S. VITTORIA Vergine e Martire
Festa il 23 Dicembre


L’imperatore Nerone (54-68), pazzo e crudele, aveva incendiato Roma per rifabbricarla più bella; per sfuggire alla esecrazione pubblica gettò la colpa sopra i cristiani, e un gran numero di essi fu condannato alle pene più atroci. L’odio accumulato sul capo di quegli innocenti non si spense più; bastava che avvenisse un terremoto, una pestilenza, una qualsiasi calamità, perché fossero presi di mira. Tutte le leggi promulgate da quel mostro furono abrogate, ma restò sempre in vigore quella che vietava di essere cristiani.

Non tutti gli imperatori che furono da Nerone a Decio infierirono contro di loro. Vi furono periodi d’una certa tranquillità; tuttavia le persecuzioni non cessarono totalmente.

Con Decio (249-251) incominciò una guerra di sterminio: era persuaso che cessato il culto degli dei, Roma e l’impero sarebbero caduti. Egli prese di mira principalmente i vescovi, e con ogni sorta di torture, cercava di forzare i fedeli a sacrificare. Vittima di questa persecuzione fu la prima nostra celeste protettrice s. Vittoria.

Nata in Roma da illustre famiglia ed educata nella religione cristiana si dedicò sin dai primi anni alle opere di pietà, e al tempo della persecuzione di Decio diede prova di tutta la fortezza del suo animo. Poiché essendo stata promessa dai suoi genitori in sposa ad Eugenio giovane di pari nobiltà, essa che aveva fatto voto di rimanere vergine rifiutò le nozze proposte, e risoluta di darsi completamente a Dio vendette tutti i suoi ornamenti e quanto poté avere dalla casa paterna distribuendo il prezzo ai poveri. Risaputo ciò Eugenio denunziò Vittoria come cristiana all’imperatore, ottenendo da questo che strappata dalle braccia dei genitori fosse relegata nei possedimenti che aveva egli in Trebula Mutusca, affinché in quei luoghi squallidi e incolti estenuata dagli stenti e dalla fame si inducesse alle nozze richieste. Ma lungi dal piegarsi Vittoria pregava ardentemente il Signore affinché attraverso la prova del martirio affrettasse per lei le nozze celesti.

Frattanto divulgata la fama della sua santità molte vergini del luogo vennero a visitare Vittoria e da essa istruite nella fede si unirono a lei, e in pii esercizi ed inni menavano in terra una vita di paradiso. Or Eugenio riconosciuto vano ogni tentativo di rimovere Vittoria dal suo proposito, e perduta ogni speranza riferisce tutto a Giuliano pontefice del Campidoglio, che manda a Vittoria il carnefice Taliarco coll’ordine di ucciderla se non acconsentisse a sacrificare agli dei. Al rifiuto opposto, trapassato il cuore da una spada quell’eroina colse la duplice palma della verginità e del martirio il 23 dicembre dell’anno 251. I cristiani deposero le sacre spoglie in un sarcofago nuovo e le seppellirono in una caverna. Grazie copiose concedeva il Signore ad intercessione della santa ai fedeli che numerosi accorrevano a pregare al sepolcro di lei.

Le reliquie di S. Vittoria a Bagnoregio

Coi primi tempi che i Benedettini si stabilirono tra noi forse coincide il trasferimento delle reliquie di s. Vittoria in Bagnoregio.

Come abbiamo narrato, i cristiani, morta la santa, ne seppellirono il corpo in una caverna. Là sopra fu costruita una chiesa, che apparteneva già dall'anno 817 all'ordine benedettino. Dalla chiusa della « Passio » redatta verso la metà del sec. VII, risulta che al tempo in cui essa fu scritta, il s. corpo si trovava ancora sul luogo ove primieramente era stato deposto. …

Come è risaputo una parte notevole delle ossa della santa si conservano a Bagnoregio, altra parte notevole a Matenano in Fermo. Quando furono rimosse dalla chiesa di Trebula e portate in questi due luoghi? Il Paschini opina che quando al principio del sec. X i Saraceni minacciavano Trebula, i Benedettini trasferirono le reliquie della santa a Farfa, quando poi per la nuova chiesa di Matenano occorsero le reliquie dei martiri, il 20 giugno 934 inviarono là quelle di s. Vittoria.

Riguardo alle reliquie della santa che si trovano a Bagnoregio è da ritenere che non vi furono portate contemporaneamente a quelle di Matenano, perché il Cronicon Farfense non avrebbe omesso di riferire la notizia. Il cronista poi non poteva pensare che tutto il corpo della santa veniva trasferito a Matenano, ben sapendo che un braccio di lei si conservava a Farfa, e la testa a Subiaco. Né le reliquie stesse vennero qui in seguito da Matenano, perché in via ordinaria non si concedono alla pietà dei fedeli che piccoli frammenti delle reliquie dei santi. Non è poi credibile, se quelle avessero corso pericolo a Matenano, che, per salvarle, fossero state trasportate a Bagnoregio, luogo così distante. È quindi da supporre che quando nell’846 i Saraceni, mettendo tutto a ruba, invasero l’Italia centrale, devastando e saccheggiando in Roma sin le Basiliche di S. Pietro e di S. Paolo, i Benedettini di Trebula abbiano messo in salvo parte delle reliquie di s. Vittoria inviandole a Bagnoregio, dove da poco tempo si erano stabiliti altri monaci del loro ordine, (e ciò è anche in armonia colle nostre tradizioni), parte recandole con sé a Farfa, luogo munitissimo, che poi furono inviate a Matenano. Le ricognizioni delle reliquie di s. Vittoria eseguite in Bagnoregio e in Matenano, secondo la dotta relazione del prof. L. Quintarelli libero docente nell'Università di Padova, dimostrano che i resti della santa esistenti nei due luoghi concorrono a ricostruire uno scheletro umano, intero o quasi.

Antichissimo è il culto tributato a s. Vittoria in Bagnoregio, di cui, come è tradizione, era stata protettrice prima di s. Ildebrando. Le sue reliquie si custodivano in due casse sigillate sotto l’altare maggiore dell’antica chiesa cattedrale in Civita eretto dal vescovo Rustico nel 1159. Le due casse non furono aperte che nella visita del 1599, e poi di nuovo sigillate. Riposte sotto lo stesso altare, vi restarono sino al 1728, anno in cui furono messe in una piccola urna di legno. Da questa furono tolte nel 1887 quando le reliquie stesse, fattane solenne ricognizione furono chiuse in una ricca urna collocata poi sotto l’altare di s. Giacomo.

Lo statuto del comune del 1373 ci parla della particolare venerazione in cui era tenuta la santa; la sua immagine era dipinta nel palazzo comunale insieme a quella della Madonna e di s. Ildebrando; dinanzi ad esse ogni sera a cura del camerlengo doveva accendersi una lampada; il suo giorno era dichiarato festivo, in tal giorno non si poteva amministrare la giustizia, e il potestà era tenuto ad offrire un cero di sei libbre, pari a quelli che venivano offerti a s. Ildebrando, a Maria V. Assunta in Cielo, a s. Nicola, a s. Francesco. Nell’intestazione dei libri del comune insieme ai nomi di Maria Vergine, di s. Pietro e Paolo e dei santi protettori troviamo anche quello di s. Vittoria.

[A Civita, prima della porta S. Maria esisteva una chiesa dedicata a S. Vittoria:] sparita nel vuoto sottostante per scoscendimento del terreno, non era di data molto antica. Il 22 gennaio 1694 un teste deponeva di ricordare come un sogno quando la chiesa era stata fatta (non rifatta), e una teste il 25 gennaio 1694 deponeva di ricordare come un sogno d’aver trasportato i sassi, quando fu fatta (non rifatta) la chiesa stessa.

Da Francesco Macchioni, "Storia di Bagnoregio dai tempi antichi al 1503", Agnesotti Viterbo

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