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La storia della Nostra Parrocchia

Tratta dal Calendario Parrocchiale 1993/94

Statua di B. Castello

per scorrere rapidamente la storia ciccare sui titoli d’interesse.

territorio_della_parrocchia

La_vecchia_chiesa

L_erezione_in_parrocchia

Posa_della_prima_pietra

La_cupola

La_II_guerra_mondiale

Lenta_ripresa

Verso_il_completamento

La_consacrazione

Il territorio della Parrocchia

I mercanti del Medio Evo si portavano nei principali centri mercantili e qui operavano come intermediari tra la madrepatria e gli altri mercati.

Essendo la nostra città, insieme a Pisa e Venezia, uno dei tre principali empori della penisola, i lucchesi si stabilirono a Genova per poter più agevolmente esercitare il commercio verso i porti dell’Oriente.

Genova, amicissima di Lucca, era per questa un posto ideale per il suo commercio, non bastandole il piccolo porto di Viareggio ed essendo più sicura sotto il gonfalone crociato. Del resto non poteva essere scelta Pisa perché per la sua vicinanza i lucchesi erano con questa in continue guerre, e neppure si presentava allo scopo Venezia perché troppo lontana.

Bisogna notare che i mercanti lucchesi in Genova godevano di speciali privilegi, nonostante che abitassero fuori di porta stabilendosi, nel secolo XII, sulla Piana del Bisagno.

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La vecchia chiesa

L’antica chiesa di Santa Zita era fabbricata con lo stile dei vecchi oratori. Con la facciata prospiciente la Via Santa Zita, aveva alla sinistra la piazza omonima dove si svolgevano, nelle maggiori solennità, le tradizionali fiere borghigiane di cui erano manifesto indizio i numerosi anelli murati alla parete esterna della chiesa. Ivi gli abitanti dei borghi del Bisagno assicuravano il loro bestiame, mentre all’interno dell’oratorio si svolgevano le sacre funzioni, ed ai canti elevati a Dio si univano spesso belati e muggiti in una fusione armonica non sempre inappuntabile.

Sorgeva allora sulla piazza un pozzo d’acqua freschissima e assai buona, e vi erano diverse locande. Celebre “La locanda dei cipressi” e quella “Al cancello di ferro”; né deve dimenticarsi l’osteria del “Cillo” detta anche “Dell’Albero di fico” con l’ingresso da Via Santa Zita. La modesta chiesuola era di forma rettangolare, come tutti gli oratori del tempo, con piccolo alloggio per il cappellano addossato alla facciata. La porta principale, che ora si trova all’ingresso dell’attuale chiesa in via Santa Zita 2, aveva sopra l’architrave il Crocifisso con Maria Santissima e San Giovanni scolpiti in marmo opera del Paracca (1564).

Nella facciata si apriva una loggia dalla quale parlò San Vincenzo Ferreri alla folla; questo fu riprodotto in un affresco sulla porta principale. L’intera chiesa misurava metri 7.60 di larghezza per 21.50 di lunghezza oltre il presbiterio di metri 4.50.

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L’erezione in parrocchia

Il Borgo Pila andava intanto sempre più modificandosi per il crescere della popolazione e per l’ampliamento della città fuori porta orientale, e i floridissimi orti cedevano il posto alle nuove vie e piazze fiancheggiate dai nuovi fabbricati.

Già nel 1871 i maggiorenni della comunità avevano rivolta umile supplica all’Arcivescovo per l’erezione in parrocchia della chiesa di Santa Zita; la supplica fu accolta in data 29 Gennaio 1874, Mons. Magnasco dichiarava parrocchiale la chiesa di Santa Zita. Concedeva pertanto “agli abitanti residenti nei confini designati piena e libera facoltà di costruire nella detta chiesa parrocchiale il Fonte Battesimale, il campanile con le campane e tutte le altre insegne della parrocchia; come pure di costruire e ritenere proprio un Cimitero, secondo le norme da stabilirsi e quando ve ne fosse stata la necessità.”

Si doveva considerare, infatti, sono parole del decreto suaccennato) che la comunità residente in Borgo Pila, tra i confini parrocchiali delle Chiese di S. Francesco d’Albaro, di S. Pietro e dei Diecimila Crocifisso, sempre aumentava di numero e contava ormai quattromila e più abitanti, e che detta comunità possedeva una chiesa propria di ampiezza sufficiente, provveduta di sacre suppellettili per il culto e di ambienti per una decente residenza di due sacerdoti, con una rendita sufficiente “pro congrua Parochi sostentazione”. Inoltre il Borgo Pila era troppo lontano dalle chiese parrocchiali confinanti perché tutti potessero accedervi senza pericolo o con massima difficoltà nel tempo invernale. Il decreto pure stabiliva che la nuova parrocchia “in ricognitionis et debiti honoris signum” avrebbe offerto ogni anno alla Matrice di S. Francesco d’Albaro 24 libbre di bianca cera.

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La nuova chiesa. Posa della prima pietra

Dopo la donazione del terreno da parte della Duchessa di Galliera, nel cuore degli abitanti di Borgo Pila fu un continuo alternarsi di ansie e di speranze intorno alla sorte del nuovo tempio.

Infaticabili furono i fabbricieri ed il parroco don Carlo Luxoro, i quali escogitarono ogni mezzo per costituire i fondi necessari per una costruzione di tal genere, né mai desistettero dall’esporre, nei momenti più opportuni, ai supremi amministratori della Duchessa la necessità che fossero tolte le clausole restrittive all’atto di donazione del terreno, pena, in caso contrario, di annullare l’effetto dell’atto medesimo.

In particolare i suddetti amministratori furono assicurati che ivMunicipio provvedeva già largamente al bisogno della pubblica istruzione nel Borgo Pila, sicchè era bene circoscrivere al solo insegnamento religioso l’obbligo della scuola, sotto l’insegnamento del parroco.

Tutto sembrava avviarsi a buon fine e ad ottima riuscita, quando la morte rapiva agli abitanti di Borgo Pila il loro primo parroco don Carlo Luxardo il 22 settembre 1890. Gli successe il Sac. Don Cosma Traverso

In una giornata che ci piace immaginare inonda dal sole più pieno – come piena doveva essere la gioia del Borgo Pila con il prevosto Cosma Traverso e la Fabbriceria – Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Tommaso Reggio (ora elevato agli onori degli altari N.d.W.), Arcivescovo di Genova, poneva la prima pietra della sua  nuova monumentale chiesa di Santa Zita. La costruzione della chiesa procede lentamente e solo il 15 Agosto 1899 può essere benedetta e si può celebrare per la prima volta la Santa Messa. Monsignor Tommaso Reggio benedice la nuova costruzione assistito dal Vicario Generale Monsignor Canavello e dal Commendator E. Calegaris, in rappresentanza del Sindaco Onorevole Pozzo, che interviene poi alla funzione vespertina. Celebrò la prima messa Mons. Poggi, abate di N.S. del Rimedio.

La costruzione e tozza, arriva solo alla base della cupola e a tale altezza è posto un tetto di legno a terrazzo. Le difficoltà finanziarie sono enormi. È lanciato un prestito di Lit. 200.000 diviso in cartelle da Lit. 20 cadauna, autorizzato dalla Corte d’Appello di Genova in data 28 gennaio 1902, per soddisfare alle passività e provvedere al completamento della Chiesa.

L’esito è poco soddisfacente e se permette l’ammortizzamento della passività non da però la possibilità della ripresa dei lavori.

I tempi si fanno più tristi ed in particolare la guerra del 1915/18 segna una lunga stasi. Il 13 aprile 1923 muore don Cosma e don Angelo Piana gli succede come prevosto.

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La cupola

Il 1926 segna finalmente la ripresa dei lavori, con la costruzione della cupola, per il completamento dell’opera.

Tre anni di intenso lavoro occorrono al compimendo dell’opera e il 27 aprile 1929, festa di Santa Zita, Mons. C.D. Minoretti, Arcivescovo di Genova, benedice e inaugura solennemente la nuova cupola.

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Gli anni della II guerra mondiale

L’euforia dei molti semplici cede alla terribile realtà dell’inizio degli anni quaranta quando allo scoppiar della guerra tutto quanto sembra crollare.

La lapide che ricorda ai posteri i caduti della guerra 1915/1918 del Borgo Pila posta sul palazzo municipale dell’anagrafe in Corso Torino, subirà un triste e terribile prolungamento nei cinque lunghissimi anni di guerra.

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Lenta ripresa

La guerra è terminata e per fortuna la chiesa è uscita dai bombardamenti con ben pochi danni. Una bomba esplosa in Corso Buenos Aires procurerà qualche lesione alla copertura della cupola,  non pregiudicandone la stabilità, e la rottura delle vetrate. Mons. Piana che da vari anni è sofferente e degente in casa il 28 febbraio 1947 ritorna alla casa del Padre, pietra viva della Gerusalemme celeste.

È eletto prevosto in Santa Zita don Domenico de Barbieri. Tutta Genova, come il resto d’Italia, inizia il lungo travaglio della ricostruzione materiale e morale; si curano le ferite della guerra e si cerca in un nuovo assetto politico e spirituale la ripresa del Paese. Non è un compito facile neppure per la Parrocchia di Santa Zita e più che alla costruzione del tempio si deve pensare al recupero delle anime.

Per quanto concerne il tempio sono realizzate in questi anni due opere particolari, l’intonacatura dell’interno e la costruzione dei locali attorno alla base della cupola.

Solo nel 1958 sarà realizzato il pavimento marmoreo della chiesa. Non sono queste opere eccessivamente impegnative, tanto più che il prevosto non si sente di “fare l’impresario” e ben opportunamente si dedica alla pastorale, specie del confessionale e dell’archivio.

È lenta e difficile la ripresa delle associazioni parrocchiali, proprio perché Borgo Pila ha perduto il suo volto di famiglia, vecchio stampo, per assumere quello moderno, ma amorfo, di quartiere in parte residenziale, in parte “city”.

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Verso il completamento

All’inizio del 1966 don Domenico de Barbieri è nominato Monsignore canonico primicerio della Metropolitana di San Lorenzo. Ai primi di Marzo è nominato Parroco don Giovanni Malosetti.

L’antico cappellano di Santa Zita, ora Cardinale Arcivescovo di Genova, Giuseppe Siri, comunicandogli la nomina gli presenta una lunga serie di lavori che si attende siano fatti con meta finale la consacrazione della Chiesa.

“Attendo dal Signore ancora questa grazia prima di chiudere gli occhi: consacrare la chiesa cui ho dedicato i miei primi 14 anni di sacerdozio.”.

Dai verbali della Fabbriceria del 7 giugno e 28 Luglio 1966 risulta presentato ed approvato il piano per una definitiva sistemazione esterna ed interna della Chiesa. Evidentemente don Malosetti non vuole perder tempo e il piano che presenta alla Fabbriceria non è certo per tempi brevi; eccone i termini:

*  Riordino casa canonica e appartamento sopraelevato

*  Riscaldamento canonica

*  Ascensore

*  Appartamenti Rev.di Curati

*  Appartamento sacrestano

*  Sistemazione atrio da Via Santa Zita

*  Intonacatura e soppalco sacrestia per ricavare nuovo locale per opere parrocchiali

*  Facciata e sagrato da Corso Buenos Aires

*  Altar Maggiore e Altari Laterali

*  Sistemazione interno.

Con lo stesso coraggio dei suoi predecessori affronta immediatamente l’attuazione del piano. Entro il 1968 sono sistemati i servizi (canonica, sacrestia, ecc.) nel contempo si affronta il “problema facciata”.

Va ricordato che di progetti per sistemare la facciata ve n’erano stati diversi, uno dei quali prevedeva addirittura il prolungamento del porticato esistente nel palazzo dell’Augustus.Vennero tutti abbandonati e la soluzione fu affidata all’ aArchitetto Ing. Angelo Sibilla il quale propose una soluzione che si teneva strettamente legata allo stile neoclassico dell’edificio e al tempo stesso sfruttava come zona di respiro l’area attorno ad esso, fino ad allora recintato da pesante cancellata.

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La consacrazione

Ormai tutto era pronto per realizzare l’antico desiderio del “Cappellano di Santa Zita” dedicando il tempio con la sua solenne consacrazione a “Dio Ottimo Massimo, Maria Assunta in Cielo e Santa Zita” come sta sul frontespizio della chiesa che venne celebrata il 28 giugno 1975 da Cardinal Giuseppe Siri, Arcivescovo di Genova, assistito dal Reverendo don Giovanni Malosetti, prevosto.

La cerimonia fu tutta, solo ed esclusivamente religiosa, niente battage esterno, quasi a voler ricordare il travaglio che dal lontano 12 novembre 1893, posa della prima pietra, aveva accompagnato per bern 82 anni l’opera di quattro parroci.

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