Nascosto ma non tanto

da Camminiamo Insieme - anno 20, n.44 del 06/7/2003

 

Il dolore ha i suoi luoghi.

L'ospedale e le case di riposo ripropongono di letto in letto un'esperienza sempre diversa perché la sofferenza, pur nella stessa patologia, ha echi ed espressioni mai simili.

Il dolore, quando interessa il corpo, non è solo fisico ferisce sempre un io che reagisce, si impaura, formula ipotesi, immagina il peggio, cerca vie immediate di uscita.

Diventa impressionante il dolore di una persona depressa, esaurita, stressata, vittima... Possono essere giovani con un futuro garantito da sicurezza economica, possibilità di studi, prestanza fisica, che portano in sé una serie di insicurezze, paure, complessi ignorati con una vita piena di divertimento, per ritrovarsi con incubi, ossessioni, pesi.

C'è sofferenza nell'insoddisfazione per la superficialità mentre si vorrebbe più saggezza e nel desiderio di bene con l'amara constatazione della perdita di occasioni.

Piccoli o adulti portiamo con noi il bagaglio delle nostre ragioni e certezze, il bisogno di stima, l'urgenza di sentirci compresi e valorizzati.

Basta un contrasto, un'incomprensione, un'indifferenza, una diversa valutazione, un'altra scelta e il dolore si espande penetrando nei sentimenti, si impone nel bisogno di gridare l'indignazione, si intestardisce nel penalizzare chi non ha dato una risposta conforme alle attese.

Potrei continuare a scrivere di di incontri in cui il dolore è presente in ogni persona sia nel bambino della scuola dell'infanzia che in chi si ritiene contento e soddisfatto.

Quale terapia per tutta questa sofferenza?

Mi permetto alcune risposte e proposte trovate nella vita.

Il dolore fisico può farci percepire la fragilità e la limitatezza, uscendo dai deliri di onnipotenza e chiede di non essere mai trattato solo come patologia.

Il dolore mentale e dell'animo ha bisogno di una grande capacità che mi pare possibile riassumere così: certo questa persona, con i suoi stati d'animo, può darmi dei problemi, ma che cosa può essere il mio disagio di fronte alla sua sofferenza? Come Gesù dovrei esercitare maggiore misericordia, conforto e consolazione. Sempre valida e incisiva la regola d'oro del Vangelo: "non fare ad altri quello che non vorresti fosse fatto a te, fa agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te".

Tante vite faticano a fiorire per infanzie, fanciullezze , adolescenze vissute male a causa di presenze sbagliate o di assenze.

Non ci si improvvisa educatori, forse la tematica del dolore, non ben considerata o peggio gestita in modo approssimativo o con scelte intese a cancellarlo, continua a fare vivere disagi terribili.

Mi riapproprio del consiglio che mi ha accompagnato nella mia giovinezza: "nessuno può dare quello che non ha".

Se il seme gettato nel terreno è cattivo non si possono pretendere buoni frutti.

Non è vero che per vedere il dolore occorra frequentare i luoghi dove è di casa, lo si trova ovunque, se appena si hanno occhi e cuore per vederlo.

don giorgio

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