Da estranei a familiari
da Camminiamo Insieme - anno 21, n.20 del 18 gennaio 2004
E' il pomeriggio dell'ultimo giorno dell'anno e me ne sto
solo, in chiesa alla luce dell'albero di Natale e del presepio. Due segni
natalìzi che sono praticamente in ogni casa a richiamare la tentazione dell'egoismo
che si è affermata attorno all'albero dell'Eden e a proporre come antidoto
la semplicità della nascita di Gesù con quell'accorrere di angeli e pastori
che popolano ogni presepe: Eva ed Adamo con il loro tentativo di affermazione
personale a dispetto di Dio, si sentono estranei, i pastori con il loro andare
alla grotta di Gesù, trovano una forma di familiarità prima ignota.
Mi ritorna all'orecchio la frase di un romanziere bengalese:
"I tuoi propri intimi non possono diventare gli altri, un altro però può diventare
l tuo intimo". E' proprio vero! Una realtà carica di intimità come la famiglia
rimarrà sempre tale, niente la potrà mai spezzare. Ho però incontrato coniugi
che sono passati dall'amore più vivo all'odio, intolleranza o indifferenza
più amari. Ho visto in questi anni di sacerdozio a Saronno, Desio e Luino
l'intimità che favorisce la conoscenza più vera dell'altro coniuge e poi arrivare
a vivere in modo crudele la debolezza dell'altro. Forse il romanziere bengalese
ha davanti un'altra cultura o forse guarda e coglie la forza positiva dell'intimità
che genera familiarità. A me sembra che ne l'odio, ne l'indifferenza tra due
coniugi che si detestano e non vogliono più vivere insieme non possono distruggere
quella breve o lunga, intensa o fragile storia d'amore che ha reso due persone
una cosa sola. Si possono esprimere tutte le valutazioni, ipotesi, diagnosi
ma una persona, con cui hai vissuto una intimità non solo fisica ma spirituale,
non può diventare un estraneo. Lo stesso odio e indifferenza dicono chiaramente
il contrario. Guardando le tantissime lampadine che brillano sull'albero di
Natale (riusciremo a poco a poco ad arrivare a 8000 piccole luci quanti sono
appunto gli abitanti della parrocchia) riscopro la verità della seconda parte
della frase.
Io sono arrivato qui, estraneo a questa terra, senza questa
cultura, senza legami familiari, con un'unica affinità, quella della fede
nello stesso Dio di Gesù Cristo e mi sono trovato tra la mia gente, come a
casa mia. Quale familiarità intercorre tra noi lo colgo in molteplici occasioni.
Voglio ricordarne una che tocco con mano ogni volta che varco la soglia di
una casa per la benedizione: mi sento atteso e accolto con l'unico rammarico
di non poter sostare. Penso che a partire dalla stessa fede in quel Gesù,
che è nato tra noi e per noi ha dato la vita, sia possibile recuperare un'intimità
familiare più viva e vera e inaugurare quell'amicizia cristana che non delude.
La vicinanza alla Festa della Sacra Famiglia ci porti ad una
rinnovata premura per la vita familiare ma anche per il fiorire di un'amicizia
tale che prenda a cuore chi ora ci è estraneo ma potrebbe essere una benedizione
per la nostra vita.
don giorgio