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DA IL PANTECO - Dicembre 1993


di Maria Guccione

Il primo nucleo del paese risale alla metà del 1600. E' il rione Sant'Anna, che conserva ancora oggi le case più antiche e più belle. Prima di allora, per almeno due millenni, la popolazione abitò le grotte. Però fin dall'800-900 d.C. i saraceni costruirono torri di difesa, alcune delle quali furono successivamente trasformate dai cristiani in fortezze: sono i Forti di Santa Caterina, che domina la montagna omonima, S. Giacomo, che è l'attuale casa di reclusione, S. Leonardo, che fu abbattuto per far posto ai magazzini del porto e alla Villa Florio.
Volendo tracciare un percorso che unisca allo svago o alla gioia dell'occhio anche la conoscenza, bisogna partire da S. Anna che rappresenta il nucleo originario del centro storico di Favignana. La si raggiunge attraverso una viuzza strettissima: la via Ugo Foscolo, fiancheggiata da basse case e da antiche cave. La viuzza termina con una modesta casa dai muri ricoperti di variopinte mattonelle di ceramica: è la casa di zu Sarinu, il primitivo scultore del tufo che, dopo aver scavato per decenni gallerie nel tufo, si è riscoperto, più che settantenne, scultore dalle forme ardite, innamorato della docile pietra di Favignana e persino della sua polvere. 
Teste dall'espressione ora severa ora ridente fanno mostra di sé sul muretto di fronte alla casa dove, negli ultimi anni di vita, divenuto famoso per le sue eccezionali doti umane oltre che per la sua autentica vena artistica, ha ricevuto visite di persone modeste così come di personaggi famosi e di giornalisti. Pochi metri più avanti la bella piazza S. Anna circondata da giardini, una bella casa restaurata nel più completo rispetto urbanistico, una chiesetta minima che apre solo la domenica per la Messa, ma che secoli fa vide le prime nascite e i primi morti, le prime gioie e i primi dolori dei nostri antenati. 

Le cave del Cavallo, così come quelle di Calarossa di cui costituiscono un continuum, colpiscono per la loro imponenza e per la grande capacità ingegneristica di coloro che le hanno scavate tra percorsi tortuosi, pilastri e nicchie simili ad altari. 
Calarossa, vista dall'alto, rappresenta un tuffo nel colore, nella trasparenza e nella storia: perché qui, come tutti sanno, si decisero le sorti di cartaginesi e romani nel 241 a.C. 
I fondali, da Calarossa a Punta Marsala, sono un susseguirsi di reperti archeologici che farebbero la fortuna di queste isole se solo si riuscisse a organizzarne il prelievo e la successiva sistemazione in appositi spazi museali.
Tra Calarossa e Punta Marsala uno dei posti più belli di Favignana: il Bue Marino, con gallerie tufacee che sboccano proprio sulla costa e danno ombra agli accaldati turisti estivi.
Alle spalle l'Orsa Maggiore, un parco faunistico molto originale dove tra grotte di tufo e bellissime piante sono state ricavate comode dimore per animali, alcuni dei quali in via di estinzione in Sicilia.
Dal Bue Marino si può puntare verso l'interno, "a Chiana", la pianura, dove sono ancora visibili tracce di una fiorente agricoltura durata sino alla fine degli anni Cinquanta quando l'abbandono delle terre e l'introduzione di collegamenti veloci con la terraferma, che rese appetibile lo sfruttamento delle allora ricchissime risorse marine e la loro esportazione, ne provocarono il decadimento. 
Alla "chiana" sono ancora rintracciabili vecchie fattorie con attrezzature da lavoro in pieno stile arabo, "gebbie" (vasche) per l'irrigazione degli orti e "cannalate" (canali) per il trasporto dell'acqua.

zona Bue Marino
Calamoni

Alle spalle della Chiesa, splendide cave-giardino, che un'errata idea di progresso vorrebbe cementificare, cave con pilastri di tufo cui si sono abbarbicati i capperi e altre piante tipiche di quest'isola - melograni, fichi, alloro - che prosperano ben riparati dal vento.
Un paio di chilometri verso Est si arriva al cimitero e alla zona archeologica di Contrada Santo Nicola.
La costa lungo tale percorso si presenta tutta squadrata e a intagli, per il fatto che i primi cavatufi sfruttarono liberamente le coste fino a che lo Stato non le considerò sua proprietà costringendoli, da quel momento ad andare a lavorare alle dipendenze dei grossi proprietari terrieri.
La zona archeologica, non valorizzata e in stato di totale incuria, presenta i chiari segni di una necropoli tardo ellenistica, e fu comunque abitata senza interruzione dalla preistoria al XVI secolo, come si può rilevare dalla presenza di uno stemma di origine spagnola. Da Santo Nicola, sempre seguendo la costa, si arriva al Cavallo. 
Dall'alto della piattaforma rocciosa è visibile una distesa di mare purissimo con chiazze ora blu ora verdastre coronate da grandi rocce. E' la zona in cui sono ancora visibili gli scivoli da dove i tufi venivano imbarcati direttamente sugli "schifazzi" ed esportati in continente per costruire palazzi grandiosi e ville da re.

L'antica cultura contadina dell'isola è stata il vanto dei nostri padri, così come lo è oggi la cultura marinara che punta alla conservazione delle risorse e al rispetto dell'ambiente attraverso l'istituzione di una riserva marina che non sia solo vincolistica, ma produca una vera e propria rivoluzione nella gestione del mare.
La parte sud-ovest dell'isola è tutto un susseguirsi di calette e strapiombi tra cui meritano un'attenzione particolare il villaggio dei pescatori di Puntalunga, l'incontaminata e selvaggia Calarotonda, e la vallata che si estende da dietro la montagna verso l'isolotto del Previto con le rocce che al tramonto assumono violenti colori rossastri in contrasto con il tenue azzurro del mare.
Questa è Favignana, vista da chi l'abita e l'ama: punto di partenza per splendide escursioni a Levanzo (da vedere la bellissima Grotta del Genovese con interessanti graffiti paleolitici e pitture neolitiche e la Villa Florio con le cantine e l'attrezzatura usata per fare il vino), a Marettimo (da vedere le grotte di stalattiti e stalagmiti), a Mozia la fenicia, a Segesta col suo poderoso tempio dorico.
Favignana è anche, semplicemente, il luogo per una riposante vacanza e per un tuffo nella semplicità dell'"agire" o nella purezza del "sentire", lontano dal consumismo esasperato e dal ritmo incessante degli orari di lavoro.