L'ARAMAICO
I primi tentativi di comprendere il messaggio di Gesù devono
svolgersi nel contesto del Giudaismo. Il Nuovo Testamento era
scritto in greco, ma il linguaggio che Gesù parlava con i suoi
discepoli era l’aramaico, una lingua semitica legata all’ebraico.
Le parole e le frasi aramaiche sono sparse per
tutta la lunghezza dei Vangeli e degli altri primi testi cristiani
a riflettere il linguaggio nel quale i vari detti e le formule
liturgiche erano stati ripetuti prima che fosse completata la
transizione al greco.
Tra esse, troviamo parole familiari come
"Osanna" e come il grido di disperazione di Gesù sulla croce:
"Eloì, Eloì, lamà sabachtàni?" (Mio Dio, mio Dio, perché mi hai
abbandonato?) che in ebraico era "Eli, Eli, lamà azavtàni?".
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Altre parole dall'aramaico sono: Emanuele (Dio con noi), Rabbi' (Maestro), Amen che non è
"così sia" bensì il più deciso "così è", Messias
(Cristo) e Abbà (Padre).
E’ come Rabbi' che Gesù era conosciuto e indicato, ma anche Profeta,
come nell’acclamazione della Domenica delle Palme: "Questi è il profeta
Gesù, da Nazareth di Galilea".
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La lingua ebraica biblica, quella in cui è
scritto l’Antico Testamento, non era più parlata all’epoca di Gesù e
veniva comunemente usata nella liturgia sinagogale del sabato anche
se ben pochi potevano comprenderla pienamente. Era quindi una lingua
letteraria, conosciuta e capita solo dal ceto colto.
L'aramaico era di fatto la lingua familiare che parlava il popolo in
molti villaggi e cittadine della Palestina e in particolare al nord
(Nazareth, Cafarnao, ecc.) dove Gesù fu educato, crebbe e trascorse
la maggior parte della sua vita.
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