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V TAPPA

I "G8" – LE OPERE DI GIUSTIZIA E IL VOLONTARIATO

DEDICA

Dedico questa tappa a mio figlio Ferdinando, Cristianamente e cattolicamente educato alla fede in Colui che fu inviato dal Padre nella società degli uomini, per educarli all’amore salvifico del prossimo, è professore di liceo e pubblicista. Oggi professore di un Liceo Classico di Palermo e, da diversi anni, pubblicista (alcuni suoi articoli sono stati pubblicati anche dal quotidiano "Avvenire") e presidente del Centro di Servizi Sociali di Palermo. Ferdinando, fin da ragazzo è espressione intensamente vissuta del pensiero dell’apostolo S. Giacomo, "Mostrami la tua fede senza le opere e io ti mostrerò la mia fede partendo dalle opere".

INTRODUZIONE

Purtroppo ancora oggi è vivo il ricordo dei "fatti" accaduti durante lo svolgimento dei lavori delle otto grandi potenze economiche del mondo. A richiamare alla memoria quei tristi episodi sono state le conclusioni delle inchieste giudiziarie che, propria alla vigilia della memoria cristiana della venuta in mezzo agli uomini del Messia, venuto per affermare: "Vi porto la pace; vi do la mia pace, l’amore fraterno e la giustizia del Padre da trasmettersi da uomo a uomo", ha rinchiuso nell’inferno delle carceri, forse indiscriminatamente, buoni e cattivi; vittime della violenza e violenti, suscitando nuove e più accese reazioni. Grida di oneste rivendicazioni e minacce di illegittime ritorsioni. Due fazioni opposte spinte da divergenti convincimenti che hanno creato insospettabili fratture, anche in ambienti insospettabili che avrebbero dovuto mantenere e testimoniare la carismatica missione di portatori di pace, di misericordia, di preghiera fra il popolo, fra i politici, fra gli educatori della fede e della cultura sociale.

Sostenuti dalla fede in Gesù, non solo uomo, ma, soprattutto, in quanto Cristo il Figlio di Dio, non temiamo di continuare ad affermare ciò che la coscienza di noi scriventi ci detta, e che è ormai noto a coloro che seguono questa rubrica.

La "Globalizzazione"

Globalizzazione. Una parola magica? Sotto questa definizione, che dà l’impressione che il solo pronunciarla possa sortire effetti benefici (quasi qualcosa che ricorda la fiabesca Apriti sesamo), adottata per esprimere la situazione economica mondiale dopo la caduta del muro di Berlino (1989), si nasconde l’intento di accrescere il divario già esistente fra il Mondo occidentale ad economia prevalentemente liberale; il secondo Mondo, quello dell’area comunista, a economia rigidamente organizzata; il terzo Mondo, i Paesi teoricamente definiti in via di sviluppo, ma nella vera essenza a economia variamente dipendente; e un quarto Mondo, quello dell’area dei Paesi estremamente poveri. Questa maggiore discriminazione è causa inevitabile di ingiustizie sempre nuove e sorgente di nuove forme di colonialismo più controllabile ed efficiente, per i potenti che dispongono di mezzi atti a prendere decisioni e realizzarle in tempo reale? (Cfr. A. Luciani, "Catechismo Sociale Cristiano").

Aggiungerei l’esistenza di un quinto Mondo situato all’interno dei Paesi industrializzati, quello dei poveri, degli zingari, dei barboni, degli immigrati clandestini sfruttati anche nel corpo, di ogni genere di disperati, di padri di famiglia senza lavoro che scelgono la via del suicidio anche per i propri familiari. E’ un quinto Mondo che possiamo scoprire anche in Paesi in vetta alla graduatoria dei potenti, come gli USA e la CEE; un quinto Mondo di vittime del disinteresse di quelli che non hanno una concezione etica del profitto e sono i più devoti adoratori del dio denaro.

Se tutti i Paesi poveri, in obbedienza quanto auspicato dalla sopra citata Carta dell’unità africana del 1963, piuttosto che, come spesso accade, combattersi per motivi religiosi e di confine, facessero lega potrebbero costringere Golia a non commettere soprusi.

Non vogliamo leggere, per forza, aspetti negativi in un processo che potrebbe di per sé contenere buoni propositi come l’edificazione di una "convivialità delle differenze in un mondo nel quale a tutti è stata offerta la possibilità di partecipare al banchetto" (Tonino Bello Vescovo di Molfetta), ma il fatto è che dietro di esso si nasconde un meccanismo infernale che permette al 20% della popolazione mondiale di vivere più che bene a danno dell’80% che conosce solo fame, mancanza di cultura, malattie, odio tribale, schiavitù.

Il mio pensiero

Posso affermare ancora una volta d’essere pro e contro la globalizzazione. La condivido pienamente se tiene conto di ciò che S. Giacomo afferma: <Mostrami la tua fede senza le opere e io ti mostrerò la mia fede partendo dalle opere>. Il mero progetto dovrebbe avere, non solo sulla carta ma concretamente, solide fondamenta triangolari, come la verità esistente nella Santissima Trinità, i cui lati si chiamano fede, speranza, carità, là dove le opere che testimoniano la fede di chi le compie sono tali da alimentare quella del prossimo loro destinatario che si apre alla speranza. Sono contro la globalizzazione dal millantato credito che, in realtà, sotto mentite spoglie, mira ad accrescere il divario nord – sud già esistente. Sia ben chiaro, che, in qualunque caso e in qualsiasi situazione, non giustifico la violenza, da qualunque parte venga. Senza volerle concedere attenuanti, ritengo, tuttavia, che colpe maggiori della violenza stessa sono imputabili a chi d’essa si fa radice con l’asservimento dei più deboli e la discriminazione e la negazione dei diritti più fondamentali. Questo ritengo doveroso dirlo, perché, se dovessimo accettare ogni cosa buona o cattiva che sia, potremmo affermare indebitamente che la globalizzazione, così com’è oggi, ha raggiunto i suoi obiettivi; e questo, come i segni del tempo presente rivelano, non è vero. Sarebbe gravissimo, ma se dovessi parlare di processi di globalizzazione riusciti al novantanove per cento, potrei riferirmi alla globalizzazione della mafia che, emigrata in America con i picciotti del sud (non solo geografico, ma, soprattutto, conseguenza della discriminazione voluta dall’interesse politico di ignorare il giusto godimento dei diritti sociali comunitari e individualii), nei nostri giorni ha globalizzato la mala vita mondiale, conquistando sia l’Italia, quasi per intero, ed altri Paesi, che mai si sarebbe supposto che potessero abbracciare questo fenomeno e le cui genti, anche nostri connazionali dell’Italia centro settentrionale, che, prima, levavano grida di denuncia di omertà contro il popolo dell’Italia meridionale e, facendo di tutta l’erba un fascio, lo identificavano con la cosiddetta onorata società, oggi hanno perfino paura di affermare i propri diritti civili, privati o pubblici, per l’inconcepibile timore di reazione di reazioni del potere di tipo fiscale o altro (cose sentite, anche recentemente, dagli orecchi dello scrivente); e questo lo ho notato anche in persone insospettabilmente ignoranti. A mio avviso, è probabile che questo atteggiamento nasconda qualche carta bagnata. Al contrario, soprattutto dopo che croci come quelle di Puglisi, Falcone e Borsellino sconfiggessero questi comportamenti nelle coscienze dei siciliani, sono proprio i meridionali che stanno dimostrando il coraggio di denunciare il mondo del malaffare.

Le opere di uomini giusti come quelli menzionati sopra, con la loro testimonianza hanno ricordato ai popoli e ai governi del globo terreste i valori reali, dettati dalla Parola di Dio, che dovrebbero contrassegnare una globalizzazione della giustizia. Sono pochi, però, coloro i quali, con le redini delle sorti temporali che preludono al regno eterno, ne colgono il significato, ne fanno tesoro, per tranne frutti per tutti; e, poi, ne ripiantano i semi per trarne frutti nuovi e sempre più abbondanti, non per soddisfare il proprio egoismo, ma per il bene comune. Sono pochi, ma sono loro i veri ministri di un governo servitore della società umana. A questi pochi affiderei il <progetto globalizzazione>, sicuro di metterlo in mani capaci e affidabili; con uno spiccato senso della giustizia sociale, quella reale illuminata dallo spirito della carità di Cristo Gesù. Fra questi pochi, testimoni della realizzazione dell’amore del prossimo, abbiamo il preciso dovere di non dimenticare i Volontari, dietro il cui paravento si nascondono tante inadempienze dello Stato. Non si tratta di persone "disoccupate", parcheggiate in un’area definita volontariato, ma di presone che, indipendentemente dalla propria condizione lavorativa, sacrificano gratuitamente il loro tempo. Il loro impegno è qualificato e proprio, un reale carisma, non sostitutivo di quello di altri organi, si manifesta nel loro porgere la mano al prossimo bisognoso nei modi più disparati, a seconda delle diverse necessità. Mi piace ricordarne un intervento, in particolare, molto significativo;uno che suona come un ammaestramento per i fautori incompetenti e talvolta disonesti della globalizzazione del divario nord-sud, il "Commercio equo". Si tratta di una forma operosa e concreta di dare una mano a chi, più che il pesce, per soddisfare un immediato ed unico bisogno, un modo per comprare il silenzio tappando la bocca con un pieno momentaneo di pesce, ha in realtà la necessità d’avere insegnato a pescare per potere sfamarsi tutta la vita. Ci troviamo in presenza di una collaborazione che fa crescere materialmente e culturalmente; spesso anche spiritualmente, perché, con il benessere, porta quella comprensione fra le creature umane che trasforma lo scambio di interessi materiali in rapporto d’amore; quindi, ove ne ricorra la necessità, rende sensibile il dono di grazia che è la fede. Siamo in presenza di una categoria di persone che testimoniano d’essere eredi del Vangelo delle Beatitudini ed anche delle idee concretizzatesi col sacrificio di tre siciliani del calibro di D. Puglisi, Falcone, Borsellino; una testimonianza coraggiosa, in quest’ultimo caso, che ha trasformato la coscienza dei meridionali che ha messo in crisi, senza più possibilità di riemersione, la mentalità mafiosa.

Ritengo che dovremmo auspicare la formazione di autonomi governi di volontari che abbiano il potere di sorvegliare ed intervenire in tema di applicazione dei propositi della globalizzazione, senza ingerenze politiche, ma solo parallelamente ai governanti politici, pochissimi dei quali sanno o vogliono riconoscere le autentiche radici dell’opera dei volontari. Gli altri fanno, persino, (più o meno in buona fede) confusione fra volontariato e "lavoro nero".

E’ assurdo che ancora oggi "… si continua a fare confusione fra volontariato e lavoro nero, cosa che offende sia i veri volontari, sia gli uomini e le donne che vengono sfruttate nel clientelismo e nell'illegalità da associazioni che abusano della qualifica di organizzazione di volontariato. L'ultimo gravissimo esempio è quello degli operatori del 118, pagati con rimborsi miseri per un lavoro importantissimo per la società.

Ora, il volontariato è tutt'altra cosa rispetto allo sfruttamento illegale del lavoro e al clientelismo e la differenza salta agli occhi subito, sia nella sostanza sia nelle leggi della Stato che in materia sono chiare ed univoche.

Volontario è chi fa azioni di solidarietà nei confronti di altre persone e lo fa in assoluta gratuità. Il volontario non può essere retribuito in alcun modo, le cariche sociali delle associazioni di volontariato non possono essere retribuite in alcun modo e non sono ammissibili rimborsi forfettari di alcun genere. Questo è scritto nelle leggi nazionali e regionali sul volontariato e viene quotidianamente applicato e rispettato rigidamente in decine di migliaia di associazioni in Italia.

Se chi mi legge sta pensando che trovata la legge trovato l'inganno, allora è il caso di dire anche che in tutte le Regioni esiste un Ufficio per il volontariato che tiene sotto rigido controllo i bilanci e le attività delle associazioni iscritte in un apposito Registro e che è molto difficile - direi impossibile - nascondere ai controlli il lavoro sottopagato sotto forma di volontariato gratuito o camuffare periodici rimborsi forfettari.

E' chiaro che tutto questo si riferisce solo alle associazioni iscritte al Registro regionale e a tutte quelle, anche non iscritte, che decidono autonomamente e sinceramente di uniformarsi alla normativa sul volontariato, ma se un'associazione non si iscrive al Registro, si autodefinisce abusivamente di volontariato, e nella realtà fa ben altro, addirittura diventando strumento di clientelismo e sfruttamento, chi deve intervenire ?

Credo che le autorità e gli strumenti non manchino, visto che le norme in materia sono chiarissime, Quello che però qui voglio chiedere è che la stampa, le televisioni e soprattutto il mondo della cultura e dell'istruzione non facciano confusioni, perché le associazioni che fanno davvero solidarietà gratuita - anzi in genere rimettendoci del proprio - sono tantissime e hanno un gran bisogno di una comunità locale che le riconosca e che le sostenga - non necessariamente finanziariamente - ma innanzitutto operativamente.

Il mio invito è di informarvi nel vostro territorio, chiedere in giro, rivolgervi alle istituzioni, ai Centri di servizio per il volontariato e andare a dare una mano d'aiuto nel vostro tempo libero, E' la prima cosa di cui ha bisogno il volontariato.

Ma, poiché in Sicilia gran parte del disagio sociale nasce dalla mancanza di lavoro e dal malcostume politico, ancora due cose vanno dette.

Primo, bisogna combattere ogni forma di sfruttamento del lavoro nero anche nei servizi alle persone e bisogna attivare tutte le forme previste dal nostro ordinamento e diverse dal volontariato - a cominciare dall'impresa sociale - che servono a creare occupazione nel cosiddetto Terzo Settore.

Secondo, la politica e le istituzioni devono abituarsi ad un volontariato moderno che unisce l'azione di solidarietà e aiuto a quella di advocacy, ovvero di difesa dei diritti dei deboli fino ad arrivare alla denuncia politica delle ingiustizie. Il volontariato moderno non ha paura di dire quale parte politica costruisce davvero politiche di giustizia e deve farlo però senza accordi precostituiti, ma verificando la sostanza degli atti dei politici, senza guardare al loro colore.

La politica però deve smetterla di inalberarsi stupidamente ogni volta che un volontario denuncia l'abbandono dei più deboli. Pare che recentemente lo sport nazionale sia diventato quello di bollare come "avversario politico" o "comunista" chiunque - anche dal volontariato - osi solo chiedere la parola per suggerire alle istituzioni politiche sociali più attente alla povertà. Sembra che le istituzioni abbiano deciso di sostenere solo chi fa elemosina e tiene la bocca chiusa sulle ingiustizie (è, quanto meno, evidente un’ignoranza del Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo: <Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati> Mt 5,6; Lc 6,20-22 – con riferimento ad una giustizia sociale che, instaurata con la venuta del regno di Dio, mette fine al discriminante predominio del più forte, spesso anche del potere costituito, a vantaggio dei diseredati del mondo attuale). Lasciatemi aggiungere anche, che l'elemosina senza nessun impegno per il cambiamento sociale è inutile e ingiusta sia per i cristiani che per i laici. I volontari non sono eroi e quindi un piccolo impegno per il cambiamento è possibile per tutti, a tutte le età, in qualsiasi condizione sociale e in qualunque contesto. Poi, noi volontari ci diciamo spesso che quando usciamo dall'associazione e torniamo al lavoro, in famiglia o comunque alle nostre normali attività comincia il vero grande impegno per un mondo meno ingiusto. Ma questa è un'altra storia ....

(Ferdinando Siringo. Presidente del Centro di servizi per il volontariato di Palermo, su "Repubblica").