Voglia di domande

da Camminiamo Insieme - anno 21, n.36 del 9 maggio 2004

"Tutti possono dare risposte, ma per porre domande ci vuole un genio",questa frase di Oscar Wilde ferisce alle spalle, direbbe Soren Kierkegard.

Fin da bambini ci hanno messo a tacere per le continue domande e gli assillanti "perché", poi ci siamo attrezzati a cercare le risposte. Un sacerdote è spesso interpellato e deve offrire risposte. Di fronte a tanta urgenza cerco di guadagnare tempo per riflettere, per riconoscere la difficoltà del quesito, evitando di essere sbrigativo. Una comunicazione più puntuale potrebbe evitare tante telefonate del tipo: a che ora è la messa a San Giuseppe, piuttosto che quando è possibile confessarsi. Mi incuriosisce nella frase di Wilde la parola genio, riferita ane domande perché ho sempre ritenuto decisivo offrire risposte. Ora, perché un narratore così abile, propone un diverso riferimento? Uno scienziato, se è veramente tale, conosce tutte le risposte offerte da chi l'ha preceduto ma, ad un certo punto della ricerca, si trova a formulare la domanda per eccellenza, che finora nessuno ha posto con tanta chiarezza. Per arrivare a questa domanda c'è voluto, appunto, un genio. Se accorcio le distanze e passo al vivere quotidiano di una persona qualunque, come sono io, mi trovo con tante domande legate alla vita mia o di altri. Sono così importanti e decisive che mi superano, sgomentano, lasciano senza respiro. Mi spiego. Se uno mi chiede: perché a me questa malattia, perché la morte di questa persona cara, perché per me questa gioia o consolazione, e dopo questa vita? In verità non so rispondere, mi paiono domande che escono dal cuore e per rispondervi bisognerebbe stare in quel cuore.

Siccome cerco di vivere nella fede, pongo le mie domande a Gesù che mi offre nel Vangelo risposte sorprendenti come questa: "venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò" che è come dire tu sarai la risposta al mio tormento. E questa arriva così:" perché io sono mite ed umile di cuore". La prima reazione è che questa non è una risposta. Invece sì, perché non ti dico parole, ma alla tua tristezza offro la mia presenza. Perché geniale la domanda, quando verrebbe voglia di definirla esistenziale? Perché c'è di mezzo non una questione di testa, ma di vita e, per sintetizzare la vita, ci vuole un genio.

La banalità di tante domande ci porta a trascurare, a lasciare cadere, a non dare importanza. Proprio mentre scrivo, scatta l'allarme in chiesa, vado a controllare. E' una giovane donna con il figlio che cerca il sacerdote e non si è accorta dei cartelli che segnalano il limite da non superare. La domanda colpisce alle spalle: può aiutarci, mio marito è là fuori, si vergogna. Direte dove si trova la genialità? Forse nella sfrontatezza, nel puntare sulla compassione? Io penso che per arrivare a dire ho bisogno, mi aiuti, ci voglia veramente una testa notevole che depone orgoglio e fierezza di sé e si fa questuante.

Ricordo una persona che si dichiarava disposta a morire di fame pur di non chiedere aiuto.

Riprendo ancora il mio cammino con una voglia di domande che, con il passare del tempo, invece di diminuire aumentano e mi chiedono sempre nuove risposte.

don giorgio

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