F. Fontebasso (1707-1769)

Madonna in gloria con Bambino e SS. Francesco di Paola,

Domenico e Francesco Saverio

 

Olio su tela

cm. 326 x 155,5

Restauro: M. B. Girotto, 1997

 

 

All'interno delta Chiesa parrocchiale di Gavello, sull'altare al centro della parete sinistra della navata compare una grande tela, effigiante una Madonna con Bambino e angeli e i SS. Francesco di Paola, Domenico e Francesco Saverio.

Si tratta di un'opera caratterizzata saldamente da uno squillante e rigoglioso da composizione una cromatismo e articolata su di un fondale architettonico fastosamente scenografico, che singolarmente contrasta con la semplicità del contesto chiesastico.

I caratteri stilistici e le particolarità iconografiche richiamano ad evidenza la produzione pittorica di Francesco Fontebasso, in particolare le opere situabili tra il quinto e sesto decennio in quella fase in cui l'artista si cimentò in "una più scoperta ricerca di moduli tiepolescbi" (M. MAGRINI, F. Fontebasso, 1988,  p. 35)

Tipici del Fontebasso appaiono il vibrante luminismo degli incarnati e del drappeggi, le caratteristiche fisionomie rotondeggianti dallo sguardo imbambolato, le fastose scenografie "trompe l'oeil" di reminiscenza romana e bolognese, ravvivate da insistiti sbattimenti di luce.

Quasi una sigla del pittore sono gli angioletti librati nello spazio, spesso contrapposti due a due (si vedano gli esemplari nell'Allegoria dell'Estate in Palazzo Contarini a S. Beneto (1748 ca), o quelli della Morte di S. Giuseppe nella Parrocchiale di Cison di Valmarino (1745-6) o dell’"Immacolata con le Sante Lucia e Apollonia e i SS. Tommaso, Andrea e Bartolomeo" della Parrocchiale di Vinaio in Carnia (1756) (M. BONELLI - M. ROMANA RIZZI, Un dipinto inedito di F. Fontebasso, "Arte Veneta", XL, 1986, pp. 192-4) o dell'"Allegoria della Pace e dell'Abbondanza al cospetto di Marte" a Palazzo Salvadego Martinengo a Brescia (1767- 8) (cfr. MAGRINI, cit. pp. 210-3 n.72; pp. 121-5 n.107; p. 225 n.199; p. 133 n.80).

Singolare e illuminante è il rapporto tra la tela di Gavello e le tre pale, realizzate per la Chiesa Parrocchiale di S. Tommaso Agordino da "Angiolo Cimador" tra il 1746 e il 1747. Rese note dal Dal Mas, le tele sono state successivamente studiate dalla Magrini, che evidenziava l'aperta derivazione dal Fontebasso delle composizioni, sebbene “un po’ più rigide” e prive del "gusto materico”, della "spigliatezza inventiva" e della "scioltezza formale caratteristiche della poetica fontebassiana" (cfr. M. MAGRINI, Per Angiolo Cimador, "Arte Documento", 2, 1988, pp. 178-181) (cfr. anche M. LUCCO, La pittura del Settecento nel Bellunese in "La Pittura in Italia. Il Settecento”, I, 2 ed., Milano, 1990, pp. 222-224).

Il Cimador, di cui è documentata l'appartenenza alla Fraglia dei pittori veneziani tra il 1765 e il 1767 e la cui morte avvenne il 17 aprile 1769, realizzò per la Parrocchiale di S. Tommaso Agordino una grande pala per l'altare maggiore, con Madonna con Bambino e i SS. Tiziano, Antonio da Padova e Osvaldo, firmata e datata al 1746 e due tele più piccole, per gli altari a destra e a sinistra, raffiguranti rispettivamente S. Antonio Abate tra S. Francesco e S. Rocco e Madonna con Bambino e Santi. La scritta che compare in basso sulla prima di queste due pale “Dom.Angelus Cimador pinxit anno MDCCXLVII / F: G Parrochus donavit 1747” ne attesta 1'esecuzione da parte del Cimador e la committenza da parte di Don Francesco Ghetta, parroco di S. Tommaso Agordino tra il 1739 e il 1744.

Le opere del Cimador appartengono ad un unico programma decorativo ed attingono a piene mani dal repertorio formale del Fontebasso verso il quinto decennio. Stringenti sono poi le consonanze stilistiche e iconografiche tra questi dipinti e la pala di Gavello, cui il Cimador sembra ispirarsi come modello vincolante. La Madonna con Bambino e Santi sull'altare sinistro, nella parte alta costituisce una sorta di copia in tono minore della pala di Gavello, di cui ripropone fedelmente il gruppo della Madonna con Bambino e gli angioletti in primo piano, pur inserendoli in una sorta di esedra semplificata, che costituisce una più facile variante della complessa scenografia romanizzante del Fontebasso.

Il rapporto con il prototipo del Fontebasso appare evidente anche nelle altre due pale, come testimoniano il Bambino benedicente della tela con Madonna con Bambino e i SS. Tiziano, Antonio da Padova e Osvaldo e il libro aperto e il teschio nell'angolo della pala con S. Antonio Abate, S. Francesco e S. Rocco, che copia, fin nei minimi particolari, quello alla base della pala di Gavello. L’esistenza di richiami così stringenti rispetto alle opere certe del Cimador da un lato conferma la realizzazione della tela di Gavello in epoca immediatamente precedente o contemporanea rispetto alle opere di S. Tommaso Agordino, che il Cimador, allora attivo nell'ambito dell’atelier del Fontebasso, realizzò con una fedeltà all'originale spiegabile soltanto con una conoscenza prossima e diretta dell’opera del maestro. L’esecuzione per la Chiesa di Gavello della pala del Fontebasso, da datare quindi agli anni 1745- 6, è senz’altro da porre in relazione con una committenza tale da poter accedere ad opere del pittore, in costante ascesa in ambiente veneziano e impegnato in quegli anni nella decorazione di importanti dimore nobiliari.

La Chiesa di Gavello era posta sotto il juspatronato della famiglia Foscari, proprietaria di terre nella zona, con il cui consenso e aiuto economico ebbe inizio nel 1711 e fu completata nel 1717 1'erezione di un nuovo edificio ecclesiastico, in luogo delta vecchia chiesa fatiscente, anche se la consacrazione della chiesa fu celebrata dal vescovo Speroni nel 1787 (cfr. P. e G. BRAGGION, Gli oratori della diocesi di Adria, I, Conselve, 1985, pp. 82-3; A. GABRIELLI, Comunità e Chiesa della Diocesi di Adria e Rovigo, Roma, 1993, p. 106). La decorazione degli altari doveva essere già ultimata in occasione della Visita Pastorale del Vescovo Trevisan Suarez nel 1749 (AVRo, Visite Pastorali, b. 19) in cui è citato 1'altare della Beata Vergine del Carmelo e, dopo aver ricordato le recenti vicende costruttive della chiesa, la si elogia " a gloria di Dio ridotta a maestosa forma come si vede". (cfr. anche AVRo, Visite Pastorali b. 20 Vescovo G. F. Mora 1762).

 

 

 

 

 

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