e lo trattano male, fino al centurione che lo riconosce Figlio di Dio. Quel corpo consegnato è stato massacrato dagli uomini, rimane ancora da mettere nelle mani del Padre il suo Spirito, tutta la sua storia. Storia del Figlio di Dio che si è fatto uomo per insegnarci che una vita continua, solo se si consegna: qui inizia il mio cammino.

don giorgio

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