Intervista a… ANTONIO “TONI“ DALLA TORRE, anni 80, compagno di scuola di don Vincenzo


   Mio figlio Dario è stato battezzato proprio là, nell’appartamento che serviva da chiesa nei giorni feriali. Abbiamo trasportato il fonte battesimale (che ancora esiste in parrocchia, anche se ormai non è più utilizzato). Il locale era piccolo e spoglio, ma la cerimonia è stata suggestiva lo stesso.

Il Comitato Parrocchiale

   Ho fatto parte fin dall’inizio del Comitato Parrocchiale. Per la raccolta dei fondi andavamo a distribuire le buste in coppia (in tutto 15-20 coppie) e ognuna aveva la sua strada. Io andavo in Via Marmolada e il mio compagno era il signor Domenico Zanchettin. Lui era il fac-totum del Comitato: sempre puntuale e disponibile, meriterebbe un monumento!
   Quando i progettisti ci hanno mostrato il plastico della chiesa ci ha subito fatto una buona impressione. Insieme a don Vincenzo, qualche tempo dopo, abbiamo suggerito una modifica : una pensilina sopra alla porta di entrata, in modo che nei giorni di pioggia ci fosse uno spazio riparato per aprire e chiudere gli ombrelli.

Il Comitato festeggiamenti

Era più allargato rispetto al Comitato Parrocchiale, e anche di impostazione più laica. Alcune persone lavoravano in entrambi i gruppi. Don Vincenzo si interessava per chiedere i vari permessi per la Pesca di Beneficenza, i fuochi d’artificio, ecc..
   Lo scopo era quello di festeggiare la ricorrenza del Patrono e insieme di raccogliere fondi per la costruzione della nuova Chiesa. Si programmavano tra le altre cose: avvenimenti sportivi e culturali, l’arrivo delle giostre, stand gastronomici (il signor Angelo Tagliapietra, ad esempi,o fece venire i pescatori di Burano a preparare il pesce fritto per tutti), la già citata Pesca e i fuochi d’artificio.
   Io mi interessavo in particolare della Pesca di Beneficenza, insieme a Toni Trabucco, detto “demonio” per un suo simpatico intercalare (“porco demonio!”) che ripeteva in continuazione.
   Abbiamo fatto costruire il baracchino da un artigiano; una volta smontato veniva conservato nei locali della parrocchia per l’anno dopo.
   Ci si preparava già da due mesi prima. Dopo la richiesta dei permessi, la cosa più importante era ovviamente raccogliere i regali. Il grosso arrivava dalle vetrerie e dalle “fornase” di Murano, dove don Vincenzo era stato prima cappellano. Il parroco, il signor Domenico Zanchettin e il signor Francesco Maurizio facevano il loro giro, e poi una barca portava tutti “i vetri” a Piazzale Roma e di qui a Favaro. Parecchi regali venivano offerti dai commercianti ed artigiani del paese. Altri ancora venivano acquistati, a prezzo conveniente, dal signor Casarin di Mestre, che faceva il grossista di articoli casalinghi. Completavano il tutto i regali più importanti e di richiamo: ad esempio una televisione, una lavatrice, una barca.
   Ci voleva una settimana per montare il baracchino e un’altra per smontarlo. Durante i festeggiamenti, di notte, facevamo spesso la guardia a turno.
   Ricordo ancora la parlantina sciolta e le frasi ad effetto che il signor Elio Scroccaro diceva per invitare all’acquisto dei biglietti: “Venite alla Pesca di Favaro, la perla della terraferma veneziana! ... E’ appena arrivata una comitiva dall’aeroporto di Tessera per venire a pescare alla nostra Sagra! ... Peppone e don Camillo a Favaro!”.
   Qualche piccolo screzio sorse tra il Comitato Festeggiamenti e gli organizzatori della locale “Festa dell’Unità”. C’era confronto e rivalità tra le due manifestazioni, anche perché la Festa dell’Unità seguiva “a ruota” la Sagra.
   Le polemiche potevano riguardare qualche presunta irregolarità sulle modalità di immissione dei biglietti “più importanti” nell’urna della Pesca. Oppure il tentativo di anticipare la data di inizio della Festa dell’Unità sempre più a ridosso della Sagra, fino a farle in parte coincidere: ”Tanto non c’è problema, un bicchiere di vino la gente può berlo sia di qua che di là!”