RINNOVAMENTO CULTURALE E DISCERNIMENTO
Parrocchia e Cultura:
un binomio inscindibile ma purtroppo poco ricorrente nella programmazione pastorale.
Eppure non esiste azione pastorale che non entri in qualche modo in relazione con la vita della gente, con i suoi gusti, con le sue mode, i suoi usi, il suo linguaggio ,il suo modo di concepire l'uomo, il mondo, la storia: la sua cultura, etc…
L'avvio di un coraggioso rinnovamento della pastorale, pertanto, dovrebbe comportare per la parrocchia anche un radicale processo di conversione culturale che possa consentirle da una parte di prendere stretta relazione che intercorre tra cultura e vangelo(c'è da chiedersi infatti, se i membri delle nostre comunità cristiane hanno o no la consapevolezza che la loro cultura debba ispirarsi al Vangelo), dall'altra parte di valorizzare gli aspetti più significativi della cultura contemporanea ( il desiderio di autenticità e di prossimità, la ricerca di senso, lo sviluppo della scienza e della tecnica, la sensibilità ai temi della salvaguardia del creato, della pace, della giustizia…) per lievitarli evangelicamente.
Rinnovamento culturale,
infatti, vuol dire capacità di acquisire i valori evangelici per non lasciarsi condizionare dai valori "pagani" della cultura contemporanea.
Ciò comporta che si operino dei passaggi:
dall'individualismo personale o di gruppo alla valorizzazione di tutti nella complementarietà, dalla chiusura e dall'anonimato all'apertura e alla conoscenza dell'altro; dalla staticità al dinamismo per andare incontro agli altri, dal devozionismo ad una visione integrale pastorale.
Per rinnovare realmente la parrocchia, infatti, non basta aprirsi ad una visione ecclesiologica conciliare, non è sufficiente un cammino interiore di conversione spirituale, non ci si può neanche fermare ad un cambiamento delle categorie mentali con le quali leggere e interpretare la realtà nella quale si è chiamati ad operare.
Occorre anche scaturire linguaggi, comportamenti, metodi, strumenti di cui la parrocchia possa servirsi per raggiungere la gente del suo territorio e dialogare con essa.
Stranamente, infatti, può capitare che i valori che ispirano la pastorale non siano sempre quelli evangelici e che anche la Chiesa sia sottoposta al condizionamento culturale del tempo e dell'ambiente in cui essa è posta per servire.
Non è raro, quindi, che anche tra coloro che detengono i posti chiave della pastorale (catechisti, animatori della pastorale famigliare e giovanile, animatori dei centri di ascolto e piccole comunità, animatori della liturgia, membri del Consiglio Pastorale parrocchiale…). serpeggino sentimenti e atteggiamenti tipici della cultura contemporanea e secolarizzata: individualismo, rifugio nel privato, indifferentismo e perfino razzismo, integralismo e intolleranza.
Una delle cause va ricercata nel fatto che spesso , l'aspetto culturale non viene preso neppure in considerazione nella formazione degli operatori pastorali, nell'educazione della comunità cristiana, nella programmazione dell'azione ecclesiale.
Si rischia inoltre di non dare il giusto peso al valore del "discernimento" delle culture e di praticarlo e di insegnarlo ancor meno.
Eppure l'inculturazione, l'ascolto delle Culture, sono oggi uno dei passaggi obbligati e includibili della missione pastorale .
Il Concilio Ecumenico Vaticano II, ormai da più di trent'anni, ci ricorda che la missione della Chiesa è quella stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito.
Per questo Essa ha "il dovere permanente di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo" (GS.4a).
E' quanto ci stimolano a fare i nostri vescovi quando parlano della necessità di "discernimento dell'oggi di Dio" (CVMC36).
Il discernimento, tuttavia, non è un mero giudizio umano sulla realtà, non è una lettura dei fatti ispirata dalla prudenza o dal buonsenso, ma è un vero e proprio "atto sapienzale", una abilità che si acquisisce nell'ascolto costante di Dio che parla attraverso i fatti della storia, e che consiste nella lettura della realtà in chiave Cristologica, lasciandosi guidare dalla presenza dello Spirito, allenandosi ad acquistare docilità nell'ascolto di Dio, decisione a percorrere un cammino permanente di conversione integrale (mente, cuore, comportamenti, sentimenti…) trasparenza e libertà interiore,disponibilità all'ascolto degli altri, all'accoglienza, all'attesa, alla pazienza, alla carità.
Solo così la comunità cristiana potrà seguire le orme di Cristo Gesù, ascoltatore attento del suo tempo, a partire dalle "esperienze umanissime della vita quotidiana" (CVMC,21).
Evangelizzare la cultura
Il pontificato di Giovanni Paolo II ha smentito decisamente l'opinione, diffusa tra i sociologi della religione che noi viviamo in una società secolarizzata nella quale l'ipotesi di Dio è superflua.
Gli stessi sociologi oggi parlano di ritorno al sacro.
Non si può tuttavia ignorare il fenomeno sempre più diffuso del secolarismo, del crescente analfabetismo religioso, della caduta del senso morale, che impone alla Chiesa la necessità di una nuova evangelizzazione della cultura.
Ma occorre inventare nuovi modi espressivi per trasmettere il Vangelo. Occorre anche, imparare a contemplare il volto dell'uomo di oggi scoprendo nel suo cuore l'anelito insopprimibile verso Dio.
Secolarismo o cultura Cristiana?
Quando nel 1978 arrivava al pontificato Karol Wojtila, era opinione diffusa tra i sociologi della religione che noi viviamo in una società secolare e secolarista nella quale l'ipotesi di Dio è superflua.
L'uomo vive da solo nel cosmo e deve affrontare i suoi problemi e il suo destino in solitudine, ciascuno dovrebbe vivere la sua fede religiosa nell'interiorità della coscienza, o tutt'al più tra le mura di casa, in seno alla propria famiglia, senza manifestazioni religiose pubbliche. Addio alla religiosità popolare, ai pellegrinaggi, alle cerimonie di massa nelle piazze, alle immagini sacre nelle scuole, nei tribunali e nei luoghi pubblici: addio all'arte e alla letteratura sacra in tutte le sue espressioni.
Negli anni 70 una corrente teologica Nord-Americana "la teologia della morte di Dio" trasse le estreme conseguenze da tali premesse: - Dio è morto -.
Karol Wojtila, uomo di profonda fede ricevuta nella grande tradizione cattolica polacca, ma soprattutto dalla sua profonda riflessione personale antropologica e dalla sua ricca esperienza di credente come mistico e come poeta, all'inizio della sua pastorale universale dalla collina del vaticano, avrà detto a se stesso: - Dio muore per chi lo lascia morire; per chi crede in Lui Dio è il Vivente per definizione. -
E con la fresca fede di un bambino, con la fede cocciuta di un contadino, con il rigore logico dell'intellettuale e con la saggezza del pastore, iniziò a compiere viaggi fuori del Vaticano e fuori dell'Italia. Cominciò, a pochi giorni dalla sua elezione, dal santuario mariano della Mentorella, alla presenza di 20000 fedeli.
Ci fu poi il suo primo viaggio internazionale a Puebla, in Messico, dove si unirono a lui nel pellegrinaggio 20 milioni di persone dalle strade del Messico e 70 milioni di schermi della TV nel corso di quei 6 giorni.
il suo pontificato è stato un crescendo di celebrazioni religiose pubbliche man mano che si avvicinava il giubileo dell'anno 2000; l'apice fu l'incontro con 2 milioni e 200000 giovani a tor Vergata, Roma, per la veglia di preghiera durante la notte e la concelebrazione eucaristica del 19-20 agosto 2000.
La sua presenza in queste celebrazioni religiose nei 5 continenti, amplificata dai mezzi di comunicazione, ha dato una scossa vigorosa alla coscienza religiosa della società del XX° secolo.
Dieci anni dopo l'inizio del suo pontificato, verso la fine degli anni 80, i sociologi della religione cominciano a parlare di revival religioso, di ritorno del sacro, di desiderio di preghiera, nella società contemporanea.
quello che i sociologi non faranno mai è trarre una conclusione semplice ed evidente: ci sarà l'avvento di una società secolarista se i cristiani si arrenderanno; ci sarà una forte presenza religiosa e cristiana se i cristiani manterranno la promessa e l'impegno.
..Nuova Evangelizzazione dei fronte alla società secolarizzata..
Certamente bisogna riconoscere che il secolarismo nella nostra società è un fenomeno sempre più diffuso.
Il documento dei vescovi italiani, che contiene gli orientamenti per il primo decennio dell'anno 2000, intitolato "Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia", lo riconosce con realismo parlando di segnali definiti rischi e problemi; il crescente analfabetismo religioso; la mentalità predominante che spesso ammette posizioni lontane dal vangelo, la caduta del senso morale, le diverse forme di relativismo o indifferentismo che portano allo smarrimento dell'uomo mediatico contemporaneo.
Affinché la grazia della cultura cristiana non perda le sue caratteristiche e la luce di Cristo continui a brillare nel mondo contemporaneo Giovanni Paolo II propone una nuova evangelizzazione, nuova nel suo ardore, nuova nei suoi metodi, nuova nelle sue manifestazioni.
L'incarico fu affidato ai vescovi dell'america latina e in seguito con il grande Giubileo ai vescovi del mondo intero.
Bisogna chiedersi: perché una evangelizzazione nuova? Ha perduto la validità quella precedente? L'annuncio evangelico che arriva in Europa con Paolo di Tarso e gli altri apostoli, aveva impegnato la società giudea, greca, romana e le altre società dell'Europa, fino a trasformarle in società cristiane nel corso di quasi 20 secoli.
Ciò nonostante la società attuale non è omogenea culturalmente, ne il cristianesimo è l'anima della sua cultura. Non è certamente come lo fu nel medioevo, ma nemmeno come lo fu nella prima metà del XX° secolo. Si rende necessaria allora una nuova evangelizzazione, dal momento che la cultura che viviamo non è una cultura cristiana, ma una cultura secolarista e laica.
Il clima culturale nel quale vive il popolo italiano, così come i popoli degli altri paesi europei, è secolarista e si avvia a diventare neo pagano.
Si rende dunque urgente una nuova evangelizzazione.
Ora, in che consiste la novità?
E' la grande domanda che dobbiamo farci. La novità non riguarda il contenuto del messaggio evangelico, perché Cristo è lo stesso , ieri oggi sempre, ma "l'atteggiamento, lo stile, l'impegno, la programmazione, l'ardore i metodi, la manifestazione".
La novità riguarda la presentazione del messaggio evangelico: il nuovo modo di annunciarlo. Qui sta la sfida per l'apostolo: "come rendere accessibile, penetrante, valida e profonda la risposta dell'uomo di oggi, senza alterare o modificare il nulla il contenuto del messaggio evangelico? Come arrivare al Cuore della Cultura che vogliamo evangelizzare? Come parlare di Dio in un mondo che assiste ad un crescente processo di secolarizzazione?"
La novità riguarda soprattutto l'araldo: "Nuova nel suo ardore, nuova nei suoi metodi, nuova nelle sue manifestazioni", ripete il Papa. Se consideriamo per nuova evangelizzazione il processo di trasmissione di un messaggio, possiamo tracciare il seguente grafico:
comunicatore -> comunicato -> comunicante o mezzo trasmittente -> ricevente.
Il Papa suggerisce che l'atteggiamento dell'araldo-comunicatore che oggi trasmette il Vangelo sia convinto ed entusiasta. E constatando che molti uomini di oggi restano indifferenti davanti alla notizia o messaggio di Cristo, ne deduce che forse l'araldo non è stato capace di essere signioficativo perché il suo entusiasmo è infiacchito, o perché manca di metodo o di linguaggio adatto all'uomo di oggi.
Forse si sta spegnendo la fiamma dello zelo per la missione: dovrà quindi riattivarla dal punto di vista teologico, della preghiera, della santità, della testimonianza.
Il Papa allude al comunicante o mezzo di manifestazione anche quando parla di "metodi" e di "manifestazione o linguaggi".
Il Papa ci fa capire che entrambi sono trascurati e obsoleti, e che bisogna scuotere l'inerzia e la routine per arare creativamente nuovi campi che rispecchino la situazione in cui vive l'uomo di oggi, soprattutto nel contesto civico, professionale, politico, culturale.
Inventare nuovi modi di espressione, indispensabili soprattutto oggi che stiamo passando dalla "galassia di Gutenberg" alla "galassia iconica e sonora" e da questa alla "galassia elettronica e digitale".
Questa urgenza di rinnovamento è determinata dal quarto fattore, il ricevente o destinatario, l'uomo del XX° secolo. Questo significa che per trovare un rinnovamento adeguato dell'annuncio evangelico, dobbiamo fare prima una riflessione antropologica che ci consenta di contemplare il volto dell'uomo di oggi, con le sue luci ed ombre, come se fosse un quadro del Caravaggio.
Meditazione sull'uomo per scoprire alcuni tratti salienti dell'uomo moderno, con il desiderio di autenticità, il desiderio di intimità, una nuova ricerca del significato l'anelito alla trascendenza.
Conclusioni:
"Signore ci hai fatti per Te"
Il discepolo di Cristo, all'inizio del III° millennio, si muove tra due poli: il Vangelo di Cristo, fonte sempre fresca e inesauribile di salvezza, e l'uomo del XXI° secolo, destinatario di questa salvezza, creatore di una cultura pragmatica, mediatica, digitale; un uomo molto sensibile ai valori di solidarietà e di libertà, di uguaglianza e di affermazione personale; un uomo che ha conquistato la Luna e tracciato la mappa del genoma umano, ma anche a volte si sente intimamente bisognoso e desideroso di pace, di giustizia, di verità interiore.
Il Papa propone una via sempre valida per evangelizzare la cultura: scoprire l'anelito insopprimibile del cuore umano e, in pubblico e in privato, opportunamente o anche in modo inopportuno, nelle piazze nei mercati, portargli l'annuncio di Cristo, gioia del cuore umano. E ricorda, come primaria verità la constatazione di Sant'Agostino: "Ci hai fatti per Te e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in Te".