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DA IL PANTECO - Marzo 1994

Interessante ricerca condotta dalla scuola elementare 


di Giovanna Guccione

In un'epoca in cui consumismo e mass-media hanno lasciato poco spazio alla ricerca personale e alla maturazione del senso critico, uno sguardo al passato e alle tradizioni da cui discende il nostro presente è sempre un fatto positivo, soprattutto se di questa iniziativa si fa promotrice la scuola.
Diceva il Pitrè che, attraverso la conoscenza delle tradizioni, "il lettore ha un quadro di ciò che fa, di ciò che pensa, di ciò che crede il popolo, e può ben capire come esso vesta e mangi, quali norme tenga nella condotta pratica della vita, quali siano i suoi voti, le sue credenze nella terra che abita e nel mondo a cui aspira; come esso intende la famiglia, la società, la legge, la religione". La tradizione, infatti, permette di conoscere meglio l'ambiente umano in cui è nata: è un passato che influenza, con le sue lunghe radici, anche il presente, sebbene usanze e tradizioni siano spesso nascoste sotto la patina dei nuovi modi di pensare o, peggio, fanno bella mostra di sé a scopo esclusivamente turistico, svuotate di quella loro caratteristica essenziale di realtà familiari e domestiche, unite all'uomo che le ha originate e ogni giorno ricreate. Valorizzare le più profonde radici della cultura popolare permette, oltre che di rivivere il passato, di recuperare il senso della religiosità e della coralità, di rinsaldare e riannodare antichi vincoli di amicizia, di parentela, di solidarietà sociale, di collaborazione. Per questo apprezziamo in modo particolare la ricerca effettuata dalla scuola elementare di Favignana sulla festa di San Giuseppe, di cui riportiamo ampi stralci. (G. G.)
 

 

Altare di San Giuseppe in carta colorata,
allestito dalla scuola elementare

   

Pur nella semplicità ritualistica della tradizione, il culto di San Giuseppe ha, in provincia di Trapani e in parecchi altri paesi della Sicilia occidentale, un grande significato di ricorrenza religiosa, sociale e culturale perché esprime una cultura popolare densa di valori e una concezione generale della vita religiosa e realistica insieme. E' una tradizione che, abbastanza intatta fino ai nostri giorni, conserva certi caratteri propiziatori tipici di un'antichissima ritualità contadina volta a esorcizzare la miseria e le disgrazie, a propiziare l'abbondanza del nuovo raccolto e ad esprimere una sana concezione del lavoro, inteso come riscatto dell'uomo e non come condanna. Ovunque la ricorrenza di San Giuseppe venga celebrata, vi sono almeno tre elementi comuni: "l'altare", "la cena", "il pane".
L'altare è sempre addobbato in modo molto ricco, con veli variopinti, fili dorati, festoni, tovaglie ricamate, rami benedetti, fiori, in un bagliore lucente e scintillante che riempie di orgoglio il proprietario della casa dove è stato allestito. La cena, offerta a tre poveri che rappresentano la Sacra Famiglia, è ricca di ogni ben di Dio e, in alcuni luoghi, è costituita addirittura da 101 portate. Il pane rappresenta talora il rituale cristiano, talaltra l'esaltazione del lavoro agricolo e artigianale o la povertà, poiché San Giuseppe è il protettore dei poveri, degli orfani e di quanti versano in ristrettezze. A seconda dei paesi si dà più importanza all'uno o all'altro di questi tre elementi. 
Salemi è sicuramente il paese in cui il pane è il grande protagonista. Qui, in occasione della festa di San Giuseppe, si preparano quintali di pane, artisticamente lavorato, che testimonia la genialità della donna contadina. I pani vengono intagliati con pazienza certosina nelle forme più svariate e sono autentici capolavori di fantasia e di creatività, a tal punto che, da qualche anno, vengono esposti in celebri mostre internazionali. 
A Gibellina, invece, sono gli altari a polarizzare l'attenzione dei fedeli: sempre ricchi e ricercati, vengono allestiti da chi ha fatto voto al Santo per grazia ricevuta. La gente li visita la sera del 18 marzo e sempre in gruppi di numero dispari.
Anche a Favignana si facevano un tempo altari bellissimi, ma ora, scrive una bimba di seconda elementare, soltanto poche famiglie hanno conservato l'abitudine di prepararli. Un tempo erano veri e propri santuari che potevano occupare anche un'intera stanza della casa. Oggi soltanto l'isola di Marettimo conserva intatta la tradizione. Per tre giorni si fanno festeggiamenti con giochi, falò, rappresentazioni, processione e pranzo per i poveri in piazza. In occasione di questa ricorrenza Marettimo partecipa al completo: tutti i suoi figli sono presenti per rendere omaggio al loro Santo protettore. Dopo tale festa i pescatori mettono in armamento le barche con le quali eserciteranno, nel periodo estivo, la pesca.