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FAVIGNANA TESORO NACOSTO

Foto di A. Noto

LA MATTANZA

Il porto di Favignana, suggestivo ed accogliente abbraccia in un anfiteatro naturale ogni natante. Lo sfondo coreografico è costituito dal complesso edilizio della Tonnara chiamato popolarmente "mare faraggiu".
Gli ultimi proprietari della Tonnara sono stati: i Pallavicino, i Florio, i Parodi (i quali l'hanno data in gestione alla Società Castiglione di Trapani).
Per il turista la mattanza non rappresenta che un fatto folkcloristico, una scena da corrida in mezzo al Mediterraneo, lo spettacolo di un rito di sangue e di morte. Il rituale che precede ed accompagna lo svolgersi della mattanza fa pensare che essa rappresenta il sopravvivere di primitive esperienze marinare.
In realtà la mattanza è l'epilogo di un complesso di operazioni messe in atto per pescare tonni con un sistema che è rimasto immutato nel tempo. I tonni nella loro migrazione durante il periodo della riproduzione vengono intercettati da un tipo di rete (costa) e guidati verso un complesso di camere (isola) formate da reti più robuste, dove poi vengono catturati (mattanza). 
Il termine "mattanza" deriva dal verbo spagnolo "matare", che significa uccidere e in effetti la cattura di centinaia di tonni nel volgere di qualche ora non può che essere cruenta. 
I tonni, stretti nella parte terminale della isola della reti (camera della morte), nella disperata quanta vana lotta per sfuggire e sopravvivere, finiscono per uccidersi l'un l'altro con poderosi colpi di coda. Il mare tutto intorno si tinge di rosso, l'eccitazione dei pescatori (tonnaroti) raggiunge il parossismo e lo spettacolo risulta effettivamente suggestivo, specie per chi lo vede la prima volta. Chi invece è ormai abituato a vedere ricorrentemente questa sagra marinara comprende gli aspetti del rituale, la funzionalità dei canti e tutta quella eccitazione che la tonnara porta con sé nei mesi di aprile e maggio.
La mattanza è ricchezza che viene dal mare, è ricchezza che viene da Dio. Di ciò sono consapevoli i tonnaroti quando alla fine di una giornata di pesca scoprendosi il capo ringraziano tutti in coro: "e sempri sia lodato u nomu ri Gesu". 
La tradizione di tale pesca risale ai primordi degli insediamenti umani come ne è comprova la rappresentazione di due tonni nella grotta del Genovese a Levanzo.
Il complesso sistema della mattanza è stato realizzato e usato nel tempo da uomini esperti, che hanno saputo ascoltare il mare ed i venti e studiare il comportamento mansueto dei tonni. Il lavoro estenuante dei tonnaroti è alleviato e scandito dalle "cialome" canti che danno ritmo ai movimenti e alle diverse operazioni. 
La mattanza è una pesca di gruppo e i tonnaroti hanno compattezza perché guidati da un capo chiamato "Rais". Questi non è soltanto il capo dei tonnaroti, ma è l'elemento umano più significativo ed il punto di riferimento di tutta la struttura organizzativa della pesca. Al Rais fanno riferimento e si rivolgono direttamente tutti gli "addetti" alla tonnara, senza passare attraverso intermediari. E' questo il vero carisma. Carisma che deriva dalla stima che il Rais ispira negli altri e dal rispetto indiscusso che questi sentono di dovergli. Il Rais è in primis un uomo della mattanza: sta in mezzo ad essa, respira la stesso clima di agitazione che l'attività di cattura comporta; in essa si è formato e con essa si identifica nell'interesse che l'organizzazione persegue. 
Ecco perché il Rais non ha mai nel tratto atteggiamenti imperativi tali da mortificare nell'intimo l'esecutore dell'ordine. 
Anzi il "tonnaroto" che viene scelto dal Rais per fare un determinato lavoro si sente gratificato per questa scelta. Saper suscitare siffatta gioiosa operatività nei propri subalterni non è cosa di tutti i capi e forse egli stesso non ha nemmeno piena consapevolezza di quanto riesce a suscitare negli altri con il suo comportamento. E' generalmente un uomo semplice, laborioso, sempre disponibile ad intervenire opportunamente nel caso che uno dei suoi collaboratori si trovi in difficoltà e la semplicità dei suoi gesti, l'umiltà del suo comportamento nascono da un'intima consapevolezza: quella che di fronte alla natura, di fronte al "creato" l'uomo, il più illuminato che sia, è veramente ben poca cosa. 
Lo stesso proprietario della tonnara si consulta con il Rais, non solo per la data della mattanza, ma per ogni eventuale operazione. E' il Rais che controlla minuziosamente la tonnara, che conta il numero dei tonni entrati, sorveglia i movimenti dei tonni e soprattutto vigila attentamente i venti favorevoli ai tonni. 
Impartisce ordini chiari e precisi: ogni parola convenzionale recepita dai tonnaroti esige un'altrettanta risposta precisa. 
il giorno in cui il Rais decide la mattanza, i tonnaroti si riuniscono sul molo verso le sei del mattino. Le barche salpano in lunga coda trainate da una motobarca. 
Giunti al palo di San Pietro la "sciabica" del Rais si ferma e tutti si fermano: la voce del Rais intona la preghiera di sempre, intercalata con i tonnaroti. Ogni barca sa quale è il suo posto ed il suo compito. L'attesa del passaggio dei tonni è lunga e silenziosa: occhi esperti scrutano dal fondo della barca il movimento del branco. Il sommozzatore svolge il suo compito di pastore subacqueo. Il silenzio quasi d'improvviso viene rotto dalla notizia dell'avvenuto passaggio del tonno nella camera della morte e le barche si dispongono in quadrato lungo il perimetro. 
Il vascello maggiore viene portato all'altezza del quarto lato della camera della morte e al grido del Rais "Assumma!", i tonnaroti in piedi sul bordo tirano in sincronia la rete facilitati dal "canto delle cialome".
Quando il ritmo della "leva" si fa più veloce e incalzante già i tonni si intravedono guizzanti e spaventati: inizia il momento selvaggio, si massacrano a vicenda. 
Solo quando subentra la quiete alla tempesta il Rais dà l'ordine di mattanza e i tonni vengono arpionati e tirati nel vascello. Dopo l'ultimo tonno tirato in barca, si molla il "coppo", e la spessa e robusta rete di fondo della camera della morte scompare rapida in mare risucchiandosi il sangue: l'acqua torna subito azzurra. 
Gli ultimi smorzati colpi di coda si spengono nel vascello carico di morte. Un silenzio profondo avvolge la tonnara mentre le barche si districano dal magico quadrato ed in fila si dispongono al rientro. 
Tutto ritorna normale, resta il ricordo, quasi una immaginazione, forse un sogno che rimane scolpito per sempre come dolci rimembranze.
 

Alfredo Cingolani Damiano