Saguedo, chiesa di San Barnaba Apostolo

45026 Lendinara (RO) - ITALIA

 

Un po´ di storia...


Spunta il fondo SAGUEDUM una prima volta nell´atto notarile con cui il 3 aprile 1170 Isacco, abate dalla Vangadizza, investe a titolo di feudo Alberto e Obizzo, marchesi estensi, di alcuni territori, nei confini di Lendinara. Successivamente papa Alessandro III (Ferrara, 7 maggio 1177) conferma all´abate Isacco possessi e privilegi. La conferma viene pure da parte dell´Imperatore Federico Barbarossa "terris Saguedi".


La località SAGUEDUM - SAGUETUM - SAGUè - SAGUEDO ritorna spesso nella storia del grande monastero.


Alla parrocchia di S. Barnaba inizialmente era unita anche la Terra del Barbuglio: la frazione fu distaccata dalla chiesa matrice con decreto del Nunzio a latere del Dominio veneto in data 6 maggio 1567.


Non si conosce l´inizio della parrocchia: le prime notizie provengono dai "Libri dei notai". è del 4 ottobre 1407 la rinuncia alla parrocchia di S. Barnaba di Jacobo Parmense seguita il giorno successivo dalla investitura di Lorenzo, monaco camaldolese, che rimpiazza il rinunciatario. Il verbale del notaio riporta anche il cerimoniale con cui si svolgeva l´investitura e che è in tutto simile a quello in uso oggigiorno nella chiesa adriese.


Visite pastorali


Mons. Giulio Canani, vescovo di Adria, celebra la prima Visita pastorale alla Chiesa di S. Barnaba in Saguedo il 31 ottobre 1564: rettore della Parrocchia è don Lorenzo Bernardi. Il numero degli altari è elevato: se ne contano cinque e sono dedicati a S. Barnaba, alla Madonna, a S. Lucia, a S. Giuliano e ai Santi Cosma e Damiano.

Strana questa pariglia di Santi esotici: sembrano spuntati dalle litanie. Chi li ha "importati" sapeva che entrambi erano medici e la gente se li sentiva protettori comprensivi del suo travaglio quotidiano.

Gli altari sono poveri, di legno, con una dotazione miserrima. Anche l´inventario dei beni e degli oggetti è fatto di ben poche cose: solo c´era abbondanza di messali, quattro per la verità. In mezzo a tanta povertà risplendono due calici d´argento.


C´è poi la parte inquirente della visita. Il vescovo, ci par di vederlo, come lo riporta una tela all´Ariostea di Ferrara, con quella berretta posta a sghimbescio sulla testa, sottolineare con parole forti un abuso, da non più ripetersi: la festa patronale si concludeva in chiesa, con una mangiata generale, una vera gozzoviglia, commessationes come si legge nel verbale. Abbiamo trovato una simile abitudine in altre due parrocchie: alla sera della Commemorazione dei Defunti in chiesa si faceva un gran banchetto.

Un rimasuglio di tradizioni longobarde e pagane che si perde nella notte dei tempi. Contrasta invece col carattere forte del prelato la delicatezza usata al cappellano e non vuole neppure inquisirlo, come abitualmente fa con gli altri preti, perché lo sa di buona cultura e di ottima condotta.

è don Facino Rizzi che tre anni dopo sarà il nuovo rettore di Saguedo come da atti nel notaio Luigi Paleati di Badia.


Gli abitanti sono 360, compresi quelli di Barbuglio, perché la frazione sarà smembrata dalla chiesa madre solo tre anni dopo. Ma una specie di cordone ombelicale la terrà legata per molto tempo alla matrice: un canone annuo di L. 6,4, una libbra di cera e inoltre l´obbligo di una funzione religiosa.

Tutti gli anni, il giorno dell´Ascensione, il parroco di Saguedo di ritorno dalla processione solenne per la benedizione dell´Adige, si fermava con tutti i suoi parrocchiani nella chiesa di Barbuglio e cantava solennemente il Vangelo delle Rogazioni.

Questa innocente cerimonia fu causa di continui screzi fra le due comunità: una guerra fra campanili con contusi e feriti. Erano armi ben manovrate i candelieri, le mazze delle Confraternite e i "penelli" degli stendardi. Si fece ricorso alla suprema autorità veneta del Consiglio dei Dieci. Si giunse (è il colmo) a interessare lo stesso Napoleone, che dal suo quartier generale di Mombello, l´8 messidoro (I luglio) 1797, scrisse al "Vescovo di Rovigo" di por fine subito alla vessazione fatta alla Comunità di Barbuglio: è un´imposizione sbrigativa, nello stile del despota e del conquistatore.


In visita pastorale troviamo anche il vescovo Laureti (20 ottobre 1592). La cura è affidata a D. Benedetto Lucchesi di Feltre. Ci sono due cappelle laterali, il fonte battesimale, il campanile, tre altari: gli altri due altari trovati nella precedente visita erano stati rimossi. Dal 1600 fino alla soppressione (1792) le visite pastorali sono fatte dagli abati o dai loro vicari, ma nel 1793 comincia a celebrarle il vescovo di Adria, A. Speroni.


La chiesa attuale


Una lapide infissa sull´edificio testifica che la "facciata del tempio fu innalzata dalle fondamenta, l´anno 1794, con le offerte dei fedeli". Ne aveva tracciate le belle linee e ne diresse pure i lavori il sacerdote lendinarese don Giacomo Baccari: con delicato senso artistico completò anche il resto del tempio che rese armonioso e piacevole, arricchito pure da originali altari barocchi in marmi policromi e da pregiate opere di scuola veneta.


Notizie tratte da "Comunità e Chiese nella Diocesi di Adria-Rovigo", di Alberino Gabrielli Ed. Ciscra.


Elenco dei parroci che hanno svolto il loro servizio presso la parrocchia di Saguedo:


D. Facino Ricci, curato dall´anno 1556

D. Gio-Batta Lucchesi, curato dal 1592

D. Giovanni Marasalebi, curato dal 1634

D. Melchiorre Rizzi, rettore dal 1639

D. Vito Matterano, parroco dal 1680

D. Francesco Campioni, parroco dal 1686

D. Domenico Biscioni, arciprete dal 1693

D. Lodovico Dr Boldrini, vicario

    (arciprete Generale della Vangadizza) dal 1725

D. Francesco Garavello, arciprete dal 1747

D. Pier Antonio Bianchi, arciprete dal 1776

D. Olivo Casarotti, dal 1789

D. Luigi Bellinazzi, dal 1814

D. Giacomo Nereo Santorio, dal 1855

D. Francesco Marega, dal 1871

D. Giovanni Bisson, dal 1909

D. Agapito Gabrielli, dal 1921

D. Giuseppe Andreetto, dal 1928

D. Nazzareno Barion, dal 1952

D. Adriano Montorio, dal 1982

D. Wanni Manzin, dal 1995

D. Stefano Maniezzo, dal 2004

Mons. Vittorio De Stefani dal 2009