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Un lungo cammino tra 
difficoltà e speranze

Editoriale
 

Quando dieci anni fa un gruppo di giovani dava vita, nell'indifferenza generale, all'Associazione C.S.R.T. di Marettimo, nessuno, nemmeno i soci fondatori, potevano immaginare la traccia profonda che le scelte, le decisioni e le lotte perpetrate negli anni da questo gruppo, avrebbero lasciato nella società isolana, modificando ed influenzando spesso gli intenti e gli indirizzi di una comunità sicuramente tranquilla, ma allo stesso modo poco incline alle novità ed ai cambiamenti. 
Un'Associazione anomala, rispetto al contesto nel quale nasceva, molte volte contro-corrente, che è riuscita a riunire al suo interno, pescatori, cacciatori, ambientalisti, in un connubio forte ed originale che ha come comune denominatore l'amore e la salvaguardia dell'ambiente marino e terrestre di questa splendida isola, nonché la preoccupazione per il futuro di tutto l'arcipelago egadino. Solo la caparbietà, la determinazione e la convinzione di essere nel giusto ha permesso a questo manipolo di giovani idealisti di tagliare il traguardo del decennio. 
Le battaglie, spesso aspre, contro Istituzioni cieche ed indifferenti, o grosse Società private con predisposizione alle conquiste ed all'esproprio territoriale, hanno esso a dura prova in questi anni il carattere e le personalità di tutti i componenti del gruppo, che, però, grazie ad una dialettica sempre schietta e sincera, malgrado qualche inevitabile perdita, sono riusciti a sopravvivere, mantenendosi forti e compatti. 
Regola fondamentale che ha caratterizzato e che anima tutti i soci anche a distanza di dieci anni, è sempre stata quella di non scendere o accettare compromessi di qualsiasi natura contrari ai principi ispiratori dell'Associazione stessa. 
Rimanere fedeli a questo principio non è stata impresa da poco, ed i soci dirigenti hanno dovuto superare forti tensioni e persino minacce fisiche pur di portare avanti progetti ed iniziative. 
Unico faro di promozione culturale e turistica per quest'isola, l'A.C.S.R.T. può vantare importanti iniziative culturali, sociali e di ricerca, contribuendo a portare alla ribalta ed a mantenere sempre vive tutte le problematiche che travagliano questo piccolo ed isolato scoglio. 
Non è poco per un gruppo di giovani in possesso solo di molta buona volontà, ed è bello illuderci, come soci, di essere tanti piccoli Davide. Con la sola forza delle nostre idee potremmo un giorno sconfiggere i Golia dell'indifferenza e del malgoverno.
 

Alberto Sercia

Protagonisti dello sviluppo delle isole

di Luigi Ialuna
 

Tra un mese l'Associazione compirà i suoi primi 10 anni di vita e per festeggiare questo traguardo tra il 24 e i127 aprile verranno organizzati, a Marettimo, una serie di incontri e dibattiti su alcuni importanti temi che riguardano la realtà di queste isole e che per tutti questi anni sono stati al centro della nostra azione e del nostro impegno quotidiano. 
La "salvaguardia" dell'uomo che vive in questo arcipelago con enormi difficoltà e che per questo, in molti casi e soprattutto nel passato, è stato costretto a emigrare in "terre assai lontane" come l'America, rimane tutt'oggi, come dieci anni fa, la nostra principale preoccupazione. In tempi più tranquilli, abbiamo particolarmente curato questo aspetto, realizzando una mostra fotografica "Di qua e di là dal mare" che abbiamo portato a Monterey, in California, tra i nostri compaesani. Compaesani che anche in quei luoghi, per catturare il pesce, si sono distinti per la loro "arte del pescare", (è anche per loro che abbiamo voluto realizzare, a Marettimo, un museo del mare). 
Purtroppo, quei tristi momenti, che abbiamo visto in foto di altri tempi, li stiamo vivendo in questi giorni. Il rischio di un nuovo abbandono, da parte soprattutto dei giovani, e di una mummificazione di queste isole è dietro l'angolo. Di questo dobbiamo renderci conto tutti quanti e fare ognuno la nostra parte. 
Innanzitutto bisogna diventare protagonisti attivi dei processi decisionali che riguardano lo sviluppo, sia in termini economici che sociali delle nostre isole. Non possiamo più delegare a persone poco credibili (per non dire altro) il nostro avvenire. E' tempo di scelte importanti che devono tener conto dell'enorme potenzialità, soprattutto in termini turistici, dell'immenso patrimonio naturale delle nostre isole. 
Soltanto con una seria programmazione che sappia coniugare una gestione "manageriale" delle risorse naturali, sia montane che marine, ad un piano di sviluppo turistico compatibile con le attività tradizionali e più recenti, quali ad esempio la pesca e la forestazione, può farci uscire da questa grave situazione.

LA MAGIA DI MARETTIMO

di Tori Ferrante

Ho sperimentato molte incredibili immersioni dai miei inizi 25 anni fa. Sono anche orgoglioso delle mie origini siciliane ed è questa una delle ragioni per cui ho deciso il mio viaggio a Marettimo. Volevo capire questo piccolo paese di pescatori dove mia madre ed i suoi genitori erano nati. Volevo visitare l'isola approfittando del fatto che mia madre, sessanta anni e più portati con piglio giovanile, poteva ancora accompagnarmi. C'erano cugini da incontrare, incombenze da assolvere, e naturalmente le immersioni. A metà luglio, con la benedizione di mia moglie e la compagnia di mio figlio Dominic, sei anni, arrivammo nell' isola di Marettimo. 
Fummo salutati con una cena a base di aragoste da una comitiva di parenti e amici tanto grande da occupare la maggior parte del locale con vista sul porto che ci ospitava. Con un po' di aiuto da parte di mia madre, che mi faceva da interprete, attaccai bottone con mio cugino Giovanni Maiorana, che possiede il locale caffè-bar. 
Giovanni era stato un sommozzatore dedito alla pesca dei coralli negli anni passati e gli chiesi di farmi incontrare il miglior sommozzatore tra quelli da lui conosciuti. Il giorno dopo mi presentò Fabio. Quel pomeriggio stesso feci con Fabio una immersione di prova. La barca di Fabio aveva le dimensioni giuste per noi quattro; il suo equipaggiamento moderno era ben tenuto. 
Ci immergemmo in un punto a ridosso, sotto il Castello di Punta Troia. Le formazioni rocciose erano notevoli e piuttosto suggestive. Mi ricordarono molto una costa a me familiare, quella del "Big Sur" della California. 
Il giorno dopo puntammo di nuovo verso il castello per doppiarne il capo e introdurci in una grotta incisa profondamente nella roccia. Malgrado il mare fosse forza 5, all'interno l'acqua divenne quieta e di un azzurro trasparente. Vi scivolammo dentro, aggiustando le bombole in acqua. Fabio mi spiegò che quello era stato un antico ancoraggio. Nel corso dei secoli imbarcazioni di ogni tipo vi avevano trovato rifugio dalle tempeste di Scirocco. Erano state trovate sia ancore scavate nella pietra, che di piombo fuso o di ferro forgiato. 
La terza immersione fu il primo approccio ad una caverna non molto profonda. L'isola di Marettimo sorse all'epoca in cui nacquero le Alpi svizzere. L'isola non è vulcanica, ma frutto del sollevamento della crosta terrestre: rocce e scogliere mostrano l'entità di questi movimenti a chi le costeggia. Questi aspetti geologici sono ancora più evidenti durante le immersioni. 
Ci ancorammo a diverse centinaia di metri al largo dello Scalo Nuovo. La corrente era minima e raggiungemmo il fondo alla profondità di circa 20 metri. Massi di notevoli dimensioni si ergevano dal fonda. Fabio accese la sua torcia e sparì in un dedalo di rocce sommerse. Lo seguimmo nella caverna senza toccarne il fondo sabbioso. Scivolammo attorno ai macigni, immergendoci nelle fessure che ci circondavano. Dopo aver tirato fuori da una cavità un crostaceo simile ad un'aragosta senza chele, Fabio sorrise alla mia scoperta, descrivendomi con dei gesti la bontà delle sue carni. Quindi restituì il crostaceo nella fessura di una roccia. Il tempo dell'immersione passò veloce e senza accorgermene mi ritrovai al cavo di ancoraggio della barca.
Durante la sosta di decompressione a circa 5 metri potei vedere una medusa dalla forma allungata, di cui evitai il contatto. Il vento da sud stava aumentando d'intensità e cominciai a disperare della possibilità di poter effettuare l'immersione di Sabato. Fabio fece di tutto perché l'immersione avvenisse il mattino successivo, prevedendo che il tempo sarebbe peggiorato. Il giorno dopo partimmo alle 10.30 assieme a Giorgio, un buon sub milanese alla sua quarta stagione a Marettimo, e a Paolo, un ragazzo allegro di Civitavecchia, che sarebbe rimasto a bordo assieme a mio figlio Dominic e a mia cugina Megan. 
Navigammo per venti minuti a sud dello Scalo Nuovo, in direzione di Punta Bassana, che protegge il paese dal vento del sud. Chiedemmo a Dominic di doppiare la punta trovando il vento meno fresco di quanto pensassimo. 
 

Le dimensioni generose delle bombole mi rassicurarono, sapendo che l'immersione poteva essere impegnativa. "Fondo!" gridò Fabio, e Giorgio mollò l'ancorotto da prua. La corrente andava alla velocità di 2-3 miglia verso nord e l'ancora fece buona presa. Non essendo la mia muta da 5 mm sufficiente per l'immersione, Fabio mi porse la sua, che risultò della taglia giusta. Entrammo in acqua con le bombole. La corrente non si fece più sentire verso i 10 metri e tutti e tre toccammo fondo sui 28 metri, regolando l'assetto. 
Facemmo il nostro ingresso nella grotta sommersa alla profondità di 30 metri, con un brivido di freddo. Controllai i regolatori con cura e segnalai a Fabio che tutto era a posto, proseguendo verso l'interno della grotta. Stalattiti di quasi mezzo metro di diametro scendevano dalla volta sparendo nella fanghiglia del fondo. Nuotammo come attraverso una foresta pietrificata dove grosse stalagmiti ci spingevano via dal fondo. Queste colonne mineralizzate sembravano reggessero la volta della grotta. Erano lisce e prive di vegetazione. La cavità non era stata sempre sommersa. Gradualmente la grotta si allargò verso l'alto, mentre il blu dell'entrata veniva inghiottito dal buio. La luce delle nostre torce diventò più vivida. Fabio mi fece un cenno con gli occhi: si vedeva dal suo sguardo che conosceva bene la grotta in cui ci eravamo avventurati, e questo mi trasmetteva un senso di sicurezza. 
La volta della grotta si alzò ulteriormente sopra di noi, mentre anche il fondo sembrò salire. Eravamo a 25 metri di profondità quando Fabio si fermò per tenersi in equilibrio su un cumulo di ossa. Ci avvicinammo a quei resti anneriti per vedere delle ossa somiglianti a femori assieme a porzioni di qualcosa simile ad una grossa calotta. In seguito seppi si pensava fossero i resti di una grossa tartaruga (un'altra persona, però sosteneva fossero le ossa di un animale terrestre). Chissà quali altri segreti erano celati sotto la coltre del tempo. Adesso la volta della caverna era 10 metri sopra di noi e lo spazio sembrava vasto. Ad uno ad uno oscurammo le nostre torce. Nel buio più profondo cominciai a vedere un bagliore tenue muoversi ad una certa distanza. 
A torce di nuovo accese, un gambero di circa 5 cm. camminava sulla volta, incuriosito dalle nostre luci. Un merluzzo dai grandi occhi schizzò sul fondo catturando la mia attenzione con il suo colore rosso. L'acqua rimaneva cristallina nella sua trasparenza e si raffreddava mentre ci avviavamo verso l'uscita. A luci di nuovo schermate guardammo verso l'imboccatura della grotta: una piramide di luce blu fluorescente splendeva in lontananza. Due depositi minerali a forma di spirali ci facevano da sentinelle silenziose stagliandosi contro un blu mai visto. Minuscoli gamberetti color arancione ci sciamavano attorno. Mi fermai per ammirarne i dettagli e la vitalità. Ancora quattro bracciate, e fummo inondati da luce bianca. Tentradue intensi minuti in grotta erano finiti con una velocità inaspettata. 
Cominciammo ad emergere gradualmente, fermandoci a cinque metri per una sosta di de-compressione. Adesso ero di nuovo in superficie, con un bel po' di sensazioni da metabolizzare. Ora mi sentivo più vicino all'isola, come se Marettimo avesse condiviso con me uno dei suoi segreti meglio custoditi. Tenendomi aggrappato alla poppa, lasciai vagare i miei pensieri prima di affidare l'equipaggiamento a quelli di bordo. Sottolineai il ritorno alla realtà lanciando un grido di entusiasmo. Fabio condivise l'euforia dandomi una energica pacca sulle spalle. Capiva quello che stavo sentendo: erano le stesse sensazioni che aveva avuto lui stesso la prima volta che aveva visitato la "Cattedrale" alcuni anni prima. 

Questo articolo è stato scritto in inglese da Tori Ferrante, già residente a Monterey ed oggi abitante a Danville, California, con la moglie Ann e due figli, Dominic ed Alexandra. La mamma, Anita Maiorana Ferrante, vive a Monterey e non manca di tornare a Marettimo ogni anno.
 

Traduzione ed adattamento del testo sono di
Antonino Rallo (rallo@iol.it.)