Saziatevi di gioia
da Camminiamo Insieme - anno 21, n.34 del 25aprile 2004

La paura si insinua nel nostro animo all'improvviso anche
nei momenti normali e tranquilli, si affaccia con curiosa malizia a spiare
le reazioni, si compiace di incrinare la serenità di un momento, conosce il
punto debole e proprio lì ferisce, ci fa sentire poveri, deboli, incapaci,
precari, incompleti, bisognosi. Non serve assumere atteggiamenti sicuri o
spavaldi, orientare i pensieri verso altri orizzonti, compiacersi di risultati,
prospettare altre iniziative, lei rimane lì, presenza inquietante. Anche il
vivere frenetico, l'aggredire il tempo con una agenda ricca di appuntamenti
o propositi, l'intraprendere pratiche rilassanti, non porta giova- mento,
anzi, sia la stanchezza che il riposo offrono uno spazio propizio per il suo
affermarsi. Invece di introdurre il Padre nostro con una delle formule abituali,
a volte preferisco avvalermi della breve antifona allo Spezzare del pane.
Così ho trovato una frase che mi ha profondamente sorpreso. Proprio qui ho
trovato, nella quinta domenica di Qua- resima: "Nessun timore se poveri siete,
sazia- tevi di gioia". L'interesse offerto da quella parola "povero" tante
volte sperimentata, dif- ficilmente ammessa e tanto meno accettata, ha provocato
curiosità, attenzione oer una soluzione. La paura mi fa sentire povero e allora
vorrei trovare il mezzo per uscire da questo bisogno. Trovare quel "saziatevi
di gioia" mi sembra strano, fuorviante, pericoloso. Strano perché se manca
qualcosa, sono abituato a comprarlo o a faticare per averlo. Fuorviante perché
non è pensando a realtà gioiose o procurandomi occasioni piacevoli che io
risolvo ciò che impone timore o paura in me. Pericoloso perché c'è sempre
l'agguato di una scelta di vita edonistica, che ricerca il piacere come fine
a se stesso. Nelle sante confessioni pasquali ho sempre invitato a vivere
come penitenza: dire ad un familiare quale difetto, aspetto del carattere
non è gradito. A volte ho colto sul volto già la convinzione per un tale incontro
o la commozione per un'intesa da sempre ricercata e mai trovata. C'è la paura,
il timore, anche con i familiari, a parlare il linguaggio del cuore perché
magari mi prende in giro, non mi capisce, è troppo tardi e così si rimanda
quella gioia che potrebbe saziare per lasciare sempre campo libero alla contrapposizione
tanto detestata ma continuamente favorita. Povertà e miseria sono praticate
in continuità, come stile di vita perché ci si vuole far carico di tutto e
di tutti. Genitori che vivono in tensione ed ansia per i figli, dimenticando
che questi, grandi o piccoli che siano, hanno bisogno di vederli pieni di
gioia per il loro matrimonio, invece di sentirli questionare per loro. L'ansia
per la salute, la tristezza per il passare degli anni, la paura di non essere
più prestante da parte di persone che pure sono in buone condizioni rispetto
all'età, finiscono per portare lamenti, angosce, insicurezze per anni senza
approfittare del momento che sarebbe favorevole per tante possibili gioie.
Anche i giovani si saziano di gioie fittizie che non soddisfano, rinunciando
alle gioie più grandi e vere per una serie di timori che li blocca di fronte
al matrimonio, visto come "prigione dell'amore o insieme di responsabilità",
quando invece potrebbe essere una scelta indovinata e giusta. Scegliere la
convivenza, allungare i tempi del fidanzamento è continuare a rimandare quel
consegnare la vita che è decisivo per una vita matrimoniale. La vita è veramente
un tesoro e l'apprezza solo chi ha paura di perderla, solo chi si sente povero
e debole, solo chi ha un grande desiderio di gioia. San Paolo ha un'espressione
forte: "solo quando sono debole mi sento forte" perché posso contare sul tuo
amore, o Signore, che mi ha offerto la possibilità di vivere nella gioia,
superando ogni tormento.
don giorgio