NOTIZIE STORICHE SULLA CHIESA DI VALVERDE

Le origini
La Chiesa di Valverde sorge dove un tempo si trovavano la casa ed i giardini del poeta spagnolo Marco Valerio Marziale, vissuto nel I secolo d.C., il quale, di ritorno dalla città di Roma, si fermò ad Imola per un certo periodo di tempo. Della casa non restano tracce certe, ma la Chiesa, costruita successivamente, ricorda col suo attributo "in Valverde" la presenza del giardino di lauri e pini.
Una lapide murata su una parete esterna della Chiesa di S. Maria di Valverde, porta la seguente iscrizione:

HEIC UBI VALVERDENSIS ECCLESIA STAT Qui dove sorge la Chiesa di Valverde
VIRGINI MARIAE DEI GENITRICL alla Vergine Maria Madre di Dio
DICATA dedicata,
AEDES ET VIRIDARIA la casa e i giardini
M. VALERII MARTIALIS di M. Valerio Marziale
VATIS BALBITANI poeta di Bilbao
ARGUTIS EPIGRAMMATON LIBELLIS per gli arguti libretti dei suoi epigrammi.
TOTO NOTI IN ORBE noto in tutto il mondo
PATEBANT si trovavano.



L'abate Ferri, sulla base di numerosi documenti d'archivio, afferma che in quei giardini sorse verso il 1300 una Chiesa parrocchiale. La chiesa era dedicata all'Ascensione di nostro Signore Gesù Cristo, che era rappresentato in un quadro di Bartolomeo Cesi che oggi si trova nel Museo Diocesano. Successivamente la Chiesa perse le funzioni parrocchiali che riacquistò solo nel 1830.
Annesso all'antica Chiesa di Valverde vi era un Ospedale, come si rileva da un Instrumento dell'anno 1161. Si tratta certamente di uno degli Ospedali più antichi della nostra città ,anteriore quindi anche alla chiesa stessa, che dagli stessi documenti citati dal Ferri, viene ricordato assieme a quelli di S. Maria della Scaletta, di S. Spirito e di S. Lazzaro. Numerosi lasciti di beni immobili e mobili, a beneficio dell'Ospedale di Valverde, si ricordano dal 1270 fino all'anno 1448. II dominio diretto e il giuspatronato di questo Ospedale appartenevano alle Reverende Monache di S. Domenico, a loro spettava la nomina dei Rettori e degli Amministratori.
Dopo la distruzione dell'ospedale, avvenuta nel 1448, il luogo e la chiesa passarono alla compagnia di S.Rocco, confraternita di imolesi nobili e agiati. Essi prima l'ebbero in enfiteusi (una forma di affitto a lunga scadenza con migliorie a carico dell'affittuario) e poi ne divennero proprietari. Questa chiesa di Valverde sorgeva attigua all'orticello della canonica attuale, dalla parte di levante. Era un edificio molto semplice, ad un solo altare con la Madonna dipinta sul muro.

Dal 1500 ad oggi
Accresciuto il culto a quella bella e devota immagine della Verginee non bastando più la piccola e vecchia Chiesa, la Confraternita, negli anni 1518 e 1519, pose mano a quella attuale, che sorse più a ponente e distaccata mediante 1'orto e la canonica dalla vecchia Chiesa, la quale, sconsacrata, fu adibita ad uso di disseccatoio di seta per il filatoio, che sorgeva qui vicino.
Nella fabbrica della nuova Chiesa concorsero in particolar modo i Calderini, dei quali si ricorda come un Fausto, nel 1571, fece fare il bel portale in arenaria, di ordine dorico, con timpano triangolare, col fregio adorno di biglifi e metope di ispirazione classica, tra le quali, nel mezzo, campeggia lo stemma dei Calderini; il portale, che fu 1'ingresso principale alla Chiesa fino al 1618, esiste tuttora su Via Felice Orsini (già Via Valverde). Esso fu restaurato nel 1965 dall'Associazione per Imola storico artistica.
Nel 1608 la Chiesa, che era "a travi", venne trasformata "a volta", al qual lavoro concorse con vistosa somma il pittore imolese Bongiovanni.

La Confraternita, nel 1617, bandì un concorso fra gli artisti del tempo per ampliare la Chiesa. Vi concorsero i più valenti architetti, fra cui Domenico Belegazzi e Floriano Ambrosini. Fu scelto il disegno dell'Ambrosini e alla costruzione presero parte i noti maestri muratori Guglielmo Rosa, Matteo Lollini. Alessandro Minganti e Achille Grandi. La Chiesa assunse 1'ampiezza e la forma attuali mediante il prolungamento della medesima e la costruzione di una bella e classica cupola sopra 1'altare maggiore. Si spesero oltre tremila scudi.

Interno della chiesa
La chiesa non ha subito negli ultimi due secoli particolari trasformazioni, a parte le variazioni rese necessarie da esigenze di carattere liturgico. Un cancello in ferro decorato d'ottoni, che era stato costruito nel 1620 a spesa del nobile Giovanni Pantaleoni, posto a chiudere il presbiterio dell'altare maggiore. Oggi non esiste più, a seguito di un rimaneggiamento subito dalla Chiesa nel 1974 in seguito al Concilio Ecumenico Vaticano II, svoltosi negli anni 1962-1965. Anche 1'altar maggiore fu oggetto, in quell'anno, di una particolare trasformazione per consentire al sacerdote di celebrare volto verso il popolo.

Opere pittoriche
La Chiesa conserva importanti quadri dei secoli XVI e XVII, alcuni dei quali hanno subito di recente restauri che ne hanno portato alla luce tutto lo splendore. Nei quattro altari laterali si trovano infatti:

1. S. Anna e S. Gioacchino con la Vergine bambina del pittore imolese Giuseppe Bartolini.
2. S. Cecilia di Domenico Canuti. Sotto il quadro si conserva, in una pregevole urna in intaglio e dorata, il corpo di S. Fausto Martire (venerato come protettore contro il terremoto), estratto dalle Catacombe di S. Callisto di Roma il 10-10-1681 e donato dal Card. Gaspare Carpegna al patrizio romano Antonio Moroni e da questi ridonato, 5 giorni dopo, a Matteo Sartoni. farmacista della nostra città, che lo pose nell'attuale Cappella, riservando per sè e la propria famiglia il giuspatronato.
3. Sposalizio della Vergine con S. Giuseppe, opera dell'imolese Ignazio Zotti. Sostituisce un quadro precedente (dell'imolese Gaspare Sacchi), asportato nel 1828 dalla magistratura imolese dall'altare di S. Giuseppe, e più tardi collocato nella Pinacoteca Comunale.
4. S. Carlo Borromeo di Ludovico Carracci. L'altare era di giuspatronato della nobile famiglia Porzi, la quale fece dipingere il quadro in memoria del Santo Cardinale per avere egli dimorato in casa Porzi (Via Cavour, 30). quando fu di passaggio da Imola nel 1565 come Legato di Bologna e di Romagna e più per avere il medesimo Cardinale celebrato nella Chiesa di Valverde.


I due quadri sopra i confessionali sono del pittore forlivese Filippo Pasquali.

L'organo
Sopra 1'ingresso della Chiesa si trova 1'organo di buona voce e di buona fabbrica, costruito nel 1762. Si dice opera del sacerdote imolese Don Antonio Bornioli, restaurato da Pietro Cavalletti, autore assai rinomato. L'organo è stato restaurato nel 1989, grazie alle offerte della comunità parrocchiale.

La Beata Vergine del Soccorso
Fu nel 1471 che i Confratelli si procurarono quella tavola raffigurante la Vergine col Bambino. L'immagine fu solennemente benedetta nella Chiesa di S. Domenico dal Vescovo francescano Giorgio Bucchi da Carpi il 18 gennaio 1472. Attualmente 1'opera si trova nel Museo Diocesano del Vescovado di Imola. L'immagine che si vede ora sull'altar maggiore ne è una copia abbastanza fedele. Il Ferri esclude che si tratti di un'opera di Giovanni da Riolo, che ne 1433 dipinse in alcune Chiese della città, ma suppone che possa attribuirsi al celebre Lippo Dalmasio od anche all'imolese Antonio degli Azzolini, detto Guidaccio pittore, che fioriva negli anni 1450-1480. Secondo la maggioranza dei critici moderni sarebbe invece da attribuirsi ad autore di Scuola Veneziana ed in particolare, secondo il Gambetti (Guida Pittorica, ecc. Bologna 1925. Pagg. 52-55) si tratterebbe di un'opera tarda di Alvise Vivarini. Resta da citare 1'affermazione degli studiosi d'arte imolese Fausto Mancini e Antonio Meluzzi (Guida storico artistica di Imola - 1962 pag. 75), secondo la quale 1'opera viene attribuita al pittore spagnolo Pedro Berruguete, amico e collaboratore di Melozzo da Forlì. La Cappella della Madonna, nel 1600, fu decorata con un'ancona in intagli ed ornata di tre classiche pitture de1 Cesi, seguace de1 Carracci, rappresentanti 1'Ascensione, S. Rocco e S. Cassiano. Nel 1640 tale ancona venne sostituita da quella presente, opera veramente pregevole di Fabrizio Veggiani da Forlì, di cui è attualmente in corso un accurato restauro. Alla Madonna venerata sotto il titolo del Sussidio o del Soccorso è stato sempre tributato un culto speciale per impetrare la pioggia; nel sec. XVI, una lapide con lettere d'oro ne ricordava le numerose grazie.