Separarsi per incontrarsi di nuovo

da Camminiamo Insieme - anno 20, n.30 del 30/03/2003

 

 

 

Ad un giovane che mi parla di separazione matrimoniale perché non è più possibile vivere insieme per la diversità dei caratteri, faccio notare che anche la Chiesa nella sua sapienza secolare prevede la separazione.

Lui si meraviglia, gli sembra impossibile, si riprende per riferirsi all'annullamento, alla Sacra Romana Rota.

Rimarco che si tratta di una separazione in vista non di una rottura definitiva come quella sancita dal tribunale come divorzio, ma in vista di un incontrarsi di nuovo.

La reazione è immediata: ormai non c'è più nulla da fare, quello che doveva essere tentato è stato fatto. Ci lasciamo ciascuno con la propria idea.

Ho da tempo imparato che le belle frasi ad effetto possono richiamare l'attenzione, focalizzare un aspetto, interpretare sentimenti, arricchire la collezione, ma se non entrano a far parte della nostra vita a ben poco serve riportarle scritte o fissarle nella mente.

Ne ho la prova qui davanti agli occhi: questo giovane mi ha fatto intuire che la frase l'ha colpito, ma non la ritiene praticabile.

Eppure nel bagaglio della sua vita c'è stata l'esperienza dei primi incontri, con la tristezza di quel lasciarsi, sempre rimandato da un'altra scusa.

Ora tutta questa esperienza non conta più anzi, proprio il progressivo disinteresse, l'accentuato contrasto, la pesante diffidenza, la fredda insinuazione, lo scontato convivere, il rimandato confronto, il progressivo silenzio sui sentimenti, a poco a poco hanno portato a quella differenza di caratteri, dichiarata ora, ma un tempo cercata.

Nessuno si innamora di uno simile, si cerca la diversità. E' una grazia incontrare persone che assaporano le parole non le buttano a caso una dietro l'altra, le cercano nel silenzio di un ascolto, le donano con misura e garbo, le propongono dalla riserva dell'esperienza, le accolgono come partecipazione a Colui che è la Parola.

Trovo nella mia storia un grande maestro nel Cardinale Martini. A volte mi sorprendo a pensare a lui o meglio a sentire il suo sguardo che, in una sala zeppa con discrezione sembra cercarti; mentre parla a tanti è lì che indugia con te; nella foga di una domanda lo senti pacato nella risposta, pronto a valorizzare, attento nel precisare; nel suo passare tra la gente molti lo avvertono signorile e distaccato e tale diventa in un ambiente freddo, ma se solo avverte un poco di calore e partecipazione si abbandona a confidare qualcosa di suo.

Ad un sacerdote che si complimentava per la serenità, nella prossimità del distacco dalla diocesi, diceva: "vedi ieri sono stato a Luino " II segreto di questa umanità sta nella familiarità con la Parola di Dio, ricercata con amore, mai ritenuta scontata, desiderata al punto da dedicarle tanto silenzio e tempo pure tra le molteplici occupazioni.

Con una persona così è chiaro che la diversità ha uno spessore decisivo: l'incontro non degenera mai in uno scontro; l'animosità si placa; la decisa presa di posizione si stempera per lasciare posto ad altre possibilità; il discernimento diventa contagioso e a poco a poco entra a far parte del tuo bagaglio.

C'è nel Vangelo una parabola poco nota: "il discepolo del Regno, (e quindi ogni cristiano) è simile ad un padrone di casa che trae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche".

Nel Cardinale Martini ho avuto la gioia di trovare una persona che ha inciso nella mia vita con gesti e parole, silenzi e confidenze, sguardi e attenzioni, e questo pur con incontri rari.

Vorrei tanto essere nella mia comunità una presenza positiva che aiuta e fa ritrovare quella fiducia nelle persone che il Signore ci ha messo vicino.

Proprio con loro è decisivo inaugurare un linguaggio non formale, attento a manifestare stima, bisognoso di un confronto, desideroso di offrire parole che fanno del bene.

C'è un'esperienza che racchiudo in un felice slogan:

"ci separiamo per incontrarci di nuovo".

Forse la Quaresima è occasione propizia per chiedere la vera prudenza.

don giorgio

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