Puoi dimenticare tutto, manon di essere caro a qualcuno
da Camminiamo Insieme - anno 20, n.31 del 6/4/2003
Non so in quale conto l'Arcivescovo terrà le mie osservazioni
sulla traccia della lettera pastorale che vuole proporre alla diocesi.
Il tema della missionarietà era già affiorato negli incontri
di agosto mentre era ospite nel monastero di Agra, ora si afferma con la chiara
intenzione di arrivare a tutti i battezzati.
Ho steso le mie osservazioni alla sua traccia per continuare
poi nello stile confidenziale di una lettera, proponendo la missione (cioè
l'andare, lo stare con tutti) a partire da quello che Gesù dice nel Vangelo
di Giovanni: "Vi ho chiamati amici"'.
Questa amicizia che arriva a costruirsi concreta nel termine
amico, mi è apparsa subito evidente e in modo forte mi ha colpito alle spalle,
durante la settimana di Esercizi Spirituali, meditando il Vangelo di Giovanni.
L'ho proposta argomentandola (vedi
in seconda pagina) all'Arcivescovo ma ora la voglio sperimentare con voi
nei nostri Esercizi Spirituali che, come annunciato, vivremo da lunedì 7 aprile
a venerdì 11.
Avremo così l'occasione di esercitarci nella preghiera come
Abramo che si sente amico di Dio; di stare con Mosè in un a tu per tu sul
Sinai; di accogliere come Marta, Maria e Lazzaro la frequenza di Gesù nella
propria casa, ascoltando la Parola amica; di chinare il capo, come il discepolo
Giovanni nell'ultima cena.
Ci eserciteremo poi nella meditazione di quell'orrore che
è tradire l'amicizia, viverla in modo scontato e scialbo, continuarla con
i segni evidenti dell'interesse o della paura, lasciarla per riempire la vita
di una serie di pratiche religiose, non animate dalla fede.
Ancora esercitarci (esercizi spirituali è proprio questo)
nel recuperare le relazioni con tutti nella concretezza, stima, intensità
di un'amicizia che non può essere solo con pochi intimi, scelti e selezionati
ma deve offrire spessore e calore alla fraternità che è urgente praticare.
Mi sono chiesto più volte perché nei Vangeli sinottici (Marco,
Matteo, Luca) si parli di fratello, mentre nel Vangelo di Giovanni di amico.
Mi è venuta la risposta con quel termine "Nomadelfia" (la fraternità è legge)
dato don Zeno alla comunità da lui fondata in Toscana.
La fraternità infatti ha bisogno di norme, esortazioni, indicazioni
per il suo vivere, mentre l'amicizia vive la libertà di un'adesione voluta
e scelta, aperta e fiduciosa, limitata all'inizio, e, se vera, sempre più
capace di diffondersi.
Un altro esercizio proprio dello spirito ci attende: gustare
le parole, capirne il significato e la forza, accogliere l'orrore e il disgusto
per la superficialità nell'ignorare la potenzialità di una parola viva e vera.
Una persona mi ha suggerito un'altra estensione: quella del
clima amicale da realizzare in ogni ambiente e situazione, con ogni persona
piccola o grande, sola o ben inserita.
Molte persone arrivano davanti al Signore con tanta amarezza
e delusione, frustrazione e senso di vuoto, fatalismo e resa motivate dal
clima familiare, lavorativo, sociale... Come si può fare con dei conoscenti,
così a volte abbiamo bisogno anche con il Signore di vuotare il sacco per
aver un po' di sollievo.
Se ci limitiamo a questo sfogo, finiamo per ritornare a vivere
ancora la stessa sofferenza perché rimaniamo convinti dell'impossibilità o
incapacità a cambiare il clima.
Appunto perché non riduco il Signore ad essere una carta assorbente
dei miei stati d'animo o delle mie ragioni, ma provo a lasciarmi sorprendere
dal fatto che, pur nel lamento, sto vivendo un fatto di amicizia e che se
sono lì, è perché lo sento amico: questo è il fatto da valorizzare e su cui
puntare, questa è la positività da gustare per poi portarla, magari dopo una
lotta notevole, nel difficile intrico dei rapporti umani in famiglia o altrove.
Riappropriamoci di questa bellissima realtà da testimoniare:
"Puoi dimenticare tutto, ma non di essere caro a qualcuno".