Intervista a... fratelli QUARTI, LINA e TONI, anni 90 e 83


C’era una volta, a Favaro

  
Ripensando a don Vincenzo e alla sua famiglia, ci viene in mente Favaro di una volta.  Le scuole erano prima in due baracche in Via Altinia, di fronte a casa nostra, dove in seguito è stato costruito il palazzetto comunale con gli appartamenti popolari.
   Successivamente sono state trasferite all’inizio di Via Altinia, e infine in un’ala del municipio.
   “Ai miei tempi non c’era ancora la quinta elementare a Favaro, e ho dovuto andare a frequentarla a Mestre” (Toni).
   Insegnavano la maestra Miceli, piuttosto dura, e il maestro Ugo, severo, ma anche giusto. Al pomeriggio si passava il tempo al Patronato. Si rappresentavano delle belle commedie.
   “Io ho fatto la parte del protagonista nella commedia “Lo Spazzacamino”, ricordo ancora la canzone!” (Toni).
   “In maggio si andava al fioretto, ma al suono dell’Ave Maria della sera si doveva tornare tutti a casa. Solo d’estate si usciva qualche volta dopo cena, anche ragazzi e ragazze, ma senza tenersi per mano o sotto braccio! Si cantava e si scherzava. O si andava ad “incendiare” la fontana all’inizio di Via Ca’ Solaro, di fronte al capitello:  insieme all’acqua veniva fuori anche del metano, a cui si poteva dare facilmente fuoco. Per noi era un piccolo spettacolo, ci si divertiva con poco!” (Lina).
   “Don Vincenzo era più piccolo di noi, la sua era una famiglia modesta. Sua mamma era brava a fare le pantofole, con la stoffa e sotto, come suola, sagomava un pezzo di vecchio copertone di bicicletta. Ne ha fatte tante anche per noi” (Lina).
   Don Vincenzo da piccolo era malato: quando correva in bicicletta faticava, doveva pedalare facendo forza col piede da una parte sola. Sua mamma doveva accompagnarlo a scuola, qualche volta perfino con la carriola! Suo fratello Gigio era abile come fabbro e falegname: è venuto anche a casa nostra, per aggiustare la vecchia cucina economica.
   Era diventato il capofamiglia e faceva da papà a tutti gli altri fratelli: si mostrava preoccupato in particolare per don Vincenzo, lo vedeva così fragile! Poi il ragazzo è entrato in Seminario ed è diventato prete.
   Quando ha cantato la Prima Messa è stata una grande festa: c’era tanta gente, venuta anche da fuori, il paese era pieno di bandierine e don Romano Lazzarato ha fatto una bella predica.
   E’ stato cappellano a Murano e poi a Favaro.
   ”Ricordo che all’inizio pareva in difficoltà con le prediche, le faceva corte, corte. Poi è molto migliorato, è diventato bravo come oratore!” (Toni).
   “Gli piaceva molto la montagna. Quando ho avuto la mia prima macchina ed ero in vacanza in Val Zoldana, lo andavo a prendere a Mareson, dove d’estate andava a rinforzare la salute malferma facendo il cappellano in colonia. Si andava sui passi alpini, alla Forcella Staulanza. Una volta ci siamo fermati in un bosco e abbiamo potuto osservare meravigliati un gallo cedrone che faceva la sua ruota. Spettacoli rari da vedere oggi!” (Toni).

L’ingresso del parroco

   “C’era così tanta gente in piazza che quasi non si passava. Io però mi sono goduta lo spettacolo dall’alto, insieme a mia madre, dal poggiolo della signora Antonietta Bigaglia, che era situato proprio là davanti.” (Lina)
   “Insieme al dott. Bazzarin siamo andati a prendere l’anello per don Vincenzo. Avevamo fatto una raccolta di offerte, ma per l’acquisto ci eravamo proprio presi all’ultimo momento. Per fortuna che quando l’abbiamo visto ci è piaciuto subito e non abbiamo più avuto dubbi: aveva una pietra bellissima!” (Toni).

Il Comitato Parrocchiale e il Comitato Festeggiamenti

   “Andavo anch’io a distribuire le buste delle offerte per la costruzione della chiesa. Il mio compagno era il sarto di Favaro, Antonio Zorzetto, e la nostra zona le strade laterali di Via Triestina. La gente era generosa, almeno due terzi delle famiglie davano il loro contributo.
   Avevo proposto di mettere dei blocchi di marmo alla base della chiesa, ma non c’erano neanche i soldi per le pietre “faccia a vista”, figuriamoci!
   Ho fatto parte anche del Comitato Festeggiamenti. Aiutavo a raccogliere i regali offerti dai negozianti e commercianti di Favaro per la Pesca di Beneficenza. Siccome avevo fatto l’ufficiale degli alpini nella Divisione Julia, mi sono interessato per far venire al Cinema Sociale alcuni cori di alpini: è stato un grande successo!” (Toni).
   “Mi ricordo i fuochi d’artificio: erano veramente speciali e costavano parecchio. C’era rivalità con la sagra di Campalto. Una volta loro li hanno fatti più belli dei nostri e così l’anno dopo abbiamo ingaggiato noi la loro squadra!” (Lina).

I nostri preti

   Abbiamo avuto tanti cappellani, tutti bravi. Ci viene in mente don Michele Somma, sempre gentile e affabile. O don Lucio Cilia, di cui abbiamo subito pensato: “Quello è così bravo che resterà poco qui a Favaro, farà strada!”. E infatti oggi è Rettore del Seminario.
   Pensiamo che tutti avranno imparato qualcosa da don Vincenzo. Lui è una persona così buona, qualunque cosa gli domandi lo trovi sempre disponibile.
   “E poi è dolce di carattere, quando ti guarda in faccia ha proprio gli occhi giusti! Io adesso ho 90 anni, ma quando mi incontra mi dice sempre: “Ecco, la giovinetta!” (Lina).
   “Malgrado le sue difficoltà di salute ha trovato l’energia per fare tantissime cose. A me piace tanto come ha abbellito il presbiterio: i marmi, quel grande mosaico!” (Toni).