Vivere e crescere insieme
da Camminiamo Insieme - anno 21, n.23 del 8 febbraio 2004

Non sembra vero, ma sul palco del Teatro Sociale giovedì 22
gennaio alle ore 21 ci sono i ragazzi di terza media dell'Istituto Parrocchiale
Maria Ausiliatrice. Se è ormai tradizionale l'appuntamento in vista del Natale,
questo è decisamente unico. Un simpatico e originale depliant e grandi manifesti
hanno proposto a tutti questo spettacolo patrocinato dall'assessorato alla
cultura del Comune di Luino che ha riconosciuto come premio, per la vittoria
ad un concorso, anche la preparazione del testo e del teatro ad opera di Roberta,
membro della scuola teatrale di Milano "quelli di Grock". I ragazzi li conosco
tutti da qualche anno e mi stupisce che ci sia tanta unione tra loro. Li ho
visti, nel poco tempo che posso dedicare alla scuola, scatenati nel calcio,
appartati in considerazioni, pronti a difendere il proprio spazio, orgogliosi
per i risultati, testardi fino al litigio, distratti, timidi, sfrontati, insomma
ragazzi dì questa età. Mi arriva nuova e strana anche la voce che cerco di
collocare sulle labbra dì chi recita. Sono voci chiare, naturali non artefatte,
a volte le parole sono sussurrate in un progressivo e rapido evolversi, in
altri momenti urlate a voce spiegata; i suoni gutturali si alternano al ritmico
battere delle mani. Spontanei e liberi i movimenti, senza quell'imbarazzo
tipico del preadolescente che si percepisce goffo con la fastidiosa e continua
ricerca di come sistemare le mani o le gambe. Gli applausi del numeroso pubblico
esprimono soddisfazione e consenso per uno spettacolo di qualità. I genitori
dicono la sorpresa per l'inattesa espressività del figlio. Gli insegnanti
approvano la qualità del lavoro. Qualcuno guarda lontano e già vede nel teatro
la panacea, cioè il rimedio universale ad ogni limite e guaio. Più realisticamente
mi sembra importante comprendere che sia un effetto magico lodare, incorag-
giare, valorizzare chi non aspetta altro che questo. La regista definisce
questi ragazzi meravigliosi, Non c'è più nessun insegnante deciso ad usare
epiteti che un tempo infioravano spiegazioni o interrogazioni, però permane
una sorta di genere letterario che reprime, minaccia, rimprovera, stimola.
Si offrono dei premi perché si stia buoni, si riesca in quello studio che
è dovere, senza avere però quella prossimità che è stare con. Anch'io mi sono
sorpreso davanti a temi svolti con povertà di pensiero, senza legame, in un
linguaggio ripetitivo, ma se uno ha la pazienza dì raccogliere un parlare
povero, si trova di fronte ad un canovaccio da ulitìzzare, in questo caso
per un teatro, diversamente per entrare in questo arcipelago della preadolescenza,
goffa ma partecipe e viva. Dietro ad una faccia segnata dall'immancabile trucco
di scena, leggo il volto di questi ragazzi e vi vedo la voglia di crescere
insieme e non solo dì stare insieme. Mi piace e mi fa bene vederli cercare
questo o l'altro insegnante, riconoscere l'importanza della presenza di una
suora, accogliere "il mio buon giorno", allearsi con un educatore per cantare
o giocare. Mi piace perché ci sono degli adulti che vivendo insieme con loro
accettano anche di crescere. Non è vero il detto latino: "quos non donnavit
ad metalla, donnavit ad pueros" (chi è scampato alle miniere se la veda
con i ragazzi) lo insegna Don Bosco con la sua educazione del cuore.
Qualcuno dei suoi ragazzi, fatto adulto, ebbe a riconoscere:
"non ci ha mai fatto mancare l'affetto".
don giorgio