La Chiesa di Santa Maria Assunta: Lo stile Rinascimentale Clesiano

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Le prime notizie documentate riguardanti la pieve di Civezzano risalgono, come ci ricorda il Vaja (senza però citare le fonti), al secolo XII. Il nome della chiesa compare abbastanza frequentemente anche nei documenti del '200: gli stesori della carta di regola del 19 aprile 1202, ad esempio, si riunirono "in Civiçane ante ecclesiam Sancte Marie". Ed è del 1243 la locazione perpetuale fatta da "Bonushomo Canonicus Tridentinis, et Plebanus Plebis Zivizani pro dieta Ecclesia Sanctae Mariae Plebis de Zivizano". La costruzione clesiana sostituì (sovrapponendovisi) l'antica Ecclesia Sanctae Mariae i cui resti (una struttura paleo-cristiana) sono stati riportati alla luce dai recenti restauri.

Ancora prima della costruzione della chiesa rinascimentale, la Madonna di Civezzano era assai famosa in regione, meta di numerosissimi pellegrini e oggetto di grande devozione: "lo ardisco di asserire" scrive il Vaja "che la devozione rimonta fino al 100 secolo o poco dopo e che fu causata da qualche grazia straordinaria e dalla pietà del popolo, soprattutto della comunità, nonché dei Vescovi di Trento che avevano e nutrivano una speciale predilezione a questi colli ove avevano anche dei feudatari".

Una prima conferma importante di tale fama ce la danno due lettere del cardinale Bernardo Cles pubblicate nel 1762 da padre Bonelli. Se all'importanza della Pieve di Civezzano aggiungiamo la particolare devozione alla Madonna da parte del Principe Vescovo (assai evidente soprattutto nel secondo dei documenti) possiamo forse spiegarci il perché della costruzione a Civezzano di un edificio tanto importante, edificio che nei decenni successivi accrebbe ulteriormente la notorietà del paese e di questa Madonna Miracolosa. Di essa trattano molti degli antichi storici, dandoci inoltre utili descrizioni del monumento: Il Massarello nel 1545, Il Pincio nel 1546, Lorenzo Beyerlinck nel 1665, Vigilio Vescovi nel 1669, Il padre gesuita Gumppenberg nel 1672, Michelangelo Mariani nel 1673. Il santuario ebbe inoltre due brevi pontifici di Papa Gregorio XII (1 575 e 1583) e uno di Pio VI (1784) e il paese, come ricorda il Bezzi: "prese anche il nome della Madonna, così che nella sala delle carte geografiche, che congiunge i musei vaticani colla Cappella Sistina, nel quadro della regione veneta, il luogo è segnato col nome di "Sancta Maria de Cisuezan"".

Non conosciamo con precisione la data d'inizio dei lavori di progettazione e costruzione della chiesa. Sappiamo invece con certezza, dalle lettere del cardinale Clesio, che negli anni 1533 e 1534 l'edificio è in costruzione. Probabilmente esso fu compiuto nel 1538: questa data, infatti, la troviamo scolpita nel vano di una delle finestre che guardano il sagrato.

Orientato lungo l'asse est - ovest (il rosone guarda al tramonto secondo la tradizione medioevale), è lungo 37 metri e largo, in navata, 15. L'impianto planimetrico, assai semplice, si compone essenzialmente di due parti: la navata rettangolare, suddivisa in quattro campate (dall'ultima delle quali si accede, sul lato nord, alla torre campanaria) e l'abside poligonale (con accesso alla sagrestia contigua al campanile). La grande aula è sormontata da un'imponente volta a botte lunettata e costolonata, realizzata in blocchi di tufo (spessi 30 centimetri). Dipartendosi dalle leggere semicolonne, prive di capitello, "di gusto squisitamente nordico", che scandiscono le campate e le lunette, i fasci delle nervature (in pietra) disegnano sopra la navata un intricato insieme di quadri e losanghe. Con un elaborato intreccio di curve, il disegno si fa ancora più complesso ed elegante nel catino absidale, "in perfetto accordo con gli eleganti trafori delle finestre". Il passaggio dalla navata all'abside è caratterizzato da un arco santo ogivale. All'esterno le linee verticali dell'ordine unico, assai marcate, ritmano l'intera fabbrica: alle slanciate lesene in calcare bianco (proveniente dalle vicine cave di Pila) particolarmente evidenziate dal contrasto cromatico con il rivestimento lapideo in calcare rosso (sempre di Pila), si alternano, sul prospetto sud e sull'abside, le ampie finestre a sesto acuto ornate di preziosi trafori marmorei sempre diversi in ogni apertura. Il contrasto cromatico si riduce nell'abside dove la presenza di alcune lesene rosse (meno evidenti), realizzando un effetto visivo di accorciamento della zona absidale, accentua lo slancio verticale della chiesa. Questa "tensione verso l'alto", cui contribuiscono anche la copertura fortemente inclinata, il timpano di facciata ed il campanile (alto oltre 50 metri), con le sue bifore, i finestroni gotici e l'altissima cuspide piramidale (di tufo come la volta), viene però smorzata dagli elementi orizzontali: lo zoccolo e la trabeazione (bianca) continui, oltre a ridimensionare lo slancio degli elementi verticali, riconducono all'unità compositiva, coronandolo, l'intero edificio, comprendendo anche il campanile e la sagrestia. Il passaggio dalle lesene alla trabeazione (fortemente aggettante nella parte superiore) è mediato dai bellissimi capitelli compositi. Incorniciata dalle lesene angolari e dalla trabeazione, e sovrastata da un timpano triangolare (con finestra rotonda per l'illuminazione del sottotetto) compreso tra spioventi fortemente inclinati, la facciata è arricchita da un rosone e da un preziosissimo portale. Lateralmente a quest'ultimo si aprono due finestroni rettangolari orizzontali caratteristici, secondo l'Emert, delle chiese rurali tardo gotiche del Trentino.

Per quanto riguarda lo stile, la chiesa di Civezzano è un perfetto esempio di quello che il Rasmo ha definito "rinascimentale clesiano": il Trentino subisce, all'inizio del XVI secolo, "il massimo influsso della tradizione gotica tedesca, sia pure attraverso i compromessi creati dalle maestranze lombarde, trattenendo in se motivi che, fusi nei complessi ormai rinascimentali, sopravvivono fino alla metà del Cinquecento ed oltre, in un singolare stile di transizione quale è il Rinascimento clesiano". Inizialmente i comacini si erano limitati all'"introduzione di singoli elementi decorativi nei paramenti esterni dei nuovi edifici" e alla "quasi forzata giustapposizione alle forme tardogotiche, ancora tenacemente prevalenti nella costruzione delle chiese, di elementi architettonici finiti, sorprendentemente declinati in un puro linguaggio rinascimentale" (si veda il portale della parrocchiale di Cles).

Col passare degli anni, però, questa giustapposizione diventa fusione: i caratteri rinascimentali si fanno più rilevanti e spesso gli "elementi gotici di impronta tedesca, assunti dai costruttori lombardi nel rispetto di una tradizione ormai consolidata", acquistano nelle mani di queste maestranze, un nuovo carattere esclusivamente decorativo (come accade a Civezzano).

All'interno la chiesa di Civezzano presenta ancora una prevalenza (in certi casi solo estetica) di caratteri gotici: le semicolonne, le finestre, i costoloni della volta, l'abside poligonale, l'arco santo ogivale. Ma anche fra questi elementi tipicamente nordici trovano spazio, pur sommessamente, quelli rinascimentali: la ricca e movimentata costolonatura (priva di ogni funzione statica) cela una volta a botte; l'arco santo, a sesto acuto, è caratterizzato da lesene con basamento alto, da capitelli composti e da decorazioni a rosette a doppia fila di petali (nell'intradosso dell'ogiva), tutti motivi ornamentali, questi, di gusto pienamente rinascimentale; infine gli accessi alla torre campanaria ed alla sagrestia: si tratta di due portalini (in calcare rosso lucidato) con stipiti, architrave e mensola modanati, arricchiti dall'inserimento di decorazioni a tondo (alcune lavorate a rosetta altre con specchiatura in marmo nero). Fra architrave e mensola sono inserite le insegne di Bernardo Cles: l'impresa, con il fascio delle sette verghe ed il motto "UNITAS", su quello della sagrestia, l'arma della famiglia Cles, con i due leoni rampanti, su quello del campanile.

All'esterno invece i due pregevoli portali riccamente decorati ed il paramento lapideo ad ordine unico, con zoccolo, lesene, capitelli e trabeazione continua, fanno "passare decisamente in secondo piano l'emento gotico". Di gusto tipicamente tradizionale restano solo le finestre archiacute e lo slanciatissimo campanile a cuspide piramidale anch'esso però segnato da grandi bifore rinascimentali.

Gli elementi gotici "potevano essere ritenuti necessari in un ambiente nel quale si doveva certo tenere presente il gusto della popolazione rurale non così progredita come a Trento e che non si doveva irritare con troppe ardite novità soprattutto dopo il dramma della guerra rustica da poco spentasi, ma ancora viva nelle sue ripercussioni spirituali. Dobbiamo soprattutto ricordare che la chiesa di Civezzano era un santuario famoso cui accorrevano processioni anche da lontani paesi, perfino da Bolzano stessa. Le novità eccessive non v'erano quindi consigliabili". Particolarmente interessanti, secondo noi, risultano a questo punto le osservazioni del Bocchi: "Di clesiano, in tutto questo, c'è - più che un presunto stile artistico - il chiaro avallo di uno "stile politico", studiatamente improntato alla mediazione, al cauto mutamento, al rinnovamento nella continuità, che fu tipico per più versi dei comportamenti politici del Cles".

Per quanto riguarda la paternità dell'opera (il problema dell'architetto) non sono gli elementi gotici "chiaramente visibili, ma del tutto esteriori, che ci possono aiutare".

Il Rasmo, sulla base di diversi elementi, è il primo a scartare decisamente l'assegnazione dell'Assunta di Civezzano ad Antonio Medaglia, "assegnazione fatta da tempo sulla base di concordanze più appariscenti che sostanziali e ribadita e sostenuta in sede scientifica anche recentemente". La tesi del Rasmo è rafforzata dall'analisi comparativa più approfondita di alcuni elementi architettonici e decorativi: la diversa distribuzione della luce; la semplicità dell'impianto planimetrico di Civezzano rispetto a quello assai più articolato della basilica di Trento (l'esperienza ed il tempo intercorso, afferma il Rasmo, non dovevano rendere difficili soluzioni più elaborate); lo stile degli elementi scultorei dell'Assunta lontano da quello di Antonio Medaglia. Esclusa quindi la presenza diretta di quest'ultimo a Civezzano, Rasmo non nega però "l'evidente influsso della sua arte" sulle maestranze ivi operanti, e ipotizza inoltre il probabile utilizzo (in taluni casi) di lapicidi formatisi nel suo ambiente.

Ma torniamo ora agli elementi decorativi rinascimentali, in grado di fornirci ulteriori indicazioni sull'autore. Il più significativo è senza dubbio l'aggettante e maestoso portale maggiore, disegnato ad arco trionfale: due coppie di colonne bianche poggianti sullo zoccolo rosso comune all'intero edificio, fiancheggiano l'inquadratura della porta; dietro le colonne si trovano due coppie di lesene modanate. Sopra l'elaborato fregio della trabeazione (finemente intarsiato in nero sul calcare rosso) si eleva l'arco bianco a sesto pieno, ornato, nell'intradosso, da motivi a rosette, e che racchiude la lunetta. Ai lati due medaglioni (nei gheroni) e due piccole lesene (bianche) che sorreggono la seconda trabeazione. Il portale è coronato da un movimentato gruppo scultoreo: due putti sorreggono con una mano lo stemma cardinalizio del Cles (sormontato dall'impresa) e con l'altra due cimase a doppio ricciolo contrapposto, scolpite a forma di cornucopie traboccanti di frutta. L'inquadratura della porta ed i basamenti delle colonne sono ornati da specchiature a rombo e tondo di vario colore, che arricchiscono ulteriormente il gioco cromatico del portale (si veda il ripetuto contrasto bianco-rosso). Particolarmente interessanti sono i capitelli compositi delle colonne: la campana è ornata da un motivo a fogliame sorretto, con la bocca, da due delfini, le cui code, arricciolate verso l'alto, formano le volute. Al centro dell'abaco vi è la rosetta poggiante sull'echino. Il motivo dei delfini è ripreso anche nei bellissimi capitelli delle grandi lesene del paramento esterno, tutti diversi l'uno dall'altro e "scolpiti da artista fantasioso ed amante delle capricciose divagazioni tipicamente lombardeggianti, comunque ignorante dei ritmi classici o non curante di essi". La campana, in taluni casi, presenta, lateralmente, palme greche. Nella parte centrale, invece, i motivi decorativi sono diversi: calici, festoni di frutta, maschere e fiori. In altri casi la campana è più semplicemente decorata con motivi geometrici (scanalature verticali o intrecci obliqui, che simulano un cesto di vimini). Le volute (semplici o rovesciate) si dipartono da caulicoli o foglie d'acanto. Spesso sono sostituite da delfini, cornucopie, protomi leonine, grifi ed altre decorazioni zoomorfe. L'abaco è ornato, al centro, dalla rosetta o da un puttino.

Meno fantasioso e più rigidamente legato ai canoni classici è il portale laterale. L'inquadratura della porta (in pietra rossa) presenta stipiti e architrave (sorretto da mensoline) modanati e ornati di tondi a rosette uguali a quelle degli intradossi dell'arco santo e del portale maggiore. Due lesene bianche segnalate e parzialmente (nel terzo inferiore) rudentate fiancheggiano la porta. Hanno pregevoli capitelli con cuscino arrotolato alle estremità; sotto l'abaco, fra le due volute, vi è una fila di rosette; la campana è decorata con foglie di alloro dal rilievo appena accennato. La trabeazione, con fregio intarsiato a rameggi, è sormontata dal timpano, privo invece di particolari decorazioni.

Gli elementi rinascimentali esaminati (compresi quelli dell'interno e del campanile descritti in precedenza), ed in particolare i più elaborati e fantasiosi, richiamano costantemente l'opera dello scultore e architetto lombardo Alessio Longhi operante a Trento fin dal 1513. Simone Weber fu il primo a proporre il nome del Longhi come architetto della chiesa di Civezzano. Egli pubblicò un atto del 12 novembre 1522, redatto dal notaio Giovanni Zanoni, con il quale maestro Alessio cedeva a maestro Stefano da Tenno il lavoro del campanile del Duomo di Trento. Nel documento, conservato presso l'archivio di Stato a Trento, il Longhi è citato come "magister Aloyslus q. Thomasij de Longis de Mediolano ad presens hab. in villa Civezzani". Sulla base di un accurato confronto fra gli elementi rinascimentali della chiesa dell'Assunta e le altre opere scultoree ed architettoniche del Longhi, il Rasmo rafforza l'ipotesi del Weber (ipotesi in seguito accolta dalla maggior parte degli studiosi) sulla presenza dell'architetto comacino a Civezzano.

Il portale maggiore, ornato da specchiature "peculiari dell'arte del Longhi fino dall'esecuzione dell'acquasantiera del canonico Ortwein - 1515 - nel Duomo di Trento", richiama forme lombardo veronesi assai simili: il portale del Duomo di Salò (1506-1509), quello della Certosa di Pavia (1501-1508) e quello del Palazzo Vescovile di Verona (1503). "Anche i medaglioni ci rispecchiano una precisa predilezione del Longhi", basti pensare a quelli del ciclo dei Re di Roma di Palazzo Tabarelli (1518) ed ai profili imperiali della loggia nel cortile dei Leoni al Castello del Buonconsiglio (1527). I fregi a rameggio della trabeazione sono intarsiati secondo una tecnica già utilizzata da Alessio per l'acquasantiera del canonico Angerer a Villandro - Bolzano - (1513). Le piccole lesene che fiancheggiano l'arco presentano dei caratteristici incassi che ritroviamo nello scalone del Magno Palazzo clesiano. E ancora "l'abilità del Longhi si può osservare sia nei puttini reggiscudo ("scolpiti sommariamente e con stile pittorico ben diverso dal preciso plasticismo del Medaglia") che nei due medaglioni del portale, ma anche, e non da ultimo, nei fantasiosi bellissimi capitelli". "La fusione ingegnosa di motivi a protome leonine, di delfini e di fogliame contrasta fondamentalmente con la severità dei capitelli di Trento (S. Maria) e ricorda piuttosto la tradizione più squisitamente lombarda". "Ci sembra evidente", conclude il Rasmo, "dall'accurata osservazione dei singoli elementi del monumento, che la chiesa di Civezzano venne eseguita sotto la direzione e con la partecipazione diretta di Alessio Longhi, seppure con l'espressa disposizione di tenersi genericamente al modello, certo prediletto dal Clesio, della chiesa di Santa Maria Maggiore a Trento".

Come già detto, non conosciamo la data di inizio della costruzione della chiesa, ma la presenza a Civezzano, nel 1522, di magister Aloysius, che aveva abbandonato i lavori del campanile del Duomo, fornisce, secondo noi, un'indicazione piuttosto precisa. Diversi motivi possono avere in seguito causato la sospensione o quantomeno il rallentamento dei lavori: l'imprigionamento di Alessio da parte del Capitolo del Duomo (1523), la guerra rustica (1525), le difficoltà economiche (la chiesa non era finanziata da Cles, ma dalle offerte dei fedeli e pellegrini), le difficoltà (normali in quel tempo) per provvedere ai materiali occorrenti, la mancanza di maestranze. Il Longhi stesso nel 1527 lavorava a palazzo Tabarelli ed in seguito, per diversi anni, al Magno Palazzo. Nel 1531, però, si rendeva nuovamente disponibile per altre iniziative clesiane. Terminati i lavori alla residenza clesiana, quindi, Civezzano dovette rappresentare per i Longhi e per tutti gli artigiani che intorno ad essi orbitavano il fulcro della loro attività artistica, anche dopo il compimento dell'Assunta - 1538 - (che anzi servì probabilmente come biglietto da visita). Alla presenza del Longhi si devono, secondo noi, le numerose testimonianze dell'arte rinascimentale che ancora oggi (seppure in modo frammentario) segnano l'architettura minore del paese e delle frazioni (Seregnano, Garzano, Cogatti). Forse il Longhi scolpì di persona alcuni degli elementi cinquecenteschi di Civezzano, magari per la stessa casa dove abitò, certamente con la dimostrazione data nella fabbrica della chiesa, si procurò delle commissioni ma soprattutto, ed è quello che più conta, diede l'impulso decisivo alla fiorente attività edilizia (riconosciuta anche dal Rasmo) che per alcuni decenni (anche dopo la sua morte) caratterizzò il paese procurandogli uno splendore architettonico sfumato poi nel corso dei secoli da innumerevoli vicende. A testimonianza di questa attività edilizia restano, nei documenti del periodo, i nomi di numerosi lapicidi residenti ed operanti a Civezzano: maestro Stefano quondam Stefano di S. Ambrogio Veronese e maestro Francesco (atto del 17 dicembre 1526), "Antonius f.q. Petri Boni hab. Civezzani et ibidem lapicida" (1531. Va identificato con Antonio del Bon Darschon - da Orzano 1554), Antonio Tassoni, Antonio muratore figlio di Giacomo Casastis muratore Giovanni Giacomo Bornino del fu Natale de Batanis da Bormio (1553). Non solo comacini, quindi, ma anche lapicidi locali formatisi, presumibilmente, presso la bottega di maestro Alessio. E importante ricordare che le cave di Pila, grande serbatoio del materiale lapideo (rosso ammonitico) utilizzato in tutte le più importanti costruzioni rinascimentali di Trento, distano pochi chilometri da Civezzano, circostanza che avrà spinto parecchi locali ad intraprendere questa attività soprattutto considerando la fase frenetica che la produzione edilizia stava attraversando a Trento e nel Principato.

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estratto dal libro:

Antonio Marchesi

"Architettura nel territorio di Civezzano"

edizioni ARCA

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Biblioteca pubblica comunale G.B. Borsieri

"CIVEZZANO, Antologia di studi"