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PARROCCHIA DI SAN MARTINO      COMUNE DI GRAFFIGNANO

 LA MADONNA DEL CASTELLONCHIO

GRAFFIGNANO

  Un Santuario Mariano nella Teverina

 Seconda Edizione

 Tommaso Bernardini
Angelo Tanzella

 

 UN INVITO, UN AUGURIO
 
“ Il popolo Graffignanese pianse di  tenerezza ed esultò rimirando attonito la dolce e cara Madre Protettrice”. Si esprime così il   Parroco che nel  1910 descrive la collocazione nella nuova  Chiesa dell’affresco  della Madonna del Castellonchio.
Quell’antica commozione è ancora viva nel cuore della Comunità  ecclesiale  e civile di Graffignano ma anche del territorio circostante e dell’intera  Teverina. La figura materna di Maria ha sempre accompagnato il cammino della popolazione: nei momenti di successo e di gioia e nei passaggi del buio e del dolore. Soprattutto nelle tragedie delle pestilenze, delle malattie,delle violenze la Vergine Santa è stata invocata come “Salus infirmorum”, salute degli infermi.
Sotto il suo ampio manto si trova  sempre rifugio sicuro e il  volto tenero della Madre invita alla confidenza, alla serenità, alla pace. I nostri antenati hanno vissuto questa felice esperienza e a
Maria,  celeste Patrona, hanno espresso devozione intensa e gratitudine sincera.
 
* * *
 
Ma la Vergine Santa resta per sempre la nostra  Madre, attenta e sollecita verso tutti i  suoi figli.
L’atteggiamento fondamentale della nostra devozione è  quello di condividere il  canto scaturito dalla sua fede.
 L’anima mia magnifica il Signore,
e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose  ha fatto in me l’Onnipotente,
e santo è il suo nome (Lc 1,46-49).
E’ il canto che ha accompagnato e che accompagna il nostro itinerario di fede, nella speranza e nell’amore.
E’ il canto che anche a noi fa esclamare: “Beata te che hai creduto”.
L’Angelo Gabriele, o Maria, ti invitò alla gioia e ti chiamò “piena di grazia” (Lc  1,28). Fu Elisabetta, nell’incontro  da te voluto,che ti proclamò “ beata” (Lc 1,45). E’ lo stesso Gesù, indicando  te come modello per tutti i suoi discepoli, esclamò: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 12,28; cfr. 8,19-21).
Anche noi ti diciamo beata! E  con te e come te, accompagnati da te, vogliamo metterci sulla via delle beatitudini  evangeliche alle quali Gesù, tuo Figlio e nostro Signore, ci chiama (cfr. Mt 5,3-11).
 
* * *
 
A questo atteggiamento di lode ne dobbiamo aggiungere un altro: quello di Giovanni ai piedi della Croce  dove è detto che “la prese con sé (cfr  Gv 20,25-27). Raccogliendo tutta la devozione dei secoli passati, tutta la preghiera rivolta da tante generazioni alla Madonna del  Castellonchio noi le diciamo di accoglierci  sotto il suo manto, di proteggerci, di sostenerci, di accompagnarci. Ma, come risposta di figli, anche noi la accogliamo nel nostro cuore, nella nostra casa, nella nostra vita.
Accogliamo Maria come Madre, così come ce l’ ha consegnata  Gesù  e come la pietà del popolo cristiano l’ ha  sempre venerata.
Abbiamo veramente bisogno di una  Madre, che ci  guidi  come discepoli-fanciulli verso il regno che è libertà, gioia, pace senza ambiguità,senza compromessi,senza mistificazioni.
Lei, Maria,  che ha offerto uno spazio per rinascere come creature nuove, in Cristo, con un cuore affrancato dalle infedeltà e con una vita liberata dall’egoismo e dalla violenza. La sua tenerezza materna,attenta e concreta come a Cana,ci abilita a  ricevere il dono e a comunicarlo ancora in maniera festosa e con gioia ai fratelli.
Immagine della carità del  Padre, Sposa dello Spirito Santo, Madre del Cristo Salvatore noi la prendiamo nella nostra  casa: resta con noi e insegnaci  quanto hai imparato e custodito nel tuo vergine cuore!
E che Lei,  La  Madonna del Castellonchio, tutti benedica con la sua protezione materna.
 
25 marzo 2000
Annunciazione del  Signore
                                                                                                            + Lorenzo Chiarinelli
                                                                                                               Vescovo di Viterbo

 

 PREGHIERA
 
O Vergine Santa, Madre di Cristo e Madre nostra,
venerata come “Madonna del Castellonchio”,
noi ti diciamo “beata”.
 
La trama della tua giornata
Fu intessuta – come quella di tutti –
di tenerezza, di dolore, di  gioia
allo stupore silenzioso di  Nazareth
al vento gagliardo della  Pentecoste
camminasti nella fede,
con Gesù,
nato come Figlio tuo morto sul Calvario.
E tu
Sempre Lo seguisti:
ne ascoltasti la parola;
lo amasti forte;
con Lui soffristi sulla Croce.
 
Per questo noi ci affidiamo a te.
 
Accompagna tu il nostro cammino
Sui sentieri del tempo
nella fede, la speranza, l’amore,
perché sia per tutti  un cammino di pace
e porti tutti alla gioia del Regno.
Accompagnaci:
oggi noi pellegrini,
affaticati e forse smarriti,
ma siamo quei figli
che il Figlio tuo ti ha donato.
E tu, come Madre,
sii sempre nostra speranza e nostra protettrice.
Amen.
 
 
25 marzo 2000
                                                                                                            + Lorenzo Chiarinelli
                                                                                                             Vescovo di Viterbo

 

             CARFINIANUM

 

A Sud-Est di Orvieto, inizia quella parte della Valle del Tevere caratterizzata da  un ormai consistente e abbastanza  continuo fondale pianeggiante e dai primi  meandri che poi  diventano una costante nel corso inferiore del  fiume, di questo comprensorio,  indicato come Teverina, sorge “Carfinianum” oggi  “ Graffignano “, delimitato, dal versante destro, delle estreme propaggini  dell’altopiano sul quale sorgono i  Monti Cimini con sottostante Santuario “ Madonna del Castellonchio”; a sinistra, invece, iniziano con pendenze più dolci le prime Colline Umbre.
La radice storica va riferita a quel  fenomeno dello stanziamento delle popolazioni sul territorio, (seconda metà del secolo XIII) che in epoche diverse, da luogo a luogo, ha segnato per le nostre genti la principale rivoluzione della storia, paese e civiltà.
            Paese, dove negli ultimi anni per ammissione degli osservatori di ogni tendenza, vi sono state modificazioni essenziali tendenti a rinnovare l’immagine, i costumi, la disciplina ed anche il modo di vita, perseguite con la partecipazione di tutte le parti sociali, conservando la ragione senza perdere di vista gli obiettivi generali ed adempiendo per trasporli in tempio realistici e in obiettivi a breve termine.
            Nel quadro di un programma d’insieme coordinato a livello della comunità, armonico ed equilibrato.
            Il paese esiste in quanto comunità di gente, mentre la Chiesa è visibile in quanto comunità di persone che condividono la medesima fede, costituite entrambi da uomini (popolo).
            Ogni popolo, società, non può fare a meno di regole obbligatorie, riconosciute ed osservate da tutti gli interessati, come condizione indispensabile di una collaborazione stabile nel rispetto giuridico con particolare attenzione, al collegamento agli ordinamenti della chiesa e comunità ecclesiale e gli ordinamenti delle comunità politiche.
            Gli uomini oggi sono sempre più consapevoli della propria dignità di persone con il principio di agire di loro iniziativa, esercitando la propria responsabile libertà, mossi dalla coscienza del dovere.
            Consequenzialmente la persona umana, con la sua sfera di intangibile autonomia, è posta al centro dell’ordinamento giuridico dello Stato ed anche dall’ordinamento della Chiesa Cattolica:
“l’uomo come tale, lungi dall’essere l’oggetto o un elemento passivo della vita sociale, ne è invece e deve essere e rimanere il soggetto, il fondamento, il fine”.

                                                                                                 Nisi Dott. Norberto    Sindaco di Graffignano

 

INTRODUZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE

La tradizione orale ha assolto, per secoli, un importante ruolo nella trasmissione  di memorie e valori  ed ha una sua specifica validità non inferiore, sotto certi aspetti , al documento.
Quanto gli avi hanno tramandato costituisce l’espressione semplice ed immediata della cultura e del vivere quotidiano, che non sempre è possibile comprendere del tutto razionalmente e, più spesso, è avvolto nel mistero.
Ricercare il senso della vita, dare significato alle proprie azioni  é lo  sforzo continuo che l’uomo ha compiuto e compie in ogni epoca.
La vita, nella sostanza, trascende lo stesso raziocinio e la dimensione spirituale costituisce, pertanto, una componente fondamentale nella ricerca del suo significato.
Sotto questo aspetto la fede e la tradizione cristiana hanno posto e pongono la figura della Madonna come la creatura, che, mediante il mistero dell’incarnazione, ha reso possibile all’umanità “ che vagava nelle tenebre” di trovare la luce della vera vita.
Per questo la Vergine è venerata  in tutto il mondo sotto i più vari titoli.
I luoghi di culto mariano hanno avuto origine da avvenimenti legati sia alla reale e documentata apparizione della Madonna, che a fatti straordinari, che hanno scosso e stimolato la pietà popolare e la devozione a Maria.
Il culto della Madonna del Castellonchio, la cui origine si perde nel tempo, ha costituito e costituisce per tutti i Graffignanesi un punto di “ orgoglio” e di riferimento costante ed è parte inscindibile del loro patrimonio spirituale ed umano.
La presente pubblicazione intende far conoscere, il più possibile, il Santuario del Castellonchio ed evidenziare quanta attenzione e cura il popolo tutto di Graffignano, da sempre, pone alla “sua” Madonna.
 
                                                                                                       Gli Autori
                                                                                                   (  Maggio 1994)

 Prefazione alla seconda edizione

 La necessità di  rivedere ed aggiornare il precedente lavoro sul Santuario della Madonna del Castellonchio, del 1994,  si è resa necessaria oltre che per le copie esaurite, anche e soprattutto,  per le notevoli opere  di sistemazione ed abbellimento,  che in questi ultimi anni hanno reso l’intero complesso più confacente e dignitoso
Il restauro dell’Affresco nel ’97, inoltre,  poneva il dovere di una spiegazione e di una illustrazione di quanto avvenuto per chiarire le modalità e per dare verità, anche storica, alla tradizione ed alla devozione dei fedeli.
La spinta fondamentale a scrivere di nuovo il testo l’ha data, però, don Raffaele Caprini, che da quando ha assunto la responsabilità della parrocchia di Graffignano subito si è innamorato della Madonna del Castellonchio  dimostrando, con  zelo infaticabile, attenzioni e predilezioni  uniche.
Al di sopra di ciò, tuttavia, è la stessa Vergine che muove e stimola chiunque intende operare ed onorare  Lei ed il  suo Santuario.
Le notizie sul Santuario , pertanto, sono state  ordinate  con più chiarezza e meglio in brevi capitoli  in modo da rendere la lettura semplice e scorrevole. La ricerca dei documenti è stata curata in modo più scientifico e dettagliato e con note esplicative che facilitano la comprensione.
Le opere, poi,  eseguite in questo secolo, in particolare in questi ultimi anni, hanno avuto un rilievo  comprensibilmente  maggiore, in quanto sono tutt’ora in corso e vissute da tutti in prima persona.
Il presente testo, pertanto, vuole essere un omaggio a tutti Graffignanesi e fedeli affinché attraverso  una  maggiore conoscenza del luogo,  in cui la Vergine ha voluto che Le fosse tributato onore e gloria, aumenti la pietà e la devozione.
Soprattutto, però, esso intende offrire  un tributo alla Madonna per l’anno del grande Giiubileo  del duemila, perché come afferma Il Papa, Giovanni Paolo II, nella bolla di indizione dello stesso , del 29/11/1988 ,  “Incarnationis Mysterium” 
La gioia giubilare non sarebbe completa se lo sguardo non si portasse a Colei che nell’obbedienza piena al Padre ha generato per noi nella Carne il Figlio di Dio”. ………….
…….“Donna del  silenzio e dell’Ascolto, “ prosegue il Papa “docile nelle mani del Padre ; la Vergine Maria è invocata da tutte le generazioni come “beata” perché ha saputo riconoscere le meraviglie compiute in Lei dalla Spirito Santo.
 Mai si stancheranno i popoli di invocare la Madre della Misericordia e sempre troveranno rifugio sotto la sua protezione.
Colei che , con il figlio Gesù e con lo sposo Giuseppe, fu pellegrina verso il tempio santo di Dio , protegga il cammino di quanti si faranno pellegrini in questo anno giubilare”.
Le parole del Papa, in sintesi, tracciano l’essenza del ruolo che  Maria  riveste nella salvezza  e danno una indicazione di come, imitando Lei, ogni credente deve rispondere all’amore di Dio.
Con l’aiuto, quindi,  di Maria, “ Madonna del Castellonchio , Salus Infirmorum   possiamo strar certi che quanti si faranno pellegrini verso il suo tempio, (Santuario) non solo in questo anno giubilare, ma sempre, troveranno  in Lei ,Madre della Misericordia , conforto e sostegno .
 
 
                                                                                       Gli Autori    ( Maggio 2000)

 

 L’Ambiente - il territorio

 Il complesso del Santuario  della Madonna del Castellonchio, distante un chilometro e mezzo circa  dall’abitato di Graffignano, sorge, in direzione sud-ovest, su un pianoro, definito dalla confluenza dei fossi “Della Madonna” e  di “Fontanaccia”, in località “Selve”.
Il toponimo è un diminutivo del termine  tardo latino “Castellum” ( luogo fortificato, castello) inteso come piccola fortificazione, di proprietà di uno dei condomini della tenuta di “Selva Pagana[1].
 Il Castellonchio  sorgeva in un territorio intensamente coltivato a cereali ed in seguito, nel sec. XVII, ai tempi della Contessa Domitilla Cesi, lasciato a macchia “.[2]
Forse, proprio la ricchezza dei suoi prodotti spinsero i Viterbesi nel 1262 ad invadere Selva Pagana ed a depredarne il raccolto.
Il Conte Raniero da Persano, pertanto, nel 1263, promosse  una causa ai Viterbesi (Processo di Selva Pagana) che durò diverso tempo ma si risolse con la vittoria del Comune di Viterbo[3].
Il Castellonchio, tuttavia, ed i non lontani “Castellare” dei Persano e “Castello di Graffignano”, avevano una  certa importanza strategica sia perché posti ai confini con i territori dominati dai Viterbesi da una parte e dagli Orvietani  dall’altra,[4]sia per il controllo del transito delle merci, che dalla valle del Tevere venivano condotte verso l’interno.
Poco lontano, infatti, passava “La Strada della Carrozza” antica arteria che dagli approdi del Tevere “Pian della nave” , “Barca di  Alviano” e “Barca di Sipicciano” conduceva, attraversando il territorio di Selva Pagana, ai castelli di Roccalvecce e Celleno e quindi a Montefiascone e Viterbo.
Pertanto, nel 1316, la città di Orvieto, in lotta con Viterbo per il predominio della Teverina, distrusse il Castellonchio ed altre località vicine per vendicare le scorrerie ed i saccheggi operati a suo danno dai Viterbesi.
Cosi  il Fumi si esprime: gli Orvietani “ ceperunt Sipiccianum et combuserunt illud. Sequenti die, ceperunt et distruxerunt tria castra Viterbiensium, scilicet Florentinum, Coromellam et Castellonchium et multa alia loca destruxerunt[5]
( Gli Orvietani presero Sipicciano e lo bruciarono. Nel giorno seguente presero e distrussero tre castelli dei Viterbesi, cioè Castel Fiorentino, Cucummella e Castellonchio e  distrussero molti altri luoghi )
Il “Castellonchium” era ubicato dove oggi è venerata l’immagine della Madonna. In questo luogo, infatti, sono stati rinvenuti frammenti fittili, tegoloni e ceramiche medioevali e sono visibili le fondamenta di un consistente fabbricato intorno alla vecchia chiesa, inoltre, nel corso di lavori di livellamento, nel 1963, vennero portati alla luce diversi resti umani.
Del Castellonchio, dalla sua distruzione(1316) fino al 1464, non abbiamo, allo stato, rinvenuto altre notizie.

 Il Patrimonio di San Pietro, comunque, nei sec. XIV e XV fu sconvolto da lotte intestine e violenze di ogni  genere per l’assenza del papato da Roma (dal 1309 fino al 1377 ad Avignone), per la rivalità tra i nobili e tra le potenti casate romane e per l’aspirazione ad una maggiore autonomia delle città e dei castelli.

Disordine e prepotenza erano sovrane e frequenti erano le carestie e le pestilenze che colpivano le popolazioni  e costringevano le stesse ad abbandonare i centri abitati per trovare rifugio nelle campagne.
Le rovine del Castellonchio dovettero costituire un sicuro asilo a quanti derelitti e sofferenti si allontanavano  dalla comunità.
Giova ricordare l’infuriare della terribile peste nera, descritta dal Boccaccio, che sconvolse tutta l’Europa negli anni tra il 1347 ed il 1350.
E’ documentato che anche il territorio della Tuscia (Orvieto, Bagnoregio, Montefiascone, Acquapendente) fu colpito dalla pestilenza [6] tanto che San Rocco, nel suo pellegrinare verso Roma si fermò nel Viterbese prestando assistenza ai malati ed operando miracolose guarigioni.([7])
Il ricordo ed il culto  del Santo, nel nostro territorio, è testimoniato ancora oggi  da numerose chiese  ed immagini a lui dedicate.
Questo può spiegare, come, sulle rovine del  distrutto Castellonchio  sia  stata costruita  la   piccola
chiesa dedicata alla Madonna “Salus  Infirmorum” con ai lati i Santi Rocco e Sebastiano,[8] invocati,
particolarmente per scongiurare il pericolo del contagio.

 

 LA TRADIZIONE POPOLARE

 

Il ricordo degli anziani fa risalire la devozione alla Madonna del Castellonchio all’apparizione miracolosa della Vergine stessa.
Si racconta, infatti, che in località “Le Selve” ad alcuni pastori apparve miracolosamente la Madonna. Il fatto si ripeté tre volte ed i pastori portarono, allora, devotamente in processione un’immagine della Vergine dal luogo dell’apparizione alla chiesa parrocchiale.
Inspiegabilmente, però, questa si ritrovava sulla quercia dov’era apparsa. In quei giorni, poi, la Madonna andò in sogno ad un’inferma ed a questa espresse il desiderio che le venisse eretta una chiesa nel luogo dove, l’otto di agosto, sarebbe nevicato. La chiesa doveva essere grande quanto il terreno che si sarebbe imbiancato di neve.
Il sogno si avverò ma per poter erigere la chiesa si dovette tagliare la quercia sulla quale era apparsa la Madonna. Dal ceppo reciso sgorgò miracolosamente dell’acqua, che ancora oggi alimenta le fontanelle sottostanti la chiesa.
Queste testimonianze orali risentono, senza dubbio, delle tradizioni e dei racconti che riguardano l’origine di  molti Santuari e chiese dedicate alla Vergine, sparse un po’ ovunque e più famose del nostro Castellonchio, come Santa Maria Maggiore a Roma o Santa Maria di  La Quercia a Viterbo. Comunque, qualunque sia stata la sua origine, essa ha del soprannaturale in considerazione che da secoli in un  luogo di un centro poco noto e significativo sia per la economia che per la storia, il culto alla Vergine  è andato via via crescendo fino ai giorni nostri.
 Oggi più che mai è sentita e viva la cura e la devozione alla Madonna del Castellonchio e la sua fama ha superato di gran lunga i ristretti confini  del paese.

  I MIRACOLI DELLA MADONNA

 Maria sempre generosa di grazie verso quanti a Lei si affidano sicuramente operò numerosi prodigi specialmente nei confronti degli infermi.
Si narra che un pastore di maiali abbia accompagnato al Castellonchio un gruppo di pellegrini tra i quali un fanciullo cieco. Una volta in chiesa tutti si raccolsero in fervida preghiera ed improvvisamente il bambino gridò di vedere.
Altro fatto prodigioso si racconta di una madre, che preoccupata perché il figlio di tre anni non era ancora in grado di camminare,  portò  il piccolo dentro un cesto, una “viscella” , ai piedi dell’altare ed implorò la Vergine che il figlio potesse presto camminare.
Mentre pregava, il bambino chiese da bere. La madre si portò alla fontana sottostante lasciando il piccolo nel cesto. Al suo ritorno questi sgambettava sorridente per la chiesa.
Ancora si narra che un gruppo di pastori giocava a “sassetto[9]; uno di loro, adirato perché il gioco gli era contrario, fece atto di scagliare un sasso verso il Santuario ma il braccio gli restò fermo nell’aria, impossibilitato a muoversi.
Si tramanda, inoltre, che i devoti usavano lasciare appese alla maniglia del portone della chiesa le corone del rosario come gesto di fede. Una donna ne portò via una per tenerla come ricordo, ma sulla via del ritorno fu assalita da atroci dolori che cessarono solo dopo che ebbe riportato al suo posto la corona ed aver pregato con fede.
Esemplari sono le testimonianze dei reduci della prima e seconda guerra mondiale che attribuiscono la salvezza della loro vita e l’aver riabbracciato i propri cari all’essersi raccomandati alla Vergine del Castellonchio. Tutti avevano con se un’immagine della Madonna.
Negli anni terribili della seconda guerra mondiale, i cui orrori avevano gettato gli animi nella trepidazione e nell’incertezza sua eccellenza Mons. Luigi Rosa [10](1942- 1967), ultimo Vescovo residenziale della diocesi di Bagnoregio, suggerì l’iniziativa di recarsi al Santuario ogni terza domenica del mese a pregare per i soldati esposti al pericolo nei campi di battaglia e nelle angustie della prigionia, della deportazione  o dispersi.[11]
 
Le grazie elargite dalla “Salus Infirmorum” nel corso degli anni sono attestate da molti ex voto esposti nel vecchio santuario. Questi evidenziano la profonda devozione alla Madonna.
Numerose sono le fotografie di chi si affida alla sua protezione; caratteristici sono i quadretti di gesso o le semplici stampe raffiguranti la Sacra Famiglia, che un tempo ornavano il capezzale dei nostri nonni; abiti da sposa, schegge di granate e bastoni sono  a testimonianza dei prodigi compiuti da Maria.
Il  miracolo, comunque, più vero e continuo è quello che da secoli la Vergine compie nel rendere disponibili ed attenti i Graffignanesi ed i devoti tutti a prendersi cura del Santuario ed ad alimentarne la devozione.
Significativa, al riguardo, è l’espressione popolare “Quando senti nominar Maria non domandar più che festa sia”.
Nel secolo Ventesimo, in particolare, sotto lo stimolo encomiabile anche dei parroci che si sono succeduti nella parrocchia di Graffignano, nelle persone di don Luigi Cori, don Vittorio Bartoloni, don Tancredi Muccioli e attualmente don Raffaele Caprini, si sono verificati autentici “ miracoli” come l’innalzamento di un nuovo Santuario e la sistemazione logistica ed estetica di tutto il complesso del Castellonchio.
Ciò è avvenuto ed avviene continuamente mediante il contributo generoso dei devoti e la disponibilità di volontari, che prestano la loro opera disinteressata e gratuita mossi solo dalla pietà e dall’amore verso Maria, che non mancherà di ricolmare di grazia quanti in Essa confidano.
 La Madonna, in verità, continuamente protegge ed assiste coloro che hanno a cuore il “Suo” Santuario, anche con i segni tangibili.
 
 Ha del prodigioso, infatti, quanto accaduto durante i lavori svolti nel ’99. In una giornata tenebrosa e di cattivo tempo, la pioggia cadeva battente in tutta la zona vicina, ma non dove i volontari operavano, permettendo così di  ultimare le opere.
Sempre nel ’99, coloro che lavoravano, non sono riusciti a capire come hanno potuto, in un solo giorno, scoperchiare oltre quaranta metri di tetto della chiesa, metterci la guaina, ricoprirlo di nuovo e murarne il colmo, pur con  personale e mezzi ridotti.
Certo lo stimolo del parroco può aver influito ma è da chiedersi , sinceramente, chi mette in animo al  sacerdote ed  ai collaboratori tanto desiderio e volontà di lavorare per il  decoro  del luogo sacro.
Altri segni è possibile leggerli continuamente se  teniamo conto di quante  persone  per caso” arrivano e  mettono a disposizione della Madonna il cuore, il braccio e la mente.
Il Castellonchio, si può ben dire,  è un miracolo vivente e perenne.

  

LA STORIA DALLE ORIGINI AL SECOLO XIX

 I documenti storici riguardanti S. Maria del Castellonchio ne fanno risalire  l’origine alla seconda metà del sec. XV.
La notorietà di questa piccola chiesa doveva aver oltrepassato i confini di Graffignano richiamando numerosi fedeli dalle vicine comunità, tanto da suscitare l’interesse delle autorità religiose diocesane.
Infatti, in un catasto della mensa vescovile di Bagnoregio, redatto il 2 gennaio 1464 dal notaio Enrico Brun di Spira, canonico della Cattedrale, le chiese di San Martino in Graffignano e quella di Santa Maria del Castellonchio, figurano fra quelle che pagavano al Vescovado una procurazione[12]. Dalla seconda metà del ‘400 fin quasi la fine del secolo successivo, allo stato, tra i documenti consultati non viene fatta più alcuna menzione della chiesa del Castellonchio.
Tuttavia è possibile dedurre che il culto verso la Vergine non venne mai meno tanto che nel 1585 i frati francescani, che da poco ( 1582) officiavano il nuovo conventino di Santa Maria Apparuta[13], in Graffignano, fecero richiesta al Vescovo di Bagnoregio, Tommaso Sperandio De Corbellis di Fano (1581  -1590), di essere investiti del beneficio della chiesa “di Santa Maria del Castellonchio in località Selve”.
Latore della richiesta era Fra Cornelio,[14]guardiano del convento dell’Apparuta, che aveva con se, oltre che una lettera di presentazione e di favore rilasciatagli dall’Ill.mo Sig. Giovanni Paolo Baglioni, Signore di Graffignano, anche il richiesto benestare del  commissario della Provincia  Romana  dell’Ordine dei Frati Minori conventuali, Fra Mario, dato in Toscanella ( Tuscania), già il 20 maggio 1582 .[15]
Ciò è confermato anche da quanto scrive nel 1644 lo storico francescano conventuale P. Maestro Bonaventura Theuli di Velletri .  .. “ Questo convento è sotto il titolo di S. Maria Apparuta. E’ moderno. E non sono settant’anni che fu dato alla nostra religione dai Signori Baglioni, affezionatissimi dell’abito francescano.
 Gli antichi della terra dicono che il primo luogo abitato dai nostri frati fosse S. Leonardo, Chiesa che riguarda il Tevere; ma che poi, per l’aria non troppo buona fu abbandonato e ci fu assegnato il luogo che al presente possediamo. La festa di questa nostra Chiesa è il giorno della Gloriosa Assunzione di Nostra Signora festa della Comunità, la quale si celebra solennemente…
…Il conventino è piccolo e povero senza chiostro, lontano dalla Terra un tiro di moschetto, né vi sono quelle comodità che si richiedono ai bisogni dei religiosi, che pochi di numero vi dimorano, e si alimentano degli effetti della pietà di quel popolo molto devoto”….
         .Il Theuli continua …” vi abbiamo un’altra Chiesa, piccola, lontana un miglio, sotto il titolo di Madonna del Castellonchio. Detta così per un castello che ivi stava, come è tradizione, e vi si celebra la festa il primo di Maggio. La Chiesa è piccola e povera, non vi sono ornamenti né memorie da registrare”[16]
I francescani ressero la chiesa fino al 1652, quando il Papa Innocenzo X (1644-1655) con la Costituzione“ Instaurandae” ne stabilì la chiusura
Innocenzo X , infatti,  in occasione del Giubileo del 1650 aveva emanato un decreto riguardante la soppressione di  molte piccole comunità religiose, al fine di riportare ordine nei conventi e preoccupato di salvaguardare la loro spiritualità.
Egli mirava ad imporre una corrispondenza effettiva tra l’istituto religioso e la regola di vita dei convittori. Numerose, infatti erano le piccole comunità che, protette da privilegi ed immunità ecclesiastiche, conducevano vita dissipata in netto contrasto con la disciplina religiosa. Molti erano gli scandali e spesso nei conventi veniva dato asilo a criminali e malintenzionati..
 Nell’intento di purificare questi ambienti il Papa ordinò uno scrupoloso censimento di tutte le comunità religiose che, sotto giuramento, dovevano dichiarare la loro composizione e le relative entrate.
Dopo due anni di studio con la citata Costituzione vennero soppressi diversi ordini religiosi e chiusi numerosi conventi tra  cui  quello di Santa Maria Apparuta in Graffignano.
 I convittori potevano scegliere o di entrare in una comunità più grande oppure ritornare allo stato laicale.
Il patrimonio del conventino fu consegnato al Vescovo, che, secondo quanto affermavano le disposizioni papali, tenendo conto della  sua consistenza, doveva trattenerne parte per la diocesi e parte per l'assistenza spirituale delle popolazioni che avevano istituito e mantenuto i conventi .
Il patrimonio del conventino di Graffignano, essendo modesto, fu devoluto interamente per istituire un  cappellano che coadiuvasse il parroco nella cura delle anime[17]ed officiasse la chiesa del Castellonchio.[18].
 
Con la chiusura del convento e la nomina di un cappellano, Santa Maria del Castellonchio tornò di nuovo, come già documentato nel 1464, sotto la giurisdizione del Vescovo  diocesano, che ogni volta che compiva la visita pastorale a Graffignano visitava  anche il Santuario.
Dagli atti della Curia risulta che la chiesa rimase sempre aggregata alla cappellania del conventino; il materiale per le celebrazioni religiose era fornito dalla stessa cappellania e le funzioni venivano celebrate, solennemente tre volte all’anno partendo dalla chiesa  dell’Apparuta   (ex Conventino).
Ancora oggi è tradizione recarsi d’obbligo al Santuario, il Lunedì di Pasqua, il giorno di Santo Stefano ed il primo di maggio.
 Subito  nel 1654  S. Maria del Castellonchio è visitata dal Vicario.[19]ed è oggetto di visita pastorale in  tutte quelle successive fino ai giorni nostri[20]..
Nella visita del 1706 è ribadito che la Madonna del Castellonchio è unita ed aggregata alla Chiesa dell’Apparuta.[21].
Il Vescovo Onofrio Elisei (1705 –1721) nella visita del 1719 ordinò che venisse restaurata l’immagine della Madonna.[22]
Nelle assegne dell’anno 1727 la chiesa del Castellonchio è così descritta :
“ Detta Chiesa è subordinata e aggregata alla Chiesa dell’Apparuta o Conventino. Ha un solo altare circondato da cornice in legno nero all’interno vi è l’affresco della Madonna.
Tutto il materiale per la celebrazione dei riti viene fornito dalla Chiesa dell’Apparuta. Vi si celebrano le funzioni soltanto tre volte l’anno, partendo processionalmente dalla Chiesa dell’Apparuta.”.[23]

 

Nel 1754 il Vescovo Ubaldo Baldassini (1754 –1764) diede disposizioni affinché l’altare della Madonna si dotasse di un “Baldacchino[24]
Nella visita del 1790 del Vescovo Martino Cordella (1789 – 1812) si ha conferma che le disposizioni della curia sono state osservate poiché la chiesa è così descritta :
“ Ha un solo altare circondato da cornice di legno nero.. baldacchino di tela dipinto ..predella, croce e .. candelieri  il tutto usato, vi è l’affresco della Madonna”[25]
Nel 1815, il Vescovo Mons. Giovan. Battista Jacobini (1814 - 1832) ordinò all’Aciprete Luigi Cori di aggiornare l’inventario di tutto ciò che apparteneva alla Parrocchia di San Martino [26]
Nel dicembre del 1817 l’Arciprete portò scrupolosamente a compimento l’opera ed a proposito della chiesa del Castellonchio così si esprime:
La suddetta Chiesa resta da parte di mezzogiorno nel territorio di Graffignano in mezzo ad una macchia detta “ Le Selve”, sopra una rupe di un fosso detto della Madonna distante dal paese un miglio incirca ; detta Chiesa ha una sola navata ed è a tetto, in essa vi è un solo altare, il bisognevole per l’altare lo somministra il conventino[27]
Nel sec. XIX la devozione a Maria SS. del Castellonchio aumentò sensibilmente e si estese sempre più nel territorio. La festa veniva celebrata il 2 di maggio e richiamava gente anche al di fuori del paese[28].
 Uno specifico comitato  con a capo un “Signore[29],responsabile della festa, provvedeva  alla questua il cui ricavato sarebbe servito a rendere più solenni sia il rito religioso che le festività civili.
L’avvenimento, come testimoniano i documenti, interessava anche i centri vicini. Infatti apposite persone degli stessi paesi, provvedevano alla questua  o meglio  alla “ cercaper la Madonna del Castellonchio” nei diversi luoghi[30]..
Questo conferma ancora una volta  che la diffusione  della devozione  e del culto della Vergine del Castellonchio era, ormai da tempo, andata ben al di fuori dei confini  del paese.
Di questo periodo è uno stendardo processionale ottocentesco (restaurato nel 1989),dipinto su tela e che riproduce l’affresco.
Sempre nell’ottocento,1832, lungo la strada che conduce al Santuario, il consiglio Comunale decise di far costruire una fontana nella contrada detta “Le fontanelle”.[31]
Questa serviva, oltre che al bestiame di passaggio, anche  a dare sollievo e ad alleviare l’arsura ai pellegrini  di passaggio. La fontana è ancora oggi  attiva.

 

 

IL NUOVO SANTUARIO

 

La notorietà di questo luogo santo crebbe a tal punto che le autorità locali, agli inizi del XX secolo prospettarono la necessità di erigere un tempio più grande, che potesse accogliere … i fedeli  che ogni anno occorrono numerosi , anche da lontani paesi a venerare la Miracolosa Immagine…….[32]
Nel 1906, pertanto, il Sindaco di Graffignano, Liborio Polverini, a seguito di precedenti colloqui avuti con il Vescovo di Bagnoregio, S.E. Eutizio Parsi (1896- 1906), inviò una lettera allo stesso con accluso "Il progetto d’ampliamento del Santuario” .
 La lettera era così formulata:

                                                                                                 Graffignano lì 13 Febbraro 1906

 

 

       Prot. N. 119.  
                OGGETTO                                                          A Sua Eccellenza
     Restauri Madonna Santissima                                       Monsignor Eutizio Parsi
            Castellonchio                                                           Vescovo di
                                              BAGNOREA
 
 
Allegati N.1

 

             Dopo l’ultimo colloquio avuto con l’Eccellenza Vostra, questo Municipio si fece premura far subito redigere il progetto d’ampliamento del Santuario della Madonna SS. che ho l’onore rassegnare con la presente.

            I lavori è vero ascendono ad una somma abbastanza rilevante, ma  essi certo si rendono di una stretta necessità sia perché reclamati da tutti i fedeli che ogni anno occorrono numerosi, anche da lontani paesi, a venerare la Miracolosa Immagine; sia perché una forma di Tempio modesto, ma decente, varrà indubbiamente a ravvivare la fede e la devozione verso Maria Santissima; sia infine per addimostrare apertamente che la carità cristiana sa far tesoro delle elemosine dei fedeli, custodirle gelosamente ed erogarle a tempo opportuno a beneficio delle popolazioni povere e bisognose.

               Compiacciasi  adunque , Eccellenza, prender visione del progetto e benignarsi porre a disposizione del Comitato erigendo, di cui Ella  è stato ad unanimità designato quale Presidente Onorario, i fondi necessari ed occorrenti per eseguire  i lavori.

              Non si intende però, con ciò che il denaro venga versato in mani del Comitato stesso, ma che rimanga sempre presso l’attuale cassiere od altra persona di sua fiducia per poter  estinguere le note specifiche settimanali del lavoro.

            Nella certezza che l’eccellenza Vostra si compiacerà prendere sollerti decisioni al riguardo, mentre ho l’onore, facendomi interprete dell’intero popolo Graffignanese , attestarle la comune riconoscenza e gratitudine, sento il dovere dichiararmi con massimo ossequio e devozione

          Dell’Eccellenza Vostra                 Dev.mo               Il Sindaco               Polverini”[33]

 

 

 Le fondamenta del nuovo Santuario  furono gettate nel 1907 e nell’anno successivo l’opera era già compiuta grazie alla partecipazione  ed  al contributo  dei devoti  forestieri e Graffifnanesi, ma soprattutto di questi che, con spirito di fede e con operosità febbrile, trasportarono sulle proprie spalle e sulla testa, entusiasticamente e gratuitamente, sassi e materiali d’ogni genere”[34]

La nuova chiesa fu costruita orientandola in senso opposto all’antica alla quale, però, è collegata dalla sacrestia. Questa, come documentano alcune rare foto dell’inizio del secolo,  già faceva parte della primitiva chiesa ed aveva, allora, anche un camera superiore praticabile.

L’architettura del nuovo edificio è semplice ed austera ed invita al raccoglimento ed alla preghiera.

Ha un'unica navata ed il tetto a capriate, il presbiterio è chiuso da una balaustra di marmo, che nel 1948 sostituì quella originaria in legno.

Al centro del presbiterio è situata l’edicola che contiene l’immagine della Madonna fra i Santi Rocco e Sebastiano.

L’unico altare , originariamente in muratura, nel 1946, venne rifatto in marmo policromo e dal 1998, secondo le nuove disposizioni liturgiche, è stato staccato dall’edicola della Madonna e rivolto verso il popolo.

Dall’arco sopra la balaustra pendevano tre lampadari con gocce di cristallo e due angeli, ai lati dell’altare, sorreggevano ciascuno un candelabro a tre candele.

La costruzione del nuovo Santuario richiamò un maggior numero di fedeli da ogni parte dei territori  vicini e lontani tanto è vero che l’Amministrazione Comunale il 12 marzo  1911, propose l’istituzione di due fiere di merci e bestiame,” il 2 maggio e la terza domenica di settembre nella località Bosco Selve prossima alla Chiesa della Madonna”[35]

Nel settembre del 1913, poi, il timore, già comparso anni prima, di una improvvisa epidemia di colera, spinse la Giunta municipale a fare scorta di acido fenico e cloruro di calce quali disinfettanti e, dietro invito del Sottoprefetto, deliberò :

di reperire quale locale da adibire a lazzaretto la camera attigua alla Chiesa della Madonna del Castellonchio  che dista dal paese un chilometro e mezzo e può contenere una ventina di letti”, che sarebbero stati requisiti “dai privati del paese[36]”.

L’11 marzo del 1920, di nuovo il  consiglio comunale “ considerato il gran concorso di gente nel mese di maggio, affluente alla venerazione della Madonna detta di Castellonchio” deliberò “di istituire una fiera di merci e bestiame il due di maggio di ogni anno”.[37]

Queste decisioni dimostrano come il Santuario, da sempre, abbia fatto parte integrante della vita non soltanto religiosa ma anche economica  e sociale del paese.

                                                                    L’AFFRESCO

 

L’affresco, dipinto da mano ignota, è collocabile, sia per la tecnica che per il contenuto, nei modi stilistici  propri del tardo Quattrocento. Infatti, la Madonna della Misericordia fra i Santi fu il tema dominante della produzione iconografica dei secoli XV e XIV ; inoltre, con la rappresentazione dei Santi Rocco e Sebastiano, l’artista ha voluto evidenziare la locale e particolare devozione verso i due taumaturghi  invocati contro le epidemie.

Il  titolo, poi, di Salus Infirmorum, salute degli infermi, ammalati, speranza dei sofferenti, con il quale la Madonna è venerata, dà conferma che la chiesa del Castellonchio sia sorta  come luogo  specifico per implorare alla Vergine grazie e sostegno per quanti erano afflitti  dalle sofferenze morali e materiali o contagiati dalle epidemie.Per secoli, fino al 1910, l’affresco era posto sulle parete di fondo della vecchia chiesa, sopra l’unico altare.

Costruito il nuovo Santuario si rese necessario traslare la sacra immagine per collocarla al centro del presbiterio, dove era stata predisposta un’apposita edicola.

Questa, armonica e funzionale, termina, in alto, a conchiglia con teste d’angeli di stucco sul giro frontale dell’arco  e con rosoni a raggiera nella cavità. Il tutto è sorretto da finte colonne scanalate.

Il distacco dell’affresco fu eseguito il 28-8-1910 dall’artista Paolo Dall’Osso, il quale aveva anche progettato l’edicola, che doveva accoglierlo.

Per facilitare il lavoro, le figure del dipinto, in un tutto unico, dovettero essere separate. L’affresco fu, poi, ricomposto a trittico e ciascuna immagine fu racchiusa in una cornice in ferro per rendere più agevole la traslazione nel nuovo Santuario, che avvenne l’8-9-1910. 

     “ Intervenne a tanta solennità e benedisse la nuova Chiesa Mons. Angelo Maria Dolci.[38], allora

Arcivescovo di Nazanzio, poi Cardinale di S. R. C., spentosi nel Signore a Civitella d’Agliano sua patria nativa il 13 settembre 1939.

Il popolo di Graffignano pianse di tenerezza ed esultò rimirando attonito la dolce e cara  sua Madre Protettrice rifulgere di nuova gloria nel novello tempio più vasto e sicuro, protestando ad Essa tutto il proprio affetto filiale e la venerazione profonda nella speranza indefettibile del Suo Patrocinio, come per tanti secoli ebbero a sperimentare i loro maggiori.” .[39]

Al signor Dall’Osso, coadiuvato dal figlio, per l’opera compiuta  furono corrisposte lire 200 ed altre 42 lire vennero spese per il vitto e l’alloggio .

Nel 1911 la pittura fu  ritoccata dal romano Ulderico Bellioni  per un compenso di lire 40. Nel 1972, sull’immagine della Madonna, intervenne di nuovo il pittore, concittadino, Fausto Tardani, poiché ignoti ladri nell’asportarne la corona l’avevano danneggiata.

Questi interventi e quelli eseguiti nei secoli precedenti, avevano, sicuramente, alterato l’originalità del dipinto, tanto che anche l’occhio del profano era in grado di scorgere la diversità tra i colori tipici degli affreschi quattrocenteschi e le ridipinture specie con colori ad olio.

Da qui l’esigenza di riportare l’opera, mediante un’adeguata azione di restauro, al primitivo stato. Per questo, nella primavera del 1996, l’allora parroco di Graffignano, Don Tancredi Muccioli, prese contatti con la dott.ssa Anna Lo Bianco, addetta alla Soprintendenza dei beni artistici del Lazio e con il Maestro, restauratore, Rossano Pizzinelli, che visitarono il Castellonchio e procedettero ad una prima sommaria ricognizione del dipinto..

Costoro ritennero che le qualità delle immagini  meritavano  un  idoneo intervento, specialmente sulla figura della Madonna, che avrebbe dato verità storica e nuova  dignità a tutto l’affresco..

Si pose mano all’opera circa un anno dopo, sia perché nel frattempo la titolarità della parrocchia era stata demandata al nuovo parroco don Raffaele Caprini, sia perché fu necessario reperire i fondi.

 Il nuovo parroco, in vero,  dimostrò subito attenzione al Santuario e si prodigò  con entusiasmo per portare a compimento, quanto prima, non solo il restauro delle immagini ma anche la sistemazione di tutto il complesso.

I lavori ebbero inizio il 20 marzo del 1997 e circa un mese dopo, il 30  aprile successivo , alle ore 17, il suono festoso delle campane ne annunciò il termine.

Subito, come ad un richiamo con ansia atteso, molte persone accorsero al Castellonchio mettendosi a  disposizione  per  provvedere alla  pulizia ed al riordino della chiesa, poiché l’indomani si sarebbe aperto solennemente il mese mariano.

I restauratori Rossano Pizzinelli e Marco di Palantario  hanno lavorato intensamente con perizia, maestria e responsabilità.

In un primo momento hanno provveduto a consolidare l’intonaco sul quale era stato realizzato l’affresco  mediante l’infiltrazione di particolari materiali; quindi, con un complesso e laborioso lavoro di pulitura e rifinitura meccanica a bisturi chirurgico, hanno provveduto a liberare completamente la superficie del dipinto da ogni residuo di materiale che non fosse originale.

Dopo ciò si è resa necessaria un’opera di riduzione, lisciatura e stuccatura di tutte le lacune. Queste, infine, sono state reintegrate con colori ad acquarello Windsor & Newton usando la tecnica del tratteggio e, in alcune parti, della velatura.[40]

La ripulitura, in particolare, dell’immagine della Madonna, ha messo in evidenza che nell’operazione del distacco dal vecchio al nuovo Santuario avvenuta nel 1910, l’affresco fu notevolmente danneggiato, in particolare nella veste e nel manto della Vergine, ma anche  in altre parti, che vennero ricoperte con stuccature in gesso e quindi con colori ad olio che non rispettarono affatto l’originalità e la delicatezza dell’opera.

Con molta probabilità tutta la parte inferiore dell’affresco andò perduta, tanto è vero che le tre figure sono prive dei piedi.

E’ possibile quindi supporre che l’artista, per riparare ai danni e per motivi devozionali abbia ridipinto con colori diversi, in particolare il manto e la tunica della Madonna; il primo azzurro con risvolto chiaro ed interno grigio scuro,  l’altra bianca con pieghe.

Il restauro ha riportato  il dipinto a risplendere nella sua originaria bellezza. Ora, questo, appare notevolmente diverso, almeno da come i pellegrini ed i devoti del secolo ventesimo  erano abituati a vederlo.

I colori, le tonalità, le sfumature risultano di una suggestione unica e fanno risaltare in modo particolare l’immagine della Madonna.

L’abito della Vergine è uniforme, senza pieghe e di colore ocra, il manto è di una gradazione più scura con risvolto ed interno di color verde, che richiama nei disegni il tendaggio retrostante le figure dei Santi.

Tutto ciò pone in evidenza la delicatezza del volto della Vergine, che prima era appesantito da una mal posta corona, testimonia la preziosità delle immagini, l’abilità dell’antico artista e l’importanza che l’opera ebbe per il suo facoltoso committente. 

Il visitatore, ora, rimane particolarmente colpito  dai nuovi , più caldi e  luminosi colori , che risaltano maggiormente anche  per una studiata e più attenta ripulitura della chiesa.

La severa nudità dell’unica navata, infatti, non distrae  lo sguardo del pellegrino che  rimane attratto dal trittico al centro del presbiterio, in cui risalta in tutta la sua bellezza l’immagine della Madonna- Salus Infirmorum.

La Vergine, misericordiosa, allarga con le mani il suo manto offrendo protezione ai popolani inginocchiati ai suoi piedi.

Il volto, dai lineamenti amabili, reclinato sulla spalla destra, appare sereno e maestoso. Alla destra è raffigurato San Sebastiano, un  giovane fulvo seminudo, soltanto un panno violaceo cinge i suoi fianchi, legato ad un tronco e trafitto da frecce; il suo volto guarda verso la Madonna. A sinistra un chiomato e barbuto San Rocco, che, vestito della mantellina  da romeo e munito di bordone, il lungo bastone del pellegrino, mostra attraverso le lunghe calze una ferita sulla coscia destra, segno del contagio.

I fondali delle due figure di Santi ricordano dei tendaggi: rosato per San Sebastiano, verde per San  Rocco.

La vera protagonista del dipinto, però,  è l’immagine della Madonna, che indossa una veste di color ocra rossa, rigida e stretta alla vita da una semplice cintura. La delicata  e candida bordura di una leggera sottoveste affiora dalla scollatura della tunica.

Dal capo della Vergine scende , adagiato morbidamente sulle spalle, un manto di tonalità più scura del vestito, riccamente foderato di tessuto damascato color verde chiaro e trattenuto sul petto da una fibula dorata.

Il manto regale sembra essere in contrasto con la tunica semplice ed all’apparenza rude.

E’ lecito supporre che questo fu un omaggio a Maria del ricco signore che finanziò l’acquisto di preziose misture per ottenere quei colori, oppure fu soltanto l’abile tecnica dell’ignoto artista, che avendo dato alla Madonna  l’aspetto di una donna e di una madre del popolo, volle poi sottolineare la sua celeste regalità impreziosendone il manto ed esprimendo al meglio il suo estro creativo con una particolare espressione del volto.

Spingendosi fin sotto l’altare e guardando con attenzione, si può godere pienamente della bellezza del volto della Vergine, delicato nei tratti e trasparente nell’incarnato.

Altero e nel contempo dolce, invece, appare lo sguardo penetrante come a voler comunicare, con materna severità, con il fedele che a lei confida  le sue pene, scrutandone il cuore e l’anima.

La bocca finemente disegnata, tuttavia, accenna ad un sorriso, appena percettibile che tranquillizza e rasserena.

Il viso intero è reso ancor più luminoso e diafano da un velo bianco che incornicia la fronte e scende, leggero, fino allo scollo della tunica.

Sapiente è stata la tecnica dell’artista nel rappresentare sull’intonaco la finezza e la trasparenza di quel velo attraverso un abile lavoro di lievi e ravvicinate picchiettature[41] visibili appena all’occhio di chi guarda. Un aureola di luce rende  l’immagine ancor più leggera.

Il fondale, a mo’ di tendaggio, dalla calda tonalità dell’arancio e disegnato con motivi geometrici e floreali fa risaltare l'intera figura.

Le mani della Madonna aprono con grazia il manto sotto il quale appaiono figure di oranti in ginocchio e raggruppati in maschi e femmine rispettivamente a sinistra e a destra di chi osserva.

Le figure maschili, dai monotoni e scuri colori, sono palesemente diversi nella tecnica e nello stile. Queste  furono rifatte, con molta probabilità, durante uno dei vari interventi di restauro che il dipinto subì nel corso dei secoli.

Ciò appare con maggiore evidenza  nel confronto con le oranti, che  con le loro colorate vesti popolane ed il capo coperto da bianchi “velicelli”[42] , invece, si intonano armonicamente  con i  tratti propri dell’affresco quattrocentesco.

 

 

LE ATTENZIONI  VERSO IL SANTUARIO 

 

I Graffignanesi sono stati sempre attenti al decoro del Castellonchio e tutto il complesso reca l’impronta della loro generosità unita a quella dei pellegrini.

Costruito, infatti, il nuovo tempio, ogni occasione fu propizia per renderlo più accogliente.

Nel 1926,  il due maggio, i paesani residenti a Roma offrirono l’acquasantiera in marmo collocata a destra dell’ingresso.

Nel 1935, in occasione del 25° anniversario della costruzione della nuova chiesa, venne posta una lapide che riporta i nomi dei cittadini che, pur lontani dal paese, offrirono il loro contributo, implorando grazia e benedizioni.

Qualche anno dopo, nella notte del 26-9-1943, ladri sacrileghi penetrarono nella chiesa con l’intento di appropriarsi di alcuni oggetti preziosi posti negli ex voto.

Fortunatamente, il rettore del Santuario, alcuni giorni prima, aveva messo al sicuro “l’oro della Madonna[43] ed i ladri poterono asportare soltanto una pisside ed un calice. Delusi per il  mancato colpo distrussero gran parte degli ex voto.

 Da allora il Vescovo diede ordine che nessun oggetto di valore fosse esposto nella chiesa.

Nel 1948 fu tinteggiata la chiesa e successivamente furono rivestite di marmo le fiancate dell’altare (1953) ed eseguiti ,mediante cantieri scuola, lavori di ampliamento e sistemazione della strada che dal paese porta al Santuario (1954).

Un tempo, infatti, questa era ripida e stretta fino al fosso, il quale si doveva attraversare camminando su grosse pietre, che affioravano dall’acqua.

Nella primavera del 1963 fu rifatto il tetto, livellata l’area circostante la chiesa e messe a dimora diverse piante ornamentali.

I suddetti lavori, effettuati per dare più respiro all’insieme ed agevolare il transito dei fedeli, cambiarono l’originario aspetto naturale, aspro e selvaggio, che si presentava chiuso fra  un dirupo ed un’altura ricoperta di fitta vegetazione.

Nel 1965 fu costruita una veletta ed in essa posta una campana, dono del Vescovo Adelchi Albanesi (1938 –1942)trasferito a Viterbo il 7- 6 -1942 ma legato al Castellonchio da profonda devozione. 

Alla Madonna, infatti, egli dedicò una magnifica preghiera e nei quattro anni in cui fu Vescovo di Bagnoregio furono attuati due pellegrinaggi diocesani al Castellonchio con grande affluenza di religiosi e fedeli, poiché egli intendeva “allargarne il Culto e farne addirittura il centro diocesano di pietà mariana”.

Per questo nel maggio del 1939 aveva affidato la gestione del Santuario alla Curia Vescovile, che provvedeva direttamente al culto ed alla amministrazione mediante sacerdoti inviati da Bagnoregio.

Ciò, però, indispettì  non poco i Graffignanesi, che mal sopportavano tale ingerenza.

Nel 1942 la cura  e l’amministrazione del Santuario ritornò nelle mani del parroco di Graffignano.

Nel maggio e giugno del 1972 ci furono altri tentativi di furto . Il 2 settembre dello stesso anno, poi, i ladri, saliti sull’altare infransero il vetro impadronendosi degli orecchini, della collana  e divelsero la corona, credendola preziosa, staccando parte dell’intonaco e deturpando così, leggermente, l’immagine.

Nel 1977 l’Amministrazione Comunale, l’Università Agraria e la popolazione provvidero a rialzare ed allargare il ponte e correggere la curva, alquanto pericolosa, appena le “Fontanelle.”

Questo  avrebbe permesso ai pellegrini, che sarebbero arrivati in pulman, di non scendere più a Graffignano   e  poi proseguire a piedi.

Venne, inoltre, portata l’illuminazione elettrica al Santuario, recintata con staccionata un’ampia  zona all’esterno della chiesa e collocata nell’interno una semplice  e graziosa “Via Crucis” in ceramica.

In quello stesso anno fu presa l’iniziativa di chiudere il mese di maggio con una fiaccolata, che partendo dal paese culmina con  la celebrazione di una S. Messa notturna sul piazzale antistante.

Fu, anche, rifatto l’intonaco, riattati il tetto e le finestre e poste alcune panchine sul prato.[44]

Sempre nel 1977, aderendo all’invito del sac. Alessandro Vinciotti, rettore del Santuario del Divino Amore in Roma, l’immagine della Madonna fu portata, seguita da numerosi cittadini, nella sala dell’esposizione di quel Santuario.

Nel 1979 nella vecchia chiesa venne rifatto il pavimento, intonacate le pareti deturpate dalle scritte dei visitatori ed aperte due finestre. Il locale sarebbe servito a sala convegni e studi mariani o per ritiri spirituali.

L’Università Agraria nella primavera del 1984 provvide a recintare la parte antistante la chiesa con muretto e rete metallica, vennero costruiti servizi igienici ed una scalinata che conduce, evitando l’antico percorso poco agevole, alla cosiddetta “Acqua della Madonna”.

Questa sgorga alla base del pianoro sul quale sorgono le due chiese. E’ tappa d’obbligo per i pellegrini, che ad essa sono soliti bagnarsi, si dissetano e la attingono con devozione, segnandosi gli occhi e portandola a casa anche per i malati.[45]

In occasione dell’anno mariano (1988) , indetto da S. S. Papa Giovanni Paolo II , un gruppo di Volontari “Amici del Castellonchio”, provvide a far effettuare lavori di consolidamento e restauro del complesso del Santuario per una spesa il cui importo superò i 28.000.000 di lire offerti da Enti , istituzioni e devoti.

L’anno successivo (21-5-1989) il Vescovo diocesano Mons. Fiorino Tagliaferri (1986– 1997)elesse la Madonna del Castellonchio Compatrona di Graffignano e benedisse l’artistico stendardo processionale confezionato per la neonata Confraternita femminile.

Nello stesso giorno l’on. Oscar Luigi Scalfaro, allora Ministro degli Interni, poi,  9° Presidente della Repubblica(1992 –1999), visitò il Santuario  illustrando ai fedeli la fondamentale figura della Vergine nel disegno divino per la salvezza.

Nel 1990, ricorrendo l’ottantesimo  anniversario della edificazione della nuova chiesa, venne rifatto il portone, in legno, dell’ingresso e sistemato nell’oculo della facciata il nuovo rosone ispirato al tema  delle tre virtù teologali “Fede, Speranza, Carità”: un collage di 212 pezzi ideato dall’artista romana Laura Belforti .

Nel luglio del ’92 sono state sistemate, a semicerchio, davanti all’ingresso delle due chiese  pietre di basaltina donate dalla stessa società di Bagnoregio.

 Il 3 dicembre dello stesso anno il Vescovo Fiorino al Castellonchio, in occasione della visita pastorale, sottolineò l’importanza che il Santuario ora riveste non solo per Graffignano ma per l’intera Diocesi di Viterbo. In questa occasione lo definì “Cuore di Graffignano” e promise, per il maggio successivo, di comporre una “ sua  “ preghiera per la Vergine.

Tale definizione è quanto mai appropriata poiché il Castellonchio, è veramente “Il Cuore di Graffignano. La “Madonna,” infatti, qui da secoli venerata, costituisce il luogo in cui, indistintamente, tutti i Graffignanesi ritrovano il senso della loro comune umanità e fede.

Nell’aprile del ’94 ebbero inizio i lavori di asfaltatura della strada, che porta al Santuario e l’Amministrazione Comunale si fece carico della spesa .

Il primo maggio dello stesso anno i lavori erano ultimati realizzando così il desiderio dei devoti, che finalmente avrebbero potuto raggiungere agevolmente il Santuario evitando polvere e fango.

Nel settembre dello stesso anno, per una spesa di  circa 20 milioni, vennero ultimati i lavori di sistemazione del tetto della nuova chiesa.

Domenica due marzo 1997 il Vescovo Fiorino consegnò, ai delegati della zona pastorale di Bagnoregio, convocati  al Castellonchio, il  libro del Primo Sinodo  della nuova Diocesi di Viterbo ed annunciò  gli imminenti lavori di restauro dell’affresco, compiuti, in vero, nel mese successivo.

Nell’aprile del 1997 l’Amministrazione Comunale dispose l’ampliamento del parcheggio espropriando del terreno nella zona antistante .

Nel novembre dello stesso anno con l’operazione “Mettiamo un albero per una persona cara scomparsa” vennero messe a dimora nel parco del Santuario,  8 tigli, 20 abeti, 7 querce, 3 salici e  100 cespugli.

Nel febbraio – marzo del 1988 fu messo a norma  l’impianto elettrico completandolo con prese esterne per la illuminazione del parco .

All’interno  fu installata una illuminazione più confacente   ed un impianto di amplificazione. Il soffitto venne ripulito con sabbiatura e le travi trattate con sostanza impermealizzante.

Tutto l’interno della chiesa fu tinteggiato con colori più luminosi e più adatti  a far risaltare il restaurato  affresco .

Nello stesso periodo è stata ritrovata l’antica sorgente la cui acqua, condottata alle fontanelle, ha reso il flusso più ricco e permesso  l’apertura di una nuova cannella.

Il 22 Marzo  il nuovo Vescovo Mons. Lorenzo Chiarinelli , accompagnato dal Vicario generale della Diocesi di Viterbo,  ha inaugurato le opere eseguite nel Santuario.

Il Vescovo è stato accolto, per la prima volta e con la dovuta solennità, da tutta la popolazione di Graffignano con a capo il parroco, Don Raffaele Caprini, il Sindaco, il Maresciallo dei Carabinieri, le Confraternite e la Banda musicale

Significativa è stata la scelta del Castellonchio per accogliere il Vescovo. Non c’è luogo , infatti, più indicato per richiamare i Graffignanesi agli alti valori religiosi e civili e sperare, con l’aiuto della Madonna, in un futuro migliore.

Di ciò si sono fatti interpreti il Parroco ed Il Sindaco nel salutare il Vescovo, che ha risposto apprezzando la sincerità dei sentimenti della popolazione, la sua spontanea generosità e la profonda devozione alla Madonna.

Nel marzo – aprile del 1999  consistenti lavori hanno permesso di condurre le acque dal fondo valle fino al piazzale del Santuario.

Un’autoclave solleva l’acqua e la porta  nei bagni e in sei pozzetti con rubinetti per l’irrigazione del parco, che si vuole sempre ricco di fiori e di verde.

Nello stesso periodo è stata realizzata e donata da artigiani del luogo una artistica e preziosa fontana in pietra basaltina di Bagnoregio.

Questa, posta nella zona antistante l’antica chiesa, permette, ora, ai devoti  specialmente anziani di attingere “l’Acqua della Madonna” senza doversi portare con fatica, specie nelle calde giornate di maggio, nel dirupo sottostante.

L’inaugurazione della fontana è avvenuta il 2 maggio del 1999 alla presenza di tutte le autorità, di numeroso popolo e rallegrata dalla banda musicale “Progresso”.

Nei primi mesi del 2000 è stato rifatto con maggior cura estetica il muro di recinzione che delimita sul davanti la zona propria del Santuario ed una pregevole ed elegante cancellata in ferro battuto ha sostituito una disarmonica sbarra posta all’ingresso.

Ora il tutto si sposa con più semplicità e grazia con la natura circostante ed offre all’intero complesso una solennità che maggiormente lo esalta e qualifica.

Tanta cura ed attenzione sono benedette da Maria con grazie, che solo Lei sa dispensare.

Senza dubbio è una grazia della Madonna che, per il Grande Giubileo del Duemila, il Vescovo di Viterbo, Mons. Chiarinelli, ha accordato “…La possibilità .della pratica giubilare presso il Santuario di Castellonchio nel periodo che va dal 21 al 31  maggio[46]

Ogni giorno, comunque, e proprio nel mese di maggio, la Vergine sembra rivolgersi, grata, a quanti Le rendono omaggio.

La luce del sole, infatti, dalle ore 17,45 alle 18, 15 circa, entra dalla finestra, posta sul lato destro dell’abside ed accarezzando  pian piano  il dipinto  si sposta verso l’alto, indugia sul volto della Madonna, ne accentua il sorriso e lentamente si spegne. Segno questo di predilezione e di affetto, oltre che per i devoti, anche per il luogo che in determinati periodi dell’anno, nel rigoglio fresco ed incantevole della natura, appare di una suggestione  e di una serenità incomparabili.

 

 Preghiera a Maria SS. Del Castellonchio

Salus Infirmorum

 

Amatissima Maria, Madre di Dio e degli uomini, che a te ha affidato il Redentore tuo figlio morente, o Vergine tutta bella e tutta santa, immensamente cara alle Persone Divine della SS. Trinità, a cui sei unita con i vincoli più intimi possibili a semplice creatura, gradisci il nostro umile saluto e il nostro amore.
O tu che usi della tua onnipotenza supplichevole per perdonare, compatire, beneficare, ascolta benigna la nostra implorazione e guarda pietosa i nostri bisogni.
O Madre, se lo vuoi ci puoi aiutare! Non respingere, Madre, la preghiera che povera ma fiduciosa ci sgorga dal cuore, che tutto spera dalla tua bontà!
Esaudisci i nostri voti, guarisci i nostri mali, donaci con la grazia, che insistentemente ti chiediamo, una nuova testimonianza della tua materna pietà, affinché, spinti dalla riconoscenza ad amarti, a seguirti qui in terra, possiamo benedirti eternamente in cielo.
 
 
                                                                                               Adelchi – Vescovo
                                                                                                   Anni  quaranta

 Preghiera

  O Madre, Madre Santa di Gesù e mamma nostra. Tu hai voluto lasciare in questa nostra terra il segno della Tua presenza e del Tuo affetto mostrandoti alla nostra gente che in Tuo onore ha costruito questo Santuario dove da secoli sei onorata ed invocata.
Con il tuo aiuto noi ci impegniamo ad essere fedeli a Cristo ed a vivere gli insegnamenti del Vangelo.
Proteggi la nostra salute, il nostro lavoro e conserva la pace nel nostro paese.
Difendi l’amore sacro e fedele degli sposi e l’affetto sincero tra genitori e figli, affinché, ogni nostra famiglia cresca sempre più cristiana.
Ispira ai giovani l’entusiasmo delle scelte cristiane, assisti i nostri bambini, conforta gli ammalati e gli anziani ed insegnaci a volerci bene, nella gioia e nella fatica, lungo tutto il cammino della vita, o nostra Madonna del Castellonchio.
 
 
                                                                                        Fiorino, Vescovo .   Maggio 1993

 

 BIBLIOGRAFIA

Archivio Storico Comune Graffignano -  Libro dei Consigli e della Giunta
 
Archivio Storico Comune Graffignano -  Atti Criminali
 
Archivio Storico Comune Graffignano - Cartelle “ Usi  Civici”
 
Archivio Comunale Graffignano– Statuti Comunali  del 1561 - 1640
 
Archivio Curia Vescovile  Bagnoregio  - Beneficiari
 
Archivio curia Vescovile . Bagnoregio  - Visite Pastorali
 
Archivio Curia Vescovile  Bagnoregio  - Corrispondenza e Miscellanea
 
Archivio Curia Vescovile  Bagnoregio -  Assegne
 
T. Bernardini. A. Tanzella   Il Feudo di Graffignano  - Vol. I  1991  Maggiorelli – Vinci (FI)
                                           
Centro Catalogazione Beni Culturali – Provincia di Viterbo. “Emergenze archeologiche e storiche artistiche del territorio comunale di Graffignano”  Viterbo 1987
 
Cipriano Manente  - Historia di Orvieto- Vinegia 1561
 
Feliciano Bussi - Istoria della Città di Viterbo- Roma 1742
 
Francesco Macchioni -  Storia  di Bagnoregio dai tempi antichi sino all’anno 1503
                                      Agnesotti – Viterbo 1956
 
Luigi Cori – Brevi memorie storiche di Graffignano e del nostro piccolo Santuario di Maria
                    SS. del Castellonchio – Alessi – Roma 1940
 
Luigi Fumi – Cronica Antiqua - Annales Urbevetani
 
Mario Signorelli – Storia Breve di Viterbo – Agnesotti Viterbo 1965
 
Petrangeli Papini – Bagnoregio , Cronologia Storica – Agnesotti  1972
 
Vittorio Bartoloni – Manuale del pellegrino al Santuario del Castellonchio - Graffignano –
                               1978
 
Vittorio Bartoloni – Il Castello di Graffignano, cenni storici e curiosità di vita civile e
                               religiosa dai tempi lontani ad oggi-  S. Pellico – Montefiascone 1985
 
P. Maestro Bonaventura Theuli  - Apparato Minoritico della Provincia di Roma,  annotato
                                                      aggiornato da P. M. Antonio Coccia - 1967 Ed. Lazio
                                                      Francescano– lungotevere Farnesina.
 
Suor Croce - Civitella D’Agliano e il suo Cardinale - C. Ceccarelli - Grotte di Castro – 1979
 

 

 

 

 

 

INDICE
 
 
Presentazione      di S .E. Il Vescovo  Lorenzo  Chiarinelli                     Pag.         1
 
Introduzione alla Prima Edizione                                                             pag.         2
 
Prefazione alla Seconda Edizione                                                           pag.         3
 
L’Ambiente ed il Territorio                                                                       pag.         4
 
La Tradizione Popolare                                                                           pag.         6
 
I Miracoli della Madonna                                                                         pag.         7
 
La Storia dalle Origini al Secolo XIX                                                       pag.         9
 
Il Nuovo Santuario                                                                                  pag.         12
 
L’Affresco                                                                                                pag.         14
 
Le Attenzioni verso il Santuario                                                              pag.         17
 
Preghiera a Maria SS. Del Castellonchio: Adelchi Vescovo                   pag.          21
 
Preghiera :   Fiorino Vescovo                                                                  pag.          21
 
Bibliografia                                                                                               pag.         22

 


[1] Selva Pagana era un ampio tenuta, appartenente a diversi proprietari, situata al di qua dal Tevere posseduta per metà dai conti da Persano, di origine longobarda, e da altri condomini, che ne possedevano l’altra metà.

 Questa confinava a nord con Civitella d’Agliano, a sud con Sipicciano, ad est con il Tevere e ad ovest con Torena (Piantorena). Fino al 1927 questi sono stati i confini amministrativi del Comune di Graffignano.

Nella tenuta di “Selva Pagana” oltre al Castellonchio vi era la chiesa di San Leonardo, una cappella dedicata alla Madonna ed un ospedale dei lebbrosi, fatto costruire dal nobile Bonconte da Persano, ed un Castellare , abitazione dei Conti da Persano, distrutto ai tempi di Federico secondo

Vedi Francesco Macchioni – Storia  Civile e Religiosa della città di Bagnoregio dai tempi antichi sino all’anno 1503  Agnesotti - Viterbo  1956,  pag.177.

[2] Archivio  Storico Comunale – Graffignano- R. Corte d’Appello d’Aquila, in sede di rinvio per le principesse S. Croce e Apolloni- Paparelli contro  Comune di Graffignano e Civitella d’Agliano . Roma Tipografia Sociale “Polizzi & Valentini  1908.

Domitilla Cesi, della nobile famiglia dei Cesi, sposò Adriano Baglioni, dei Baglioni di Castel di Piero (San Michele in Teverina)  e signore della terra di Graffignano ;alla morte del marito (1622) rimase erede del feudo, che, poi, sempre per eredità, avendo la di lei figlia Giovanna sposato Giulio Cesare Borromeo, passò a questa nobile casata.

[3] Francesco Macchioni  o. c. pag. 178

[4] Cipriano Manente da Orvieto – Historia di Orvieto. Vinegia 1561 .Alla pag. 139 afferma  “ In tal tempo (1274) il Conte Pandolfo Anguillara, Capitano e Podestà di Viterbo venne sopra Civitella ad un luogo detto il Serraglio, fu terminato il confino fra Orvieto , et Viterbo, et fu decretato che Castel di Piero et Mugniano fusse nel territorio di Orvieto, et Graffignano territorio di Viterbo”.

Vedi  anche Feliciano Bussi -Istoria della città di Viterbo –Roma 1742  che alla pag 52  afferma “ Perzano. Era questo Castello della città di Viterbo…”” alla pag  52 ..”Celleno e Sipicciano. Queste due terre erano di Viterbo….Graffignano, Castel Fiorentino. Questi due Castelli furono di Viterbo…”

Ancora oggi al confine tra i territori di Graffignano e Civitella d’Agliano, in località tra Cercquetelli e Pian dell’Arco è visibile un cippo in pietra con la scritta “Orvieto

[5] L. Fumi .Cronica Antiqua- Annales Urbevetani, pag 181.

[6] Da Francesco Macchioni  o. c. alle pag. 329-447-592;

da Mario Signorelli “Storia Breve di Viterbo  Agnesotti-Viterbo –1965, pag 169-194- 276- 280;

da Francesco Petrangeli Papini  “Bagnoregio - Cronologia Storica”- Agnesotti – Viterbo-1972 pag. 77-90-113, è possibile avere un quadro abbastanza preciso della peste che a più riprese colpì le terre del Patrimonio di San Pietro

Nel 1348, infatti, imperversò la celebre peste nera  ben evidenziata dal Decamerone di Giovanni Boccaccio. Questa scoppiò, importata dall’India, con grande violenza nell’Italia Centrale.

Si manifestava nel corpo con formazioni di macchie nere. Persone sane al mattino, il giorno dopo erano cadaveri deformi.

In Viterbo morirono due terzi degli abitanti e nove decimi in Orvieto. Qui in un sol giorno morirono cinquecento persone. Due terzi morirono in altre parti della Tuscia.

Nel 1399 -1400 la peste colpì Viterbo, Orvieto, Bagnoregio e tutta la Tuscia . Questa si ebbe per il passaggio delle compagnie dei Bianchi, penitenti d’oltralpe che si dirigevano a Roma per il Giubileo del 1400.

Secondo quanto afferma il cronista Fr. Francesco d’Andrea si apprende che “  Lo papa fece l’anno del giubileo et fu anno Sancto, et in quell’anno fu gravissima mortalità: et dice   .. che furno numerati per lo Vescovo de Viterbo  che  morirno abitanti 6.663 persone tra grandi et  piccoli”.

Nel 1449, dalle riforme di Orvieto in data due giugno, si sa che il morbo, di natura quanto mai contagiosa si era propagato in molte città e luoghi circonvicini. A Viterbo muore metà della popolazione..

Anche nel 1467 la peste infuriò in gran parte delle terre del Patrimonio di San Pietro.

Nel 1497 la peste era ad Orvieto e fu presente in questa città fino al 1499 anno in cui scoppiò violenta a Bagnoregio, dove i morti furono così numerosi da essere seppelliti nelle pubbliche strade.

Sappiamo per tradizione che, nel colmo della pestilenza, il miracoloso crocifisso, che si venera nell’antica chiesa Cattedrale di Civita, parlasse ad una pia vecchierella che pregava per la fine del flagello e le dicesse che con la sua morte il morbo avrebbe avuto fine.

Nel 1522 la peste infuriò  di nuovo ad Orvieto fino al 1524 e tra la città ed il contado fece 7000 vittime; di certo colpì anche Bagnoregio. Nel 1527 era di nuovo a Viterbo e nelle sue vicinanze.

Nel 1657 colpì Montefiascone e Viterbo. I disinfettanti erano aceto per le persone e calce per gli ambienti: Rimedi erano unguenti, cerotti, impiastri di olio di scorpione, camomilla, petali di rosa, erbe aromatiche.

Gli Orvietani, per invocare la salvezza dal grave pericolo, fecero pubblico e solenne voto di osservare il digiuno il giorno della vigilia del Corpus Domini.

Questa epidemia colpì anche la Comunità di Graffignano,. Infatti, nella seduta del Consiglio Comunale del 21 marzo 1662 si evidenzia “ …il calo della metà del popolo per la morte successa di molte persone et estintione di molte famiglie” .

[7] Molto incerti sono i dati biografici di San Rocco vissuto fra il 1295 ed il 1327 o tra il 1360 ed il 1365. Francese, di Montpellier (?) e forse morì ad Angera sul lago Maggiore.

Dal sec XV  è invocato, insieme a San Sebastiano, come taumaturgo o protettore contro la peste perché avrebbe perduto la vita con questo male curando gli appestati.

Le sue immagini sono rare prime del 1485 quando, secondo una tradizione, i Veneziani ne trasportarono le reliquie dall’Oriente.

 

Da allora il culto del Santo ebbe grande impulso e dappertutto sorsero chiese, Confraternite ed Oratori in suo onore specie nelle campagne.

E’ rappresentato giovane, barbato, in abito da pellegrino, in atto da indicare un bubbone sulla gamba ed è spesso accompagnato dal cane, che talvolta reca un pane in bocca a ricordo della leggenda secondo la quale il nobile Gottardo mandava con un cane il cibo al Santo, malato, presso Piacenza.

I cicli pittorici sono rari. Il più famoso è quello del Tintoretto nella scuola di San Rocco a Venezia dove si conservano le reliquie del Santo. La festa si celebra il 16 di Agosto.

Nel nostro territorio il suo culto è abbastanza diffuso. Infatti, il Santo è ricordato  oltre che nell’affresco del Castellonchio anche con chiese ,cappelle  o edicole  un po’ ovunque come a Celleno , Montecalvello, (festa patronale 16  agosto) ,Capodimonte, Acquapendente. Secondo la tradizione  egli sostò proprio ad  in quest’ultima cittadina e qui si prodigò per i malati e compì miracoli..

[8] San Sebastiano (sec,III) oriundo di Narbona, altri dicono appartenente ad una famiglia cristiana di Milano, che intorno al 270 si era recato a Roma per entrare nella guardia dell’imperatore. Dopo essere stato arruolato si distinse talmente per intelligenza, lealtà e coraggio che in breve scalò tutti i gradi della gerarchia militare e divenne tribuno della prima coorte, anche con l’appoggio diretto degli imperatori Massimiano e Diocleziano, i quali non sospettavano della sua fede cristiana. Grazie al potere di cui fu investito, Sebastiano, poté aiutare “dall’interno” i cristiani oppressi dalla persecuzione.

Un giorno che i figli di un tal Tranquillino furono arrestati perché ritenuti cristiani, egli andò in carcere per invitarli a perseverare nella loro testimonianza e a non cedere al ricatto di sacrificare agli dei pagani. Mentre parlava loro, i presenti nel buio del carcere, lo videro avvolto da una grande luce ed una donna, muta da sei anni, gli si inginocchiò supplicando la grazia del Signore e la donna riprese a parlare.

 A questo prodigio ne seguirono altri che determinarono un gran numero di conversioni, ma un  giorno anche Sebastiano venne scoperto e condannato al martirio da Massimiano, che, cieco di rabbia per la fiducia tradita gli disse :” Io t’ho sempre tenuto tra i maggiorenti del mio palazzo e tu hai operato nell’ombra contro di me, ingiuriando gli dei”. Detto questo lo fece legare ad un palo e trafiggere da così tante frecce da “sembrare un riccio”( così narra la Passio di S. Sebastiano).

Irene, una nobile donna romana, lo raccolse che era ancora in vita e miracolosamente riuscì a salvarlo. Ma Sebastiano, appena guarito, andò a proclamare la sua fede dinanzi agli imperatori, che questa volta gli inflissero il martirio della flagellazione e ne gettarono il corpo nella cloaca massima.

Nella notte il Santo apparve in sogno ad una matrona romana  di nome Lucina rivelandole il luogo dove il suo corpo era approdato e consentendo così ai cristiani  di ritrovarlo.

 Fu sepolto nelle catacombe sulla via Appia sopra le quali poi venne innalzata nel IV sec. a Papa Damaso I  (366 – 384)una Basilica in onore del Santo. A poche centinaia di metri vi è il cimitero di   San  Callisto.

Questo complesso cimiteriale fu il primo ad essere chiamato ad Catacumbas ed il nome di catacomba si estese poi a tutti i cimiteri sotterranei cristiani.

 Nei monumenti più antichi appare vestito di tunica e clamide, reca la corona gemmata ed è barbato e d’aspetto anziano. A partire dal 14° sec. é raffigurato giovane, nudo, legato ad una colonna o ad un tronco e crivellato da frecce, che per essere state il simbolo della peste lo fecero assumere, insieme a S. Rocco, come protettore contro tale epidemia.

 Nello Statuto del Comune di Graffignano del 1561 nel libro IIII “Delli  estraordinari “al cap XVIIII  si faceva obbligo a tutti di celebrare la festa  dei santi Rocco e Sebastiano “ sotto pena de dieci libbre per ciascuno contraffacente”.

[9]Sassetto”. Gioco un tempo molto popolare tra i ragazzi: ogni giocatore puntava una determinata moneta metallica, che, per stabilire chi dovesse iniziare il gioco, a turno, veniva  lanciata, da una determinata distanza, verso un punto stabilito, detto  lecco.

Colui che più si avvicinava al lecco iniziava, gli altri seguivano nell’ordine. Le monete, poi, venivano  raccolte e messe una sopra l’altra, tutte per un verso.

Il gioco vero e proprio consisteva nello scagliare, con una certa arte, un sasso (da ciò il nome sassetto) sopra il mucchio di monete. Quelle che si capovolgevano erano vinte.

[10] Mons Luigi Rosa nominato a Vescovo di Bagnoregio (1942–1967) negli anni tristi della guerra, nei momenti del pericolo, è stato  sempre vicino ai suoi diocesani mettendo a rischio la sua vita senza alcun timore.

Durante l’occupazione tedesca, dal settembre del 1943 al giugno del 1944 , dimostrò fierezza e coraggio nell’affrontare i prepotenti e con animo generoso e paterno consolò ed aiutò i sofferenti.

In occasione delle solenni celebrazioni del 25° del suo Episcopato (8-10-1967), il Comune di Graffignano offrì un contributo di £ 78.000 pari a £ 300 per ogni abitante (la popolazione contava 2.600 unità compresa la frazione di Sipicciano) da elargire al Sindaco di Bagnoregio ( delibera N° 68 dell’8-9- ’67 G.M.) per l’acquisto di un dono unico dei Comuni della Diocesi.

 Per la stessa occasione, con separato atto deliberativo dell’8-9-’67, inoltre, la Giunta Municipale propose, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il conferimento, a S.E. Mons. Luigi Rosa, della Commenda al Merito della Repubblica Italiana.

 Al Vescovo L. Rosa don Vittorio Bartoloni, parroco di Graffignano (1942-1988) intitolò la sala cinematografica parrocchiale.-

Mons.  Rosa nel novembre del 1967, in conformità alle nuove disposizioni del Concilio Vaticano II°,  presentò le dimissioni per raggiunti limiti di età.

Queste vennero accettate il 28 aprile 1967 e nello stesso giorno fu nominato Amministratore Apostolico della Diocesi di Bagnoregio Mons. Virginio Dondeo (1967-1970) Vescovo di Orvieto.

Il Vescovo Rosa conservò, tuttavia, il titolo e la residenza in Bagnoregio fino alla morte avvenuta il 3 ottobre 1971.

Nel 1970 venne nominato Amministratore Apostolico della Diocesi di Bagnoregio Mons Luigi Boccadoro  (1970 – 1986) già Vescovo di Aquapendente , Montefiascone, Tuscania e Vitebo.

Nel 1986 queste cinque Diocesi, in seguito alla ristrutturazione della Chiesa Italiana, vennero dichiarate estinte ed i loro territori uniti  nella sola Diocesi di Viterbo.

l nome della Diocesi, però,  non è cessato, infatti,. continua con i Vescovi non più residenziali ma titolari. Il primo dei quali è stato Mons. Mario Rizzi, che nel 1991 fu inviato come Amministratore Apostolico a Sofia, in Bulgaria.

[11] Vittorio Bartoloni . Manuale del Pellegrino al Santuario del Castellonchio- Graffignano 1978 pag. 37

[12]  Fancesco Macchioni o. c. pag. 489 – La procurazione era una tassa annua fissa, dovuta dalle chiese per essere esentate dalle spese che avrebbero dovuto sostenere, in caso di visita, per il Vescovo ed il suo seguito. Per ogni procurazione era imposto un fiorino, i rettori di due chiese riunite, di solito ne pagavano due

[13] Il convento di Santa Maria  Apparuta, detta anche della Maestà o dell’Assunta, sorgeva dove attualmente è la casa canonica e la chiesa Parrocchiale  di San Martino.  All’epoca era fuori del centro abitato  (Extra moenia) in località chiamata “Cerqueto”. –

Si celebra in questa Chiesa la festa delli 15 agosto di ciascun anno dalli bifolchi di questo luogo quali fanno il signore e danno l’offerta all’immagine della Madonna in un cero. E’ solito farsi la questua ogni terza domenica del mese e coll’elemosine che si fanno ci si celebra la messa per li bifolch”. 

Vedi Vittorio Bartoloni – Il Castello di Graffignano , cenni storici e curiosità di vita civile e religiosa dai tempi lontani ad oggi-  Silvio Pellico Montefiascone (VT) 1985. Pag. 126.

[14] Archivio  Curia Vescovile Bagnoregio – atti civili - Vol. 11, 10.10.1586, cart. 208

[15] Archivio Curia Vescovile  Bagnoregio, Benef.iciari  A – B, 1570 – 1644, pag.140 e seg.

[16] P. Maestro B. Theuli “Apparato Minoritico della Provincia di Roma” Roma Edizioni Lazio Francescano- Lungotevere Farnesina ,12, 1967. Pag. 201. Cap X – Annotato ed aggiornato dal P.M. Antonio Coccia alunno della stessa Provincia.

[17] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio , Viste pastorali  G.H. - 1696 - c. 297

[18] Bernardini T. Tanzella A.  Il feudo di Graffignano- Maggiorelli – Vinci (FI) 1991 Vol Primo pag.74

[19] Archivio Curia Vescovile  Bagnoregio- Visite pastorali  G. H. 1654 c. 74.

[20] Archivio Curia Vescovile  Bagnoregio- Visite Pastorali :

 Vol. 10,- 1715   pag .366; Vol. 11, 1722,- c.192 ;  1725, c. 284; 1728  c. 334;   Vol., 12, 1732 c 62; .Vol. 13, 1746  c. 140 t.;.1748  c. 174; , 1750 , c.. 209;– 1752, c. 245 T; Vol.14 , 1755 c.45 t ;Vol. 16 , 1759  c. 125; 1761 c. 153; 1763  c.180; Vol .16 , 1765  c. 33;– 1775  pag.631; 1777  pag. 679; 1779 pag. 755;  1783, pag . 855;-.; Vol 19 . 1793 c. 17 t. Vol. 20 1796 c. 345. Vol. 21 1804 c. 28 .1808 c. 367.: Vol 24  n 120- 128.

[21] Archivio Curia vescovile Bagnoregio Visite Pastorali Vol. 8 - 1706 c.161.

[22] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio Visite Pastorali Vol 11. Pag 111

[23] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio  Assegne anno 1727 c. 345

 Assegne: sono così chiamati una serie di documenti contenenti l’inventario dei beni che il parroco era tenuto a compilare  e consegnare alla Curia in quanto responsabile di tutto ciò che gli veniva “ assegnato” (affidato) in cura ed in gestione

[24] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio – Visite Pastorali Vol. 13 ,1754  c. 269

[25] Archivio Curia vescovile  Bagnoregio  Vol. 18 , 1790  pag 120.

[26] Archivio Curia Vescovile Visite Pastorali Vol. 22, 1815 c. 51., Vol. 23, Decreti c. 57-66

[27] Luigi Cori , Brevi Memorie Storiche di Graffignano e del Piccolo Santuario di Maria SS.ma di Castellonchio  Tipografia, Alesi  - Roma 1940

[28] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio  Corrispondenza varia.

    Archivio Comunale Graffignano - Atti Criminali (1628- 1831) Busta 11 – Fasc. 96. 

La festa della Madonna del Castellonchio ricorreva il due di maggio come risulta anche in un processo avutosi per una querela presentata il 2 maggio 1792 da Eutizio Urbani “ de terra Suriani” contro Francesco Tardani, Pietro Tardani, Bartolomeo Rossetti e Giovan Battista Chiovelli. L’Urbani vendeva limoni nella “ Piazzarella” del paese in occasione della festa della Madonna  del Castellonchio ed ebbe a discutere con Francesco Tardani circa il prezzo dei limoni.

 Dalle parole si arrivò alle mani ed anche al coltello e se non fossero accorsi gli Sbirri e altre persone la rissa avrebbe degenerato.

Al processo i testimoni  Luigi Annucci di Baschi, abitante al presente nella terra di Graffignano , incola ad presens  in hac terra Graffignani,  e Bartolomeo Rossetti che “ era di Arcis Alvetie e abitava in S. Angelo cura della Rocca del Veccio ed era venuto in Graffignano con Giovan Battista Chiovelli, accompagnandosi a Francesco Tardani e Pietro Tardani di questa terra, dove essendo qui festa solita della Madonna del Castel Onchio che sempre si celebra alli due di Maggio.”

[29] Archivio Comunale Graffignano  processo XLVI  8 – 4 – 1806 .

In una querela, fatta da Antonio Trifoni  contro chiunque indiziato, viene chiamato a  testimoniare un certo “ Andrea Cori ventisettenne circa , bifolco prima al Pian della Nave  ed ora col Principe Santa Croce.”. Interrogato dal giudice afferma  Io fui Signore per la festa della Madonna di Castellonghio, e non avevo avuto tanto denaro, quanto mi era occorso per  le spese di detta festa, tantochè specialmente dovevo passare le messi della festa suddetta.”

[30] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio  miscellanea

 Questua per la festa della Madonna  del Castellonchio anno 1857”. – “ Raccolto: 3 stara di grano, qualche vaglio di lana fu fatto poco perché era  un anno scarso di raccolta. La questua fu effettuata da Baruffa Pietro e figlio di Grossi Giuseppe domiciliato in Civitella d’Agliano, nei territori di Civitella d’Agliano e Castel Cellesi”

[31]  Archivio Storico Comunale Graffignano Libri dei Consigli e della Giunta municipale  1832

[32] Da tempo immemorabile la Vergine del Castellonchio riscuote venerazione anche tra gli abitanti di Montefiascone dovuta a particolari grazie dispensate dalla Madonna.

Un tempo, come alcuni testimoniano, i pellegrini, provenienti da quella località, si davano appuntamento nella zona di Montesecco, al crocevia di Sant’ Angelo e da lì, processionalmente, lungo la strada di campagna, che conduce alle “Selve”, arrivavano al Santuario.

[33] Archivio Curia Vescovile Bagnoregio Scaffale XVII – Pluteo 1 Busta 6.

La carta intestata del Comune di Graffignano, su cui era scritta la lettera,  offre una precisa documentazione circa l’ordinamento amministrativo  del nostro territorio.  Allora, infatti, il Comune era: Provincia di Roma,-Circondario di Viterbo - Mandamento di Bagnorea.

[34] Vittorio Bartoloni -  Manuale Del Pellegrino al SANTUARIO del CASTELLONCHIO- cenni storici – cronache, preghiere e canti.  Graffignano - Maggio 1978 pag. 20

[35] Archivio Comunale Graffignano – Libro dei Consigli e della Giunta – anno 1911

[36] Archivio Comunale  Graffignano – Libro dei Consigli e della Giunta –anno 1913.

“La camera attigua  alla Chiesa della Madonna del Castellonchio “ era  l’ambiente del vecchio Santuario.

[37] Archivio Comunale Graffignano – Libro dei Consigli e della Giunta -  anno 1920

[38] Angelo Maria Dolci  nacque a Civitella D’Agliano il 12 luglio 1867.Discendeva dalla casata dei Dolci, nobile famiglia del patriziato orvietano. A 12 anni entrò nel seminario di Bagnoregio e dopo aver compiuto  gli studi classici passò nella Pontificia Accademia dei Nobili Ecclesiastici, in cui ebbe come compagno di studi  il futuro Papa Eugenio Pacelli. Fu ordinato sacerdote il 5 giugno 1890 nel seminario di Bagnoregio.

 Il 17 aprile 1900 , a soli 32 anni, fu nominato Vescovo di Gubbio. Nel 1906 da  Pio X  fu promosso alla sede  Arcivescovile di Nazianzo (antica città dell’Asia Minore, l’odierna Nienzi, fu patria di San Giovanni Nazianzeno), nominato delegato Apostolico in America Latina ed Arcivescovo titolare di Patrasso.

Nell’estate del 1910 , dopo aver assolto con successo la sua missione in America Latina, ritornò a Civitella per un periodo di riposo e proprio allora, nel settembre, venne al Castellonchio e benedisse la nuova chiesa.

Nel 1910,poi,  fu chiamato a ricoprire la cattedra Arcivescovile di Amalfi. Qui non rimase a lungo perché l’11 giugno del 1914 venne  inviato , quale Delegato Vicario Apostolico , a Costantinopoli ed incaricato a reggere contemporaneamente il Vicariato Patriarcale per i Latini nelle sede di Gerapoli in Siria.

Erano gli anni terribili della guerra, dei massacri dei Greci e degli Armeni in Costantinopoli, delle sofferenze dei cattolici in Libano ed in Siria. Il Dolci, con il prestigio della sua personalità e del suo ruolo, seppe, con intelligenza ed abilità, far valere le ragioni della fede e della carità tra i vari contendenti ; alleviò dolori ed angustie di molti  senza distinzioni, tanto che nei 1921 Turchi, Greci, ed Armeni eressero in segno di riconoscenza, per l’opera svolta dalla Chiesa, un monumento a Benedetto XV di fronte alla Cattedrale cattolica di Costantinopoli. Il Dolci fu chiamato “l’uomo del Vaticano in Levante”.

 Il 30 maggio del 1923 fu nominato Nunzio Apostolico a Bucarest, in Romania. In considerazione dei meriti acquisiti  nei posti di responsabilità Pio XI , nel Concistoro del 13 marzo 1933, lo nominò Cardinale di Santa Romana Chiesa con  il titolo Presbiteriale di S. Maria della Vittoria e poi con quello di Arciprete della Basilica Patriarcale Liberiana (Santa Maria Maggiore)Il suo nome figura scritto sopra la Porta Santa di questa Basilica per la chiusura dell’Anno Santo della Redenzione 1933-1934.

Ne 1936 fu elevato all’Ordine dei Vescovi Suburbicari con giurisdizione sulla diocesi di Palestrina. Nel 1937 fu inviato quale Legato “ a latere” a presiedere il XII Congresso Eucaristico Nazionale Italiano, Intercoloniale, a Tripoli.

Nel  marzo del 1939 partecipò al conclave, che elesse Eugenio Pacelli, Papa  Pio XII. Nell’aprile del 1939  fu presidente ai  Congressi internazionali della Gioventù Femminile  e dell’Unione Donne di Azione Cattolica. Nell’estate ebbe qualche malore, si ritirò a Civitella, dove, il 13 settembre 1939, si spense  serenamente nella “Villa Dolci”.

Attualmente  questa è la sede dell’Ente Morale “Fondazione Cardinale Dolci” ed il luogo in cui  le suore “Figlie del Calvario” , la cui casa fu fondata  a Civitella  d’Agliano nel 1919 dai Dolci, continuano a trasmettere alle nuove generazioni i valori morali, civili e religiosi che animarono il Cardinale

Vedi –  Civitella d’Agliano e il suo Cardinale  - di Suor Croce  delle  Missionarie Figlie del Calvario”-

           C Ceccarelli – Grotte di Castro – 1979 .

[39] Luigi Cori –Brevi Memorie Srtoriche di Graffignano e Del piccolo Santuario di Maria SS.ma di Castellonchio  op. cit. pag 16 

[40] Acquarello -  Metodo di pittura che adopera pigmenti colorati temperati con gomma e quindi solubili nell’acqua. 

Tratteggio - Uno dei mezzi grafici per ottenere il chiaroscuro nel disegno, nella incisione e nella pittura. Esso consiste in un tracciato di linee parallele o incrociate, più o meno fitte e più o meno forti  in ragione delle gradazioni di ombreggiatura che si vogliono realizzare.

Velatura  -  Sottile strato di colore che il pittore distende sul dipinto ben secco sia per intonarlo meglio, sia per addolcire il modellato, sia per modificare la forza di un tono.

L’uso della velatura non è un ripiego, bensì un proprio artificio  e se ne valsero con  grande maestria specialmente gli antichi  pittori veneti.

[41] Picchiettatura – Arte di punteggiare una superficie con macchioline , per lo più irregolari, di colore diverso.

[42] Statuto Municipale di Graffignano, 1640 – Libro III – “De Malefitii”- Cap. VII- Della pena di chi percoterà con la mano vota o piglierà per li capelli – “ …….per la trascinatura, il capuccio, o vero berretta all’homo, o velicelli, o panni del capo alle donne alcuno se ingiuriosamente leverà o getterà, in dieci soldi di pena per qualunque volta sia punito”.

[43]L’oro della Madonna” consistente in diversi oggetti preziosi (anelli, orecchini, catenine) segno evidente di grazie e profonda pietà, oggi è stato inventariato e messo al sicuro.

 

[44] Vittorio Bartoloni - Manuale del Pellegrino al Santuario del Castellonchio -op.cit. pag. 24 - 23 - 35- 36- 29-30- 41- 37.

Gli antichi documenti  descrivono la Chiesa del Castellonchio “ piccola e povera … da parte di mezzogiorno ..in mezzo ad una macchia.. rude e spoglia “.

Questo testimonia che non aveva entrate proprie e che “tutto il necessario era fornito dalla Chiesa dell’Apparuta o Conventino.”

Tuttavia verso la metà del secolo XIX sotto l’episcopato di Mons Gaetano Brinciotti (1854 –1867) si provvide, come afferma Luigi Cori nell’opera citata alla pag. 13 e 14, a nominare “un rettore amministrativo curatore e custode delle rendite incerte raccolte in quel sacro luogo”.

 Per questo incarico venne scelto un laico nella persona del Signor Gerolamo Paparelli, quindi il figlio Tommaso e poi il nipote Daniele.

Dopo la rinuncia spontanea di quest’ultimo nel 1909, il vescovo diocesano mons.  Rinaldo Camillo Rousset   (1906–1909) affidò l’incarico della gestione al parroco don Luigi Cori, che lo tenne  con scrupolosa precisione fino al 1938.

Sappiamo, pertanto, che nella visita pastorale del  26 maggio 1913 il Vescovo Emilio Poletti  (1913– 1918)approvò il registro delle entrate e delle uscite del Castellonchio ed ordinò che “i sopravanzi siano devoluti pel maggior decoro della Chiesa parrocchiale, troppo misera e bisognosa di restauri e di aiuto”.

 Il vescovo Mons. Tranquillo Guarnieri ( 1927 – 1937) confermò lo stesso ordine l’11 novembre del 1928 disponendo, inoltre, che una parte del sopravanzo, che era di £ 2.508,55, venisse devoluto alle suore ”Figlie del Calvario,” che proprio in quell’anno avevano aperto a Graffignano  una casa con “laboratorio ed asilo infantile”.

Il parroco, così, per la nuova chiesa parrocchiale, poté corrispondere diversi acconti  alla ditta Nisi Torquato, per complessive £ .4.911,10, inoltre, £ 1.300 per estinguere un mutuo con gli ex combattenti, altre somme per acquistare l’organo dalla cattedrale di Montefiascone e varie suppellettili necessarie alla chiesa.

Dopo il breve periodo  (1939 –1942) , in cui l’amministrazione del Castellonchio, passò direttamente alla Curia, nel 1942 con il vescovo Mons. Rosa fu di nuovo affidata al parroco di Graffignano, che tutt’ora la gestisce.

- Le suore Missionarie Figlie del Calvario operarono nella parrocchia di San Martino per circa 50 anni, quando nel 1976 per mancanza di personale  la Casa  di Graffignano dovette essere chiusa, nonostante  gli sforzi  compiuti  per impedire ciò dal parroco don Vittorio Bartoloni e da molti cittadini, che ritenevano, giustamente, insostituibile la loro presenza  nel paese.

Esse durante questo periodo, infatti, si sono prodigate con abnegazione e spirito di servizio oltre che verso i bambini, gestendo l’asilo infantile, anche nell’educare diverse generazioni di giovani che intorno ad esse si ritrovavano  per crescere nella umanità e nella fede.

Le suore, inoltre , sono state  sempre  attente al decoro della chiesa ed alla animazione liturgica, nonché a visitare  e portare conforto agli infermi, agli ammalati ed a soccorrere quanti si trovavano nel bisogno sia spirituale che materiale.

 

 

 

[45]“ Alle falde  del Santuario scaturisce, da sempre, una limpida sorgente, chiamata “Acqua della Madonna” .

I pellegrini l’attingono mediante due fontanelle che gettano acqua in due conchiglie di pietra, probabilmente due acquasantiere riutilizzate; una è polilobata, l’altra liscia con l’orlo terminante in due grosse spirali che si incontrano all’interno della vaschetta.

Sopra le due fontanelle c’è un’edicola con una riproduzione della Madonna del Castellonchio,

Per accedervi c’è una strada alquanto scoscesa ed una scalinata un po’ faticosa, specie per gli anziani.

Nel 1998, essendo stata ritrovata la vena, è stato possibile aggiungere una nuova cannella e dal ’99 l’acqua, mediante un’autoclave, alimenta anche una artistica fontana costruita davanti la vecchia chiesa, rendendo così un nobile servizio a quanti  hanno difficoltà a scendere per attingere con devozione “l’acqua  benedetta”.

[46] Tale disposizione è stata trasmessa al Parroco don Raffaele Caprini dalla Curia Vescovile di Viterbo in data 21 /03/ 2000 in risposta alla richiesta dello stesso del 10/03/ 2000. Questa è  firmata dal Vicario Generale della Diocesi Mons. Pietro Concioli e contiene l’augurio di’ “ una felice esperienza pastorale ai sacerdoti che vi presteranno i loro servizi e ai fedeli che ne approfitteranno.”