PRIMI TEMPI PRIME OPERE


   Il 1° settembre 1963 la Parrocchia di S. Pietro Apostolo di Favaro Veneto era stata istituita…sulla carta! Si trattava ora di gettare le fondamenta concrete. I problemi prioritari erano due: quello di trovare una casa provvisoria per il Signore, ma anche una per il suo servitore, il parroco.
   Domenica 8 settembre, festa della Natività di Maria, si cominciò a celebrare la Messa nell’atrio dell’asilo comunale, dietro il municipio, dove ora si trova la Biblioteca Civica. Ma durante la settimana ovviamente l’asilo continuava ad essere frequentato dai bambini. Per poter dire la messa nei giorni feriali si chiese al Patriarca di dichiarare per decreto “oratorio pubblico” un locale di circa venti mq al n° 10 di Via Altinia (dove ora c’è la Banca Credito Cooperativo di Marcon).
   La stanza era ubicata sotto l’appartamento della signora Rebecca Bortolaso, storica levatrice del paese. L’altare e il tabernacolo erano portati avanti e indietro tra le due sedi. Come confessionale bastava un semplice banchetto. A quei tempi la Riforma Liturgica doveva ancora partire: l’altare era addossato al muro, e il prete diceva messa in latino, girato verso il tabernacolo e non rivolto verso il popolo.
   Don Vincenzo per i primi mesi continuò ad abitare nella canonica di S. Andrea. Poi si stabilì in un appartamento prospiciente a Piazza Pastrello (sopra la Cassa di Risparmio, dove ora c’è il negozio di scarpe “Passaparola”). Viveva là con don Ernesto Liberalato, un sacerdote divenuto infermo, con difficoltà nel cammino, che era venuto ad abitare vicino al fratello e alla cognata.
   Come si vede, gli inizi erano piuttosto difficili, ma la comunità si stringeva attorno al suo parroco e a questi primi abbozzi di strutture. Se il calore morale non mancava, qualche problema in più c’era con quello fisico. Don Vincenzo ricorda che quello fu un inverno molto rigido, in cui anche la laguna in parte gelò. Durante le sacre funzioni ci si scaldava con le stufe a legna.
   Alla messa di mezzanotte del primo Natale si scatenò una bufera di neve: il parroco fece la spola con la sua intrepida “cinquecento” per riportare a casa i fedeli.
   In quegli alloggi di fortuna furono anche celebrati dei battesimi e un matrimonio: quello della signora Pina Pastrello, che gestiva il negozio di giornali.
   Ma si cercò subito di trovare delle sedi un po’ meno precarie. Si era pensato in un primo tempo ad un grande capannone, ma era risultato piuttosto difficile reperirlo. Allora l’architetto Giancarlo Baessato propose a don Vincenzo: “Facciamo una bella sala parrocchiale, di 140 mq; e sopra i locali della canonica. Spenderemo un po’ di più, ma sono strutture che poi restano”.
   C’era un piccolo problema naturalmente: il reperimento dei fondi. Come ogni parrocchia, anche la nostra aveva il suo “beneficio”, cioè quella dotazione di beni che in teoria avrebbe dovuto assicurare la sua sopravvivenza economica. In antico le parrocchie potevano contare su qualche edificio, dei terreni, il quartese… La nostra nasceva in tempi più moderni, caratterizzati da relative ristrettezze, e dovette accontentarsi di un milione di lire in azioni depositate in banca dalla Curia.
   Fu necessario perciò ricorrere a dei prestiti. Il primo fu di sei milioni di lire, concesso, con l’autorizzazione della Curia Patriarcale, dalla Banca Cattolica del Vene Fu istituito un Comitato Parrocchiale, che aveva lo scopo di organizzare la raccolta dei fondi e avviare le pratiche per le nuove costruzioni.
   Dei volonterosi parrocchiani organizzarono la distribuzione mensile delle buste per le offerte, strada per strada: ricordiamo tra essi Domenico Zanchettin, Toni Trabucco, Dario e Toni Dalla Torre, Francesco Maurizio, Pietro Granzo, Antonio Zorzetto, Toni Quarti, Ruggero Celebrin, Simone Cavasin, Giovanni Danesin, Antonio Romanelli, le signore Francesca Bei e Stella Scattin e tanti altri.
   Annota don Vincenzo nelle sue cronache: “Tutto è cominciato quasi dal nulla e con grande fiducia nella Provvidenza… La popolazione ha risposto bene, dico la popolazione, perché offerte di un certo valore non ce ne furono, e tuttavia dopo tre anni si erano pagate spese per circa 17 milioni di lire !”
   Già a Natale del 1963 si poteva vedere in azione la gru per la costruzione della sala-chiesa e della canonica. I lavori furono affidati alla Ditta Romeo Cester di Favaro Veneto e proseguirono in maniera molto veloce. Infatti già il 19 marzo del 1964 il Vicario Generale mons. Gino Spavento benediva la nuova sala-chiesa e l’apriva ufficialmente al culto.
   Tutto era ormai pronto per l’ingresso ufficiale del nuovo parroco. Il 12 aprile 1964 il Vescovo Ausiliare mons. Giuseppe Olivotti conferiva in modo solenne il possesso canonico della parrocchia a don Vincenzo. Fu una bella festa, di fede e di popolo.
   Il nuovo Pastore partì dalla canonica di S. Andrea, accompagnato dalle autorità del paese e da un corteo di macchine. In una foto dell’epoca si vede Piazza Pastrello piena di gente. Sul palco, di fronte al municipio, don Romano Lazzarato, il medico condotto dott. Mariano Bazzarin che pronuncia il discorso augurale, i rappresentanti del Comitato Parrocchiale. Poi in chiesa il cerimoniale solenne della consegna dei simboli dell’incarico: le chiavi, l’anello.
   Alla fine tutti si stringono attorno al nuovo parroco per dimostrare il loro affetto e baciargli la mano. Nelle foto don Vincenzo mostra sempre sul volto un largo sorriso. “Io sono un po’ chiuso ed introverso. Ma quando si devono fare le cose mi ci butto e poi mi trovo anche a mio agio”. E quel giorno era proprio a casa sua, in mezzo alle sue radici, tra la sua gente.