LA CONTRACCEZIONE
NELLA VISIONE CRISTIANA DELLA SESSUALITA’
Il 29 dicembre 1975 la Congregazione
per la Dottrina della Fede pubblicava una dichiarazione dal titolo Persona
Humana. Alcune questioni di etica sessuale .
Il documento incomincia con questa constatazione. “La persona umana
è così profondamente influenzata dalla sessualità,
che questa deve essere considerata come uno dei fattori che danno alla
vita di ciascuno i tratti principali che la distinguono. Dal sesso, infatti,
la persona umana deriva le caratteristiche che sul piano biologico, psicologico
e spirituale la fanno uomo o donna, condizionando così grandemente
l’iter del suo sviluppo verso la maturità e il suo inserimento nella
società” .
La vita sessuale d’altra parte – ecco un altro principio che bisogna
tener presente quando si parla di sessualità – non è un settore
particolare della vita corporea ma riguarda tutto l’uomo. Se è vero
che il corpo dell’uomo viene visto nella giusta luce solo quando lo si
considera nella sua unità con l’anima, la stessa cosa va detta a
maggior ragione quando si tratta della sessualità umana. L’uomo
è un uomo non soltanto nel suo corpo, bensì nella sua totalità
psicofisica, così come lo è la donna evidentemente.
1. Sacra Scrittura
La Parola di Dio, quale ci è consegnata nella Bibbia, è
di importanza fondamentale per conoscere il retto ordinamento della sessualità.
Essa non dice tutto al riguardo, però quello che dice è di
grande rilievo.
Mentre i popoli orientali divinizzavano il sesso e le correnti gnostiche
lo disprezzavano come un potenziamento del corporeo e del materiale, l’Antico
Testamento vede nella sessualità una realtà creata da Dio:
“Iddio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò;
maschio e femmina li creò” ( Gn 1,27).
La differenza dei sessi quindi risale alla volontà creatrice
di Dio.
L’uomo, immagine di Dio, è sì sessuato, ma non è
immagine di Dio a motivo della sua caratterizzazione sessuale, bensì
a motivo della sua capacità di avere un rapporto personale e responsabile
con Dio.
Secondo l’antropologia veterotestamentaria l’unità “in una sola
carne” sta ad indicare l’unione personale, umana e totale tra l’uomo e
la donna.
Soltanto entro tale unione anche il dono sessuale di sé, nel
senso stretto della parola, viene attuato in maniera sensata e legittima.
La differenza sessuale e la reciproca destinazione dell’uomo e della
donna sono buoni, in quanto sono voluti e creati da Dio. Ma il peccato,
l’aver rifiutato cioè la signoria di Dio ha portato il disordine
anche in questo settore della vita dell’uomo.
L’ Antico Testamento testimonia anche questo dato. Il fatto che il
peccato faccia sentire i propri effetti anche nella sfera sessuale dimostra
ancora una volta quanto la sessualità appartenga all’uomo e lo impronti
totalmente. La conseguenza del peccato consiste precisamente nel dissolvere
l’integrità e la compattezza personale. In tal modo anche la sessualità
viene depersonalizzata.
Al posto dell’amore personale con cui l’uomo e la donna si arricchiscono
vicendevolmente e diventano una cosa sola in maniera pienamente umana,
subentra in larga misura l’egoismo del desiderio e della voglia di dominare,
che degrada il partner a strumento per la propria soddisfazione: “Verso
tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà” (Gn
3,16). In tal modo viene a cadere anche la disinvoltura nel campo sessuale.
Ora l’interiore lacerazione e debolezza dell’uomo possono manifestarsi
anche in questa sfera: “Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si
accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture”
(Gn 3,7).
L’Antico Testamento ci parla pertanto sia della bontà fondamentale
della sfera sessuale sia del fatto che l’uomo l’ha consapevolmente pervertita.
La sfera sessuale partecipa in maniera particolare tanto alla grandezza
quanto alla caduta dell’uomo, perché questi è per sua natura
maschio e femmina, La sessualità umana non è qualcosa di
puramente estrinseco o di puramente corporeo nell’uomo.
Nel Nuovo Testamento dobbiamo anzitutto notare che Gesù è
stato piuttosto riservato ed ha parlato relativamente poco della sessualità
umana.
L’avvento del Regno di Dio relativizza tutte le realtà terrene
e quindi anche la sessualità umana. Molto più importante
del rapporto tra l’uomo e la donna è ora la relazione diretta con
Dio.
Gesù invita coloro che vogliono dedicarsi esclusivamente al
Regno di Dio ad abbracciare la continenza volontaria e perpetua e promette
una particolare ricompensa a quanti rinunciano a legarsi a una donna per
amore del Regno di Dio (Lc 18,29). Tale legame può costituire
un impedimento che ostacola l’accoglienza del Regno. Tra coloro che rifiutano
l’invito al grande banchetto c’è anche colui che si scusa per il
fatto di aver preso moglie e pertanto di non poter andare (Lc 14,20).
San Paolo ha predicato il messaggio di Gesù Cristo nel mondo
pagano, che si trovava a un livello molto basso in campo sessuale. La conversione
a Cristo e la fedeltà a lui esigevano l’abbandono della corruzione
sessuale pagana.
La comunione con Cristo però non esige la rinuncia alla sessualità
ma solo il rifiuto dei disordine sessuale.Tuttavia la comunione con Cristo
e con il prossimo donataci nel Regno di Dio relativizza la sessualità.
L’essere cristiano assume una forma particolarmente sublime nel carisma
del celibato abbracciato per amore del Regno di Dio.
2. Antropologia e senso della sessualita’
La Sacra Scrittura, come si vede, ha una precisa antropologia, una ben
definita concezione dell’uomo.
A sua volta il magistero della Chiesa, quando si pronuncia su argomenti
di bioetica, poggia le sue affermazioni non solo sulla Parola di Dio ma
anche su conoscenze antropologiche sicure.
Ebbene guardando la natura umana possiamo dire, senza tema di sbagliare,
che la sessualità non è un settore parziale, limitato e accidentale
né solo una funzione biologica della natura umana ma una qualità
che caratterizza tutto l’uomo.
Nella sessualità non è coinvolta solo una funzione dell’uomo,
ma tutto l’essere umano; non solo una attività finalizzata a uno
scopo, bensì la realizzazione dell’uomo in quanto uomo. Con ciò
non diciamo che la sessualità sia la componente principale dell’uomo,
però essa permea la sua costituzione corporea, il suo sentimento
e la sua sensibilità, la sua volontà, il suo pensiero e perfino
il suo rapporto verso Dio. Di conseguenza la maturazione sessuale gioca
un grande ruolo nello sviluppo umano. E l’uomo è sessualmente determinato
nel suo essere e nel suo agire prima ancora del matrimonio e anche se dovesse
o scegliesse di rimanere celibe.
Il maschio è finalizzato alla donna secondo tutta la sia costituzione
umana, così la donna orientata al maschio. Questa è la prima
ragione per cui l’uomo è chiamato a vivere in società con
altri esseri umani. “Ma Dio non creò l’uomo, lasciandolo solo; fin
da principio “uomo e donna li creò” (Gn 1,27), e la loro unione
costituisce la prima forma di comunione di persone. L’uomo infatti per
sua intima natura è un essere sociale, e senza i rapporti con gli
altri non può vivere, né esplicitare le sue doti” .
Orbene, dal momento che il sesso non è soltanto qualcosa di
accessorio per la natura dell’uomo e non è soltanto una capacità
funzionale, ma è radicato nella sua totalità, ne segue che
il rapporto tra l’uomo e la donna può essere realizzato nella maniera
giusta unicamente come unione personale.
Ciò resta chiaro soprattutto nel matrimonio. Già la scelta
giusta del partner è e deve essere personale; il giovane o la ragazza
non cercano soltanto l’altro sesso, bensì una persona, dell’altro
sesso.
Lo stesso matrimonio procura una pienezza reale all’uomo e alla
donna solo quando è una comunione di persone o, in poche parole,
quando è un amore personale totale.
La sfera personale viene fondamentalmente pervertita quando è
degradata a sesso separato dall’amore personale. Allora non si stabilisce
più un rapporto verso il partner come persona, bensì soltanto
verso una sua funzione al fine di soddisfare determinati impulsi e istinti.
Uno diventa per l’altro strumento per il raggiungimento di scopi egoistici.
In tal modo ognuno calpesta la dignità personale dell’altro e sradica
la sessualità dal tutto della persona, nella quale soltanto può
essere esercitata in maniera umanamente degna.
Il sesso separato dall’amore personale non porta all’uomo alcuna pienezza
reale. Per questo l’istinto separato dalla persona nella sua totalità
non trova pace e cerca continuamente nuovi oggetti per soddisfarsi. La
depersonalizzazione sessuale e la sua separazione dall’amore personale
portano alla promiscuità, al continuo scambio di partner, alla prostituzione
e ad altri traviamenti.
La comunione sessuale piena tra l’uomo e la donna è umanamente
degna e dotata di senso solo quando è inalveata nel matrimonio permanente
ed indissolubile.
Come ogni persona è unica e irripetibile, così anche
la piena comunione sessuale deve essere unica e definitiva. La donazione
intima e piena esige che l’uomo e la donna siano prima legati a vicenda
in forma vincolante e irrevocabile. La comunione sessuale più intima
esprime la mutua appartenenza totale e la approfondisce. I coniugi sono
in grado di donarsi pienamente l’uno all’altro solo quando il legame che
esiste tra di loro è garantito e solo quando essi si sentono solidamente
e per sempre al sicuro l’uno presso l’altro.
La mutua appartenenza sessuale più intima presuppone l’unità
nella totalità della vita. Se già i veri amici condividono
gioia e dolori, fortuna e sfortuna, ciò deve avvenire in misura
molto maggiore tra l’uomo e la donna, una volta che hanno deciso di unirsi
in una piena comunione matrimoniale.
Quando invece l’attuazione della sessualità viene separata dal
matrimonio, la si svuota del suo senso autentico e del suo carattere personale.
L’orientamento reciproco genuino ed ordinato tra l’uomo e la donna
esige perciò che essi appartengano sessualmente l’un l’altro in
maniera totale solo quando sono tra loro legati da un’unità definitiva
e esclusiva, fatta di amore e coinvolgente tutta la vita. Solo allora il
dono totale di sé è ragionevole, umanamente degno e buono.
Come il dono di sé nell’atto matrimoniale è fisicamente totale,
così anche l’amore che lo anima deve essere senza riserve e illimitato.
Ma fintanto che due individui non si sono detto il “sì” matrimoniale
in maniera definitiva e totale, cioè anche in maniera pubblica
e giuridicamente valida, la loro mutua appartenenza non è senza
riserve e illimitata.
Senza il consenso matrimoniale espresso in maniera giuridica e giuridicamente
valida vengono a mancare la sicurezza piena e l’assoluta fiducia reciproca
in cui la donazione sessuale piena va inalveata per essere attuata in maniera
umanamente degna.
Quando manca la comunione matrimoniale piena, che abbraccia tutta la
vita, la donazione fisica di sé non corrisponde a verità
e non è quindi moralmente buona, poiché la sua verità
consiste nel fatto che essa esprime e consolida l’unita totale e definitiva.
I rapporti prematrimoniali, di conseguenza, non sono legittimi dal
momento che tra l’uomo e la donna non si è instaurata ancora una
definitiva comunità di vita; non si è sposati, per essere
chiari.
3. L’amore coniugale
Da più parti si ripete che i giovani, oggi, abituati a passare
attraverso tante esperienze frammentarie, hanno paura degli impegni definitivi.
Tuttavia rimane forte il bisogno di stabilità affettiva, che tende,
come sempre, a incanalarsi nel matrimonio che è “intima comunità
di vita e di amore” di un uomo e una donna, nata dal consenso con
cui i due si donano e si ricevono reciprocamente per sempre.
Esso è un patto di alleanza e di reciproca appartenenza, aperta
alla procreazione e alla educazione dei figli, liberamente assunto e pubblicamente
dichiarato, elevato per i cristiani a sacramento.
Per questo, nella visione cristiana, è uno, indissolubile e
tendenzialmente fecondo.
La fecondità indica la disponibilità a una possibile
paternità e maternità.
Come il sorriso esprime simpatia e la stretta di mano amicizia, così
l’atto coniugale è un gesto importante di comunicazione, un linguaggio
che ha due significati oggettivi inscindibili: unitivo e procreativo .
Prima di tutto significa donazione totale di sé e accettazione della
vocazione ad essere padre e madre, che ognuno porta in sé. Un patto
di nozze, che in partenza escludesse completamente tale vocazione, sarebbe
nullo. Il reciproco dono di sé tende a diventare duraturo, eterno
facendosi persona nel figlio.
E’ dunque necessaria un’adesione di principio alla fecondità.
4. La contraccezione
E’ autentico perciò solo il comportamento che mette insieme la
responsabile regolazione delle nascite e la disponibilità effettiva
ad accogliere la vita.
In vista di una procreazione responsabile, si può regolare la
fertilità attraverso la continenza periodica, che tiene conto dei
tempi fecondi e infecondi della donna. C’è chi si chiede se anche
qui non ci si trovi di fronte a un artificio. Il ricorso ai ritmi naturali
rispetta invece la completa verità oggettiva, non solo biologica
ma anche simbolica, dell’atto sessuale; nello stesso tempo favorisce la
crescita di altri valori: dominio di sé, rispetto dell’altro, dialogo,
tenerezza . Al contrario i mezzi contraccettivi, quale che sia l’intenzione
soggettiva, rendono oggettivamente falso il gesto dell’amore coniugale.
Per di più molto spesso non si tratta di contraccettivi, ma di aborti
mascherati .
La dottrina cattolica perciò ritiene moralmente illecito il
controllo artificiale e moralmente lecita la regolazione naturale delle
nascite.
E’ evidente la contrapposizione tra la contraccezione e i metodi naturali,
il ricorso cioè ai periodi di infecondità: << Quando
i coniugi, mediante il ricorso alla contraccezione, scindono questi due
significati ( unitivo e procreativo) che Dio ha iscritto nell’essere dell’uomo
e della donna e nel dinamismo della loro comunione sessuale, si comportano
come “arbitri” del disegno divino e “manipolano” e avviliscono la sessualità
umana, e con essa la persona propria e del coniuge, alterandone il
valore di donazione totale. Così, al linguaggio nativo che esprime
la reciproca donazione totale dei coniugi la contraccezione impone
un linguaggio oggettivamente, quello cioè del non donarsi all’altro
in totalità: ne deriva, non soltanto il positivo rifiuto all’apertura
della vita, ma anche una falsificazione dell’interiore verità dell’amore
coniugale, chiamato a donarsi in totalità personale.
Quando invece i coniugi, mediante il ricorso a periodi di infecondità,
rispettano la connessione inscindibile dei significati unitivo e procreativo
della sessualità umana, si comportano come “ministri” del disegno
di Dio e “usufruiscono” della sessualità secondo l’originario
dinamismo della donazione totale, senza manipolazioni e alterazioni”
.
Di qui si comprende perché siano ritenuti rispettosi della totalità
e peculiarità dell’atto coniugale i cosiddetti “metodi naturali”
per la regolazione della fertilità, mentre i metodi contraccettivi
( contraccezione artificiale, mezzi meccanici, farmacologi, spermicidi,
coito interrotto) siano di fatto riduttivi di tale totalità e peculiarità.
Perciò sono da giudicare illeciti e non compiutamente umani nel
senso totale della parla; ciò va detto prescindere dalla loro pericolosità
sanitaria e psicologica.
La dizione “metodi naturali” non è propriamente corretta e precisa;
anche il “coitus interruptus” potrebbe essere inteso come tale stando al
significato primario della parola ( naturale perché basato sulla
natura corporea dell’uomo). Oggi si preferisce parlare di metodi basati
sui ritmi biologici.
D’altro canto vengono sperimentati oggi nuovi farmaci ancora più
dannosi o moralmente illeciti, come le pillole abortive.
Grande responsabilità in questo campo ha il medico la cui collaborazione
di fronte alla coppia che chiedessi i contraccettivi dovrà regolarsi
nella maniera seguente:
a) anzitutto è da ricordare che la spirale è abortiva
perché impedisce l’impianto dell’ovulo già fecondato;
b) non è lecita oggettivamente la prescrizione degli antifecondativi
a scopo contraccettivo, per le ragioni sopraesposte. Da un punto di vista
deontologico inoltre ciò non rientra nelle mansioni del medico che
ha come compito quello di curare le malattie o di prevenirle. Il contraccettivo
non è un atto sanitario. Dovrà invece il medico illuminare
sui danni e le controindicazioni sanitarie del contraccettivo e inoltre
illuminare, aggiornandosi, sull’uso dei metodi naturali;
c) Il medico potrà o dovrà prescrivere il contraccettivo
soltanto quando questo dovesse avere come fine primario quello terapeutico,
fosse necessario cioè per regolare delle disfunzioni ( ad es. nella
cura dell’ovulo); se da questa terapia indirettamente può derivare
il periodo di infertilità farmacologicamente indotto, come effetto
secondario della cura, ciò non costituisce un fatto illecito ( volontario
indiretto).
Ma il medico in questa opera non deve essere solo. La riuscita
del cammino morale di una coppia è da collegarsi anche con il contesto
comunitario entro cui la coppia è inserita. Emerge così
l’urgenza di un’azione pastorale tempestiva, aperta e coraggiosa da parte
della comunità cristiana. Non si può nascondere, in particolare,
che la proposta morale della Chiesa perda di credibilità se nello
stesso tempo non ci si impegna, tutti quanti e ciascuno secondo le proprie
competenze, a renderla appetibile e accessibile di fatto a tutte le coppie.
Una preziosa testimonianza può e deve
essere data dagli sposi che, mediante l’impegno comune della continenza
periodica, sono giunti a una più matura responsabilità personale
di fronte all’amore e alla vita. Ad essi - come scrive Paolo VI nell’
Humanae vitae - il Signore affida il compito di rendere visibile agli uomini
la santità e la soavità della legge che unisce l’amore vicendevole
degli sposi con la loro cooperazione all’amore di Dio autore della vita
umana” .
+ Michele De Rosa